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Roma
Mafia Capitale, schiaffo a Pignatone: crolla il reato di associazione mafiosa

Cade l'accusa di associazione mafiosa per il caso relativo alla Terra di Mezzo, che ha tenuto col fiato sospeso tutt'Italia per anni.

 

Dopo 230 udienze è arrivato il giorno del giudizio per i 46 imputati nel processo. 19 anni per Salvatore Buzzi, 20 per Massimo Carminati, è questa la pena inflitta dalla X sezione del tribunale penale collegiale. La sentenza è stata annunciata nell'aula bunker di Rebibbia, dove i due imputati erano in collegamento video rispettivamente dai carceri di Tolmezzo e Parma.
Per la giustizia non si è trattato di associazione mafiosa ma di associazione semplice. Un caso sgonfiato dalla sentenza arrivata a due anni e mezzo dalla scoperta di una fitta rete criminale che controllava istituzioni e appalti romani.

Franco Panzironi, l'uomo delle mazzette, ex direttore generale di Ama, dovrà scontare 10 anni di prigione, mentre Luca Gramazio e Riccardo Brugia 11 anni, Coratti 6 e Odevaine 6 e mezzo. Assolti l'ex Dg di Ama Giovanni Fiscon, Giuseppe Mogliani, Fabio Stefoni, Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero.

Il sindaco di Roma Virginia Raggi, presente alla lettura della sentenza, ha commentato su Facebook: "Hanno ucciso Roma, hanno mortificato la dignità dei cittadini e generato un immenso danno d'immagine all’Italia intera. Tutto ciò non sarebbe stato possibile senza il contributo determinante di una classe politica compiacente, a volte addirittura asservita a questi delinquenti. E oggi è la vittoria dei cittadini, della società civile e della legalità sulla criminalità, sul malaffare e sulla vecchia politica".
Raggi ha ringraziato la Procura, i giudici e le forze dell’ordine oltre che i romani stessi: "I numeri dell’inchiesta sul cosiddetto 'Mondo di Mezzo' - prosegue Raggi - sono impressionanti: 230 indagati, 227 udienze, 10milioni di pagine di atti giudiziari, 19mila intercettazioni sottoposte a perizie, e innumerevoli beni sequestrati. E poi le accuse: estorsione, usura, turbativa d’asta, corruzione, riciclaggio, criminalità organizzata. Quel mix esplosivo che tutti conoscono col nome di Mafia Capitale che ha abusato e devastato la nostra città. Insieme - conclude il sindaco - continueremo questa battaglia. La sfida non è finita e dobbiamo tenere la guardia alta. Resta una ferita profonda nella carne di questa città. Serve un lavoro costante, silenzioso, per rimarginare e riconnettere tra loro quelle parti della società civile che lottano per la legalità. Dobbiamo impegnarci giorno per giorno perché le 'attenzioni' e la 'brama di potere' della criminalità sono sempre forti. Il malaffare resta in agguato. Siamo in prima linea per contrastarlo. Noi non abbiamo paura".

“Er cecato”, il re delle Coop, il Pd, la mafietta dei “fregnacciari”, i campi rom, gli appalti che puzzavano e l'accusa di “mafia” per il mondo di mezzo, il sottobosco romano che muoveva la città come se giocasse su una scacchiera.
A giocarsi la carta più importante è anche la Procura di Roma e il capo “Giuseppe Pignatone” che dovrebbe suggellare con una condanna storica il suo attacco alla città della corruzione e che sente sul peso della sua Procura anche quella responsabilità politica che ha travolto una classe dirigente, agevolando l'ira dei cittadini culminata col voto al Cinque Stelle.
La Procura ha chiesto complessivamente più di 5 secoli di carcere, 515 anni, per i 46 imputati, 19 dei quali - tra cui Massimo Carminati, Salvatore Buzzi, Franco Panzironi, Luca Gramazio, Fabrizio Testa e Riccardo Brugua - inizialmente accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso.
Un processo che ha fatto conoscere al mondo intero la “Terra di Mezzo” romana, come la definisce Carminati stesso in un'intercettazione, tra il mondo delle istituzioni e quello della criminalità bassa. Un mondo in cui la gente di tutte le caste si trova per mettere sul piatto della bilancia i propri interessi e per poterne stabilire un prezzo.
L'esistenza dell'associazione a delinquere è stata rivelata il 2 dicembre 2014, ma Mafia Capitale affonda le sue radici nella fine dello scorso millennio e ha inquinato per decine di anni il sistema politico e istituzionale della città di Roma.
Le imputazioni sono diverse: si va dalla già citata associazione di tipo mafioso, all'estorsione, dall'usura, alla corruzione, fino alla turbativa d’asta e al riciclaggio di denaro. Mafia Capitale è infatti un'associazione unica nel suo genere, dove gli appalti truccati si accompagnavano alla classica criminalità da strada, perché l'organizzazione non perdesse la sua forza intimidatoria. Nonostante questo, gli episodi veri e propri di violenza hanno ricoperto un ruolo secondario, messi in ombra da macchinazioni politiche che hanno coinvolto assessori, consiglieri e grandi imprenditori.
Termina così quello definito da Bruno Giosuè Naso, il legale di Massimo Carminati, un processetto farsesco, in cui delle “chiacchiere da fregnacciari” sono state prese per errore alla lettera, montando un caso inesistente. "Se il procuratore Pignatone avesse indicato un sostituto romano non avrebbe fatto male. La romanità è una cosa tutta particolare. I colloqui nella pompa di benzina di Lacopo, voi non li potete capire perché non avete la capacità di capire, di rendervi conto delle fregnacce che si dicono tra loro. Solo voi potevate prendere sul serio 'Mondo di mezzo', un romano ce rideva sopra, avrebbe detto 'questi sò cazzari'" ha spiegato Naso in un'arringa che ha aperto addirittura con una terzina dantesca, quella conclusiva dell'Inferno della Divina Commedia.

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