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Roma
Medici precari, 550 a partita Iva nei pronto soccorso della Regione Lazio

Un esercito di medici precari nei pronto soccorso del Lazio: la Regione ricorre ai camici bianchi a partita Iva per aggirare l'insufficienza di medici ed il blocco delle assunzioni. La rivolta dei sindacati: “La carenza dei medici dell'emergenza urgenza porterà, nel Lazio, ad avere 550 camici bianchi in meno nel 2025. Servono assunzioni”.

 

Un problema nazionale - secondo i dati della Società italiana di medicina emergenza urgenza (Simeu) sono ben 2000 i medici mancanti nel settore - che nella Regione Lazio è stato affrontato anche con il ricorso a diverse figure mediche, come ai liberi professionisti a partita Iva, chiamati a gettone per svolgere turni di guardia in pronto soccorso di volta in volta diversi. Medici che potrebbero rientrare in un piano complessivo per affrontare il problema, secondo Guido Coen Tirelli, segretario regionale Anaao Assomed Lazio che lancia una proposta per permettere ai questi professionisti di accedere alle scuole di specializzazione ed essere adeguatamente formati.

“Per cercare di superare indenni soprattutto il periodo estivo - ricorda Tirelli in una nota - le aziende sanitarie del Lazio, in assenza di una linea univoca, hanno cercato ogni possibile risorsa pur di tenere aperti i pronto soccorso regionali, per la stragrande maggioranza in grande affanno. Sono state incentivate le guardie in prestazioni aggiuntive anche da parte di medici provenienti da altri reparti, sono state contattate e coinvolte le Cooperative, si sono fatti concorsi utilizzando il decreto Calabria per coinvolgere gli specializzandi del IV e V anno. E poi esiste un'altra categoria di medici: i libero professionisti, che in base a una legge del 2001, vengono chiamati a svolgere turni di guardia in pronto soccorso, magari di strutture diverse non solo nella Regione Lazio, ma anche fuori Regione”.

Per l'Anaao, “gli effetti sulla sicurezza dei malati e degli stessi operatori dovuti all'impossibile controllo dei turni di lavoro cumulati, la mancanza del senso di appartenenza ad un team lavorativo con protocolli e regolamenti condivisi, sono sicuramente delle criticità che sarebbe colpevole ignorare. Ma non possiamo nemmeno ignorare che si tratta spesso di colleghi che hanno accumulato anni di esperienza in area emergenza, che non possono accedere ai concorsi perché non specialisti e che per la maggior parte sarebbero disponibili ad un percorso formativo per approdare ad una stabilizzazione. È opportuno pensare, quindi, ad un piano complessivo che veda questi colleghi libero-professionisti, che possono vantare un percorso nell'emergenza-urgenza che le aziende presso cui prestano opera devono certificare, per poter accedere in sovrannumero ad una delle tre scuole di specializzazione in medicina d'urgenza del Lazio”.

Questi medici “potranno quindi continuare a lavorare durante il periodo formativo scegliendo una sola azienda con cui impegnarsi, che a sua volta dovrà convenzionarsi con la Scuola. Alla fine del percorso formativo, con un concorso regionale unico, potranno essere immessi nel servizio sanitario regionale garantendo per almeno 2 anni”.

Il segretario regionale dlel'Anaao Lazio ricorda, infine, che “i concorsi fatti in alcune aziende della regione sono andati deserti e sicuramente la causa è da ricercarsi nelle condizioni disagiate dei pronto soccorso per i quali erano stati autorizzati i concorsi (Frosinone, Roma 5). Per ovviare a questa difficoltà si dovrebbe prevedere un premio economico per coloro che vanno nei luoghi disagiati ed inoltre prevedere che i sanitari con specialità affini alla medicina d'urgenza possano, dopo un periodo di servizio presso il pronto soccorso, accedere ai reparti della propria specialità”.

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