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Roma
Marino, carte di credito e scontrini. Gup: “Imprecisioni ma non reati”

"Eventuali errori, imprecisioni e/o discrasie afferenti alle dichiarazioni giustificative non sono suscettibili di rivestire alcuna rilevanza penalistica, potendo tutt'al più costituire indice di un sistema organizzativo improntato, soprattutto nella prima fase, a imprecisione e superficialità".

E' un passo della motivazione della sentenza con la quale il giudice Pierluigi Balestrieri ha assolto, il 7 ottobre scorso, l'ex sindaco di Roma, Ignazio Marino, dall'accusa di peculato e di falso in relazione alle 56 cene di rappresentanza pagate con la carta di credito fornitagli dall'amministrazione comunale.
Nelle 54 pagine di provvedimento, il magistrato spiega che "tenuto conto del modello 'ricostruttivo' adottato dallo staff di Marino in vista della predisposizione dei giustificativi relativi alle cene da questi offerte con la carta di credito - modello ispirato, come detto, ad approssimazione, posto che le relative occorrenze erano state per lo più genericamente desunte dalla disamina dell'agenda istituzionale del primo cittadino, e intempestività, posto che, specialmente nel primo periodo, i giustificativi erano stati formati a distanza di mesi rispetto a tali occorrenze -, non sembra consentito attribuire a detti giustificativi alcuna valenza probatoria in funzione dell'accertamento della finalità eventualmente privatistica perseguita dal medesimo". Per il gup Balestrieri "non sembra cioè consentito desumere, da consimili dichiarazioni giustificative, l'evidenza di una spesa compiuta per fini non istituzionali, trattandosi, per l'appunto, di dichiarazioni approssimative e intempestive, e dunque connotate da inevitabili errori, imprecisioni e/o discrasie". Nelle motivazioni della sentenza, poi, si da' conto del fatto che "tutte le cene in questione (e quindi tutte le relative dichiarazioni giustificative) avevano superato il vaglio dell'Ufficio del Cerimoniale, della Ragioneria Generale e, indirettamente, quello della Corte dei Conti, la quale non aveva svolto in proposito rilievi di sorta".
L'ex sindaco, poi, va considerato "assolutamente estraneo" anche all'ipotesi di falso, sostenuta dalla Procura secondo cui Marino avrebbe "impartito al personale addetto alla sua segreteria una serie di disposizioni affinché formasse le dichiarazioni giustificative delle spese inserendovi indicazioni non veridiche". Secondo il giudice, "l'intero procedimento di contabilizzazione delle spese di rappresentanza e' stato gestito allo staff di Marino, senza che questi ne avesse specifica contezza; potendo soltanto al riguardo formularsi l'ipotesi, penalmente irrilevaneti, anche se 'amministrativamente' non del tutto commendevole, che il medesimo si fosse, puramente e semplicemente disinteressato della problematica, di cui peraltro non poteva non avere generica conoscenza, ritenendola secondaria e affidandola, per l'appunto, alle cure del personale amministrativo".

Per la vicenda degli scontrini, inchiesta nata dopo un esposto di 'Fratelli d'Italia' del 6 ottobre del 2015, cui fece seguito il giorno successivo un altro esposto firmato dai consiglieri comunali del Movimento 5 Stelle Marcello De Vito, Daniele Frongia, l'attuale sindaco Virginia Raggi ed Enrico Stefano, la Procura aveva chiesto la condanna di Marino a due anni e otto mesi di reclusione. Una condanna del chirurgo dem a 8 mesi era stata invece sollecitata dalla Procura per il reato di truffa in relazione ai contratti di collaborazione occasionale con soggetti inesistenti legati alla Onlus Imagine e alla predisposizione di certificazioni dei compensi, tutte con la firma di Marino, nella veste di presidente. Ma anche in questo caso, per il gup Balestrieri, non c'e' assolutamente la prova della consapevolezza di Marino dell'inesistenza dei collaboratori della Onlus.

"La lettura delle motivazioni depositate dal giudice Balestrieri ha confermato quanto da noi sostenuto sin dall'inizio e cioè che il professor Ignazio Marino non ha mai utilizzato risorse pubbliche per finalità private, ma semmai più volte si e' verificato il contrario". E' quanto spiegano in una nota gli avvocati Enzo Musco e Franco Moretti, difensori dell'ex primo cittadino di Roma, assolto dalle accuse di peculato e falso in relazione ai giustificativi di spesa di 56 cene di rappresentanza.
Quanto alla vicenda Onlus e al reato di truffa, "la sentenza ha escluso categoricamente nel merito che Marino sia potuto venire a conoscenza di quei marchingegni che l'hanno determinata e della quale ha beneficiato Carlo Pignatelli (che ha instaurato un rapporto di collaborazione con la Onlus stessa e che e' stato rinviato a giudizio, ndr)". "L'onesta' di Marino - e' la conclusione dei suoi difensori - e' stata dimostrata con abbondanza di argomenti e di cio' siamo pertanto pienamente soddisfatti".

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