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Roma
Mafia Capitale, Gabrielli: “Odevaine? era affidabile. Avevo ottima opinione"

Buzzi? “Non l'ho mai conosciuto, forse l'ho incontrato a qualche evento cerimonia pubblica”. Odevaine? “Per me persona affidabile, gli avrei affidato la responsabilità della struttura di Mineo”. E' il giorno del capo della Polizia Franco Gabrielli nel processo per Mafia Capitale. Chiamato a testimoniare dalla difesa di Salvatore Buzzi, l'ex prefetto spiega al Tribunale quali sono stati i suoi rapporti con alcuni degli uomini chiave dell'inchiesta. E rivela che dopo la decisione del Consiglio dei Ministri di commissariare Roma, ci sono state “resistenza all'interno dei gangli dell'amministrazione”.
Gabrielli ha spiegato l'iter che ha portato il Consiglio dei Ministri a decidere di non sciogliere il comune capitolino. Il numero uno della Polizia ha definito "concreti e rilevanti" elementi di infiltrazione spiegando, però, che non vi era il carattere "dell'univocità in quanto la giunta Marino aveva messo in pratica una serie di atti che pur non essendo stati così significativi, hanno cercato di mettere mano ad una serie di vulnerabilità”. In seguito alla decisione del Consiglio dei ministri, sono stati disposti una serie di accertamenti sull'ente, durati da settembre a dicembre 2015. E, in questo periodo, ha spiegato Gabrielli, "non sempre e' stata trovata grande collaborazione da parte di alcuni uffici dell'amministrazione capitolina". In particolare, Gabrielle si spinge a fare il nome di Liborio Iudicello, ex segretario generale del Comune, "abbiamo individuato nel suo comportamento una condotta quantomeno omissiva rispetto alle attività che dovevano realizzarsi".
Ma le domande iniziale, da parte dell'avvocato Alessandro Diddi, sono sui suoi rapporti con il suo cliente Salvatore Buzzi. "Mai, se lei mi dice che c'e' stata qualche cerimonia in cui ci fosse Buzzi ed io non ne avevo contezza, io non lo so, ma mai nessuno me lo ha presentato. Ne avevo sentito parlare per persona impegnata nel sociale ma Odevaine non mi ha mai parlato di lui", risponde il numero uno della Polizia.
Il legale insiste poi sul tipo di conoscenza intercorsa con uno dei protagonisti dell'inchiesta, Luca Odevaine. Gabrielli sostiene: "Conosco il dottor Luca Odevaine per le mie frequentazioni alla Digos di Roma negli anni duemila, penso che con lui non abbia preso neanche un caffè". E continua: "Io ero dirigente della Digos, lui vicecapo di gabinetto del comune di Roma. Se mi avesse chiesto se Luca Odevaine fosse persona affidabile le avrei detto di si, non l'ho più visto se non quando fu responsabile della polizia provinciale di Roma. In quella circostanza facemmo delle cose di protezione civile anche molto egregie". Successivamente il Gabrielli, racconta di aver rivisto Luca Odevaine nel comitato consultivo della emergenza nordafrica. "Nel comitato consultivo, in rappresentanza delle Upi, c'era Luca Odevaine. Fu individuato come responsabile dall'allora presidente della provincia di Catania, l'onorevole Castiglione. In tale veste divenne il nostro soggetto attuatore per la gestione della struttura di Mineo". Poi Gabrielli racconta un particolare sulla nomina di Odevaine: "L'onorevole Castiglione sottopone a noi la possibilità che il dottor Odevaine assumesse la responsabilità. Io dissi che per me andava molto bene che lui assumesse questa responsabilità, visto che ne avevo un'ottima opinione".
Poi sulla questione del Cara di Mineo, il prefetto Gabrielli spiega: "la gestione della struttura di Mineo viene affidata alla Croce Rossa Italiana che gestisce la struttura con fondi propri. Quando io assumo la responsabilità della gestione dell'emergenza nordafrica, l'allora avvocato Francesco Rocca mi dice che non erano più in grado di gestire la struttura di Mineo con fondi propri" cosi' "gli chiesi di presentarci un preventivo che fu addirittura superiore rispetto a quello che si riconosceva alle altre strutture. Ricordo - spiega Gabrielli - che era una cifra abnorme per il combinato disposto che li' la struttura la pagava già lo Stato. Mi colpi' il fatto che fosse superiore a quella che noi pagavamo, laddove le strutture che ospitavano i migranti si dovevano accollare anche i costi della struttura".

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