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Roma
Mafia Capitale, gli avvocati di Alemanno contro il pm: "Non ha preso soldi"

Dopo che il pm Tescaroli ha chiesto 5 anni per Alemanno, accusandolo di essere lui a capo di Mafia Capitale, gli avvocati dell'ex sindaco di Roma passano al contrattacco: “Va assolto, non ha mai preso soldi”.

 

Gianni Alemanno "deve essere assolto con la formula più ampia possibile" dalle accuse di corruzione e finanziamento illecito perché "del milione di intercettazioni telefoniche e ambientali di Mafia Capitale che ben sette periti hanno provveduto a trascrivere per conto della procura di Roma non ce n'è neppure una in cui si dica che ha preso soldi da sindaco o che è un corrotto o che ha compiuto qualcosa che non avrebbe dovuto fare" e perché quei 10mila euro dati da Formula Sociale "altro non erano che un regolare versamento tramite bonifico che riguarda la Fondazione Nuova Italia". Lo hanno affermato gli avvocati Pietro Pomanti e Franco Coppi, difensore dell'ex sindaco per il quale il pm Luca Tescaroli (dallo scorso novembre procuratore aggiunto a Firenze) aveva sollecitato nella precedente udienza una condanna a 5 anni di reclusione ritenendo che avesse venduto la sua funzione di sindaco a Salvatore Buzzi e a soggetti gravitanti attorno al 'ras' delle cooperative, in cambio di una somma di 223mila euro tra il 2008 e il 2013, per compiere atti contrari ai doveri d'ufficio.

"I magistrati hanno passato al setaccio tutta la vita di Alemanno, sottoposto a perquisizione domiciliare, indagando su tutto ciò che poteva riguardarlo, documenti, conti correnti, telefonate: nulla è stato trovato, tanto è vero che la sua posizione è stata archiviata in relazione all'ipotesi di concorrente esterno nell'associazione mafiosa - hanno evidenziato i difensori -. Gli stessi pm e poi il gip hanno detto che Alemanno non c'entra nulla con Mafia Capitale".

Eppure la procura ha ritenuto che Franco Panzironi, ex ad di Ama nonché segretario della Fondazione Nuova Italia, sia stato per anni lo strumento nelle mani di Alemanno. Ipotesi che gli avvocati Pomanti e Coppi hanno definito "inverosimile e poco plausibile. Come si può pensare che Alemanno, primo cittadino di una città tra le più grandi d'Europa, in cui si svolgono milioni di gare d'appalto e si muovono miliardi di euro, abbia concorso nella corruzione di una sola gara, la 18/11 di Ama, per poi assicurarsi attraverso lo schermo della Fondazione a lui riconducibile 58mila euro lordi, pari a 40mila euro netti, per giunta fatturati e dichiarati?".

Per la difesa, "sbaglia la procura a unire la figura di Panzironi a quella di Alemanno. Anzitutto il processo Mafia Capitale rappresenta un materiale probatorio in fase evolutiva, perché la Cassazione deve ancora pronunciarsi. E poi basta vedere che cosa è successo tra il primo e secondo grado. Quanto accaduto là non può non avere rilevanza in questo processo. Se è vero che Panzironi è indicato come l'uomo sporco di Alemanno, non si spiega come mai l'ex sindaco nel processo di Mafia Capitale non figura come concorrente nei reati contestati all'ex ad di Ama. Perché Panzironi risponde di vari capi di imputazione, e Alemanno no? Perché a Panzironi è contestato l'aggravante agevolatrice del metodo mafioso con l'articolo 7 e ad Alemanno no? Perché Panzironi è concorrente esterno nel sodalizio mafioso e Alemanno no?", hanno osservato i difensori.

Per gli avvocati Panzironi e Alemanno non sono la stessa cosa, "eppure questo processo è una costola, una derivazione del troncone principale. Persino la Corte dei Conti ha contestato delle irregolarità a Panzironi per il capitolo Ama senza che Alemanno venisse mai sfiorato mentre ha contestato ad Alemanno altri profili peraltro poi annullati. E anche la sentenza su Parentopoli, con ben tre gradi di giudizio, è la prova che rende staccate le due figure che il pm ha erroneamente equiparato".

Infine, una precisazione: "La Fondazione Nuova Italia non è la casa e neppure il salvadanaio di Alemanno. Ne rispondono 449 soci e Alemanno era il rappresentante legale non certo l'amministratore. In ogni caso non la poteva amministrare da solo, perché avrebbe dovuto fare i conti con il cda. Nuova Italia è la Fondazione di un'area politica ben precisa, che raccoglieva soldi da sostenitori e fondatori per attività elettorale ma anche per altro. E la somma di 58mila euro finita sui conti dell'ex sindaco è legata a una sua consulenza con tanto di partita Iva e su cui sono state pagate le tasse".

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