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Roma
Metro C, la beffa del Comune M5S: rischio stop dopo la fermata Colosseo

Metro C, rischio beffa per i romani: dopo il congiungimento con la linea B grazie alla fermata Fori Imperiali/Colosseo, il progetto di portare la C fino a Clodio/Mazzini verso lo stop per quasi 10 anni. Al Comune di Roma servono 60 milioni di euro in più.

 

Le talpe della Metro C sono in arrivo al Colosseo ma lì rischiano di fermarsi per quasi 10 anni. A lanciare l'allarme è la pagina Facebook “Salviamo la Metro C”, una pagina nata “per informare correttamente i romani su come stanno davvero le cose”.

“Il primo dato di fatto è – scrive la pagina - che la Giunta della lotta agli sprechi e del Cambiamento non evita il tombamento delle talpe della Metro C. Dove il Cambiamento voleva dire, soprattutto, una netta discontinuità rispetto al passato sul tema della mobilità visto che fu dichiarata prima priorità nel programma pentastellato del 2016. Invece il segno di discontinuità rispetto ai recenti anni sarà quello che, dopo Fori Imperiali, Roma rischia di non inaugurare nessun nuovo chilometro di metropolitana per quasi 10 anni, andando in una direzione opposta a quella che porta alla risoluzione del problema della mobilità di Roma, che è soprattutto infrastrutturale.”

Il tombamento delle talpe della Metro C non implica però necessariamente la morte dell'opera a Fori Imperiali ma determinerà un maggiore impegno dal punto di vista ingegneristico e, quindi, economico che verrà scaricato sulla tratta successiva (la T2, Venezia - Clodio) e che chi governerà Roma si ritroverà in eredità.

Cosa si intende per tombamento delle talpe meccaniche, ossia i macchinari che attualmente stanno ultimando lo scavo delle gallerie della tratta T3 (San Giovanni - Fori Imperiali)?

“Quando si parla di tombamento delle talpe meccaniche – prosegue “Salviamo la Metro C” - si intende che sotto il Foro di Traiano non saranno abbandonati i macchinari per intero ma alcune loro importanti ed ingombranti componenti. Queste sono gli scudi, cioè la struttura cilindrica che sostiene il terreno appena scavato e su cui ancora non è stato apposto il rivestimento finale in calcestruzzo, e la testa fresante, cioè il disco anteriore che ruotando macina il terreno. Il tombamento delle talpe sarà necessario per l'assenza di un pozzo di estrazione a valle che sarebbe potuto essere, invece, lo scatolare della stazione Venezia, qualora si fosse provveduto a realizzarlo per tempo. Infatti queste parti della talpa non possono viaggiare a ritroso (la galleria fatta di conci di calcestruzzo è delle stesse dimensioni dello scudo, quindi essendoci i conci non è possibile far retrocedere lo scudo) ed essere estratte in un pozzo già realizzato. Le altre componenti sono "salvabili" e, dunque, viaggeranno a ritroso nelle gallerie già scavate fino ad essere estratte dallo scatolare della stazione Amba Aradam. Una volta compiuta quest'ultima operazione si procederà al vero e proprio tombamento degli scudi e delle teste fresanti, che consisterà nel riempire la camera di scavo con malte cementizie e chimiche. In tal modo si consoliderà il fronte di scavo, in maniera da prevenire eventuali cedimenti futuri”.

Quali sono le conseguenze economiche?

“Le conseguenze economiche – continuano - derivano dal maggior sforzo ingegneristico che sarà necessario quando si deciderà di mettere in cantiere la tratta successiva tra Venezia e Clodio (la T2) nello scavare quei poco meno di 200 m che separeranno la stazione Venezia dagli scudi tombati. Questi 200 metri richiederanno tecniche di scavo piuttosto dispendiose, come lo scavo tradizionale, con una prima stima del costruttore di almeno 40/45 milioni. A questi si devono sommare i costi del consolidamento a fine galleria per altri 8 milioni, a cui si deve aggiungere il valore residuo dei componenti tombati sotto terra, stimato sempre dal costruttore intorno ai 12 milioni. Si tratta di costi incrementali, cioè costi che non si sarebbero manifestati se l'opera fosse naturalmente proseguita almeno fino a Piazza Venezia, per la quale sarebbe bastata una qualche volontà politica dal 2013 (anno di messa in cantiere della tratta T3 tra San Giovanni e Colosseo) ad oggi, per evitare di lasciarsi travolgere passivamente dagli eventi come, invece, è accaduto”.

“Con il passare del tempo abbiamo l'impressione che la metro C rischi di avvicinarsi sempre più al suo termine, perché mettendo da parte la fattibilità tecnica dello scavo tra piazza Venezia e la fine della tratta T3, ciò che secondo noi manca e continuerà a mancare è la volontà politica di progettare e cantierizzare un'opera che probabilmente verrebbe inaugurata 8-10 anni dopo. Non proprio un gran bel risultato – concludono - per le ultime giunte e in particolare per questa, che si era fatta vanto di essere contro ogni fonte di spreco”.

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