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Roma
Moda revolution: dalle idee al mercato. La storia del designer Andrea Lambiase

di Tiziana Galli

Moda, tecnologia ed architettura si fondono e prendono forma negli abiti stereoscopici di Andrea Lambiase, giovanissimo designer irpino trapiantato a Roma.

I suoi capi, caratterizzati da tagli asciutti e volumi articolati, alternano ricami digitali a superfici lisce, scivolose e quasi impalpabili. Studio e sperimentazione contraddistinguono la sua creatività e la sua ricerca dei materiali, nella perfetta consapevolezza di dover trasformare dei prodotti dal taglio onirico e anticonvenzionale in articoli dal linguaggio più commerciale.

E’ con questa certezza che Andrea Lambiase, si trova a cavalcare l’onda di una delle fasi più delicate della carriera di designer: il lancio sul mercato. Il passaggio dal sogno alla realtà. Vuole l’haute couture ma sa che dovrà calcare le passerelle del prêt à porter per conquistare il suo spazio. L’haute couture è costosa e necessita di un carosello di combinazioni e di competenze che un designer emergente difficilmente si può permettere, ma la strada del successo può passare per un ready to wear di alto livello che consenta al pubblico di conoscere ed apprezzare il brand.

Nato professionalmente nella sartoria industriale dei genitori, Andrea si diploma all’istituto tecnico per geometri e approda a Roma per studiare moda all’Accademia Italiana. Già dai tempi dell’Accademia viene notato dall’entourage di Stefano Dominella presidente della maison Gattinoni e nel tempo viene coinvolto in numerose iniziative divulgative e commerciali a largo spettro. Curioso, determinato e caparbio, Andrea Lambiase, vede gli ostacoli come sfide e vive la moda come una grande opportunità espressiva.

Lei è giovanissimo
“Ho 26 anni, ma mi sento già in ritardo”.

Rispetto a cosa?
“A tutto quello che avrei dovuto fare per arrivare dove ho deciso di arrivare”.

Dove vuole arrivare?
“A Parigi. So che è difficilissimo, ma sogno di vedere i miei abiti su quella passerella di haute couture. Voglio essere conosciuto e riconosciuto per la mia identità stilistica.

Come ha cominciato?
“Sono cresciuto nella sartoria dei miei genitori, ma il percorso di studi che ho seguito è passato dall’Istituto tecnico per geometri all’Accademia Italiana. E’ per questo che le mie creazioni risentono così profondamente dello strutturalismo architettonico”.

Due corsi di studio molto differenti.
“Si, infatti quando ho iniziato l’Accademia non sapevo disegnare e alla fine del primo anno i professori me lo fecero notare. Per me fu una grande sfida: mi misi a lavorare incessantemente fino a vedere un cambiamento enorme l’anno successivo. Spesso ho bisogno di dimostrare che le cose non sono come sembrano: la stessa cosa mi è successa quando ho fatto domanda di stage presso l’atelier di Iris Van Herpen, ad Amsterdam. Lì sono stato scartato perché il mio inglese non era sufficientemente fluido, così sono andato ad Oxford e mi sono messo a studiare a capofitto; quando mi sono ripresentato sono stato preso subito”.

Che tipo di specializzazioni ha acquisito?
“Finita l’Accademia mi sono reso conto che per concretizzare i miei abiti, per trasformare l’idea in materia le mie mani non bastavano, avevo bisogno dell’ausilio della tecnologia. Così ho fatto dei corsi post accademici per imparare il taglio laser, la stampa 3D, la fresatura. Questo perché mi piace conoscere le numerose possibilità dei materiali che adopero, sfruttandone ai limiti tutte le proprietà. Per far questo bisogna essere estremante precisi ed io in tal senso sono quasi maniacale: se una cosa non è precisa mi sembra di non essere a posto. E’ secondario ciò che pensa chi guarda, la perfezione è un’esigenza che nutro per me stesso”.

Quand’è nato il suo brand?
“Quest’anno”.

Quali esperienze lavorative ha fatto prima di dar vita al suo marchio?
“Ho iniziato con delle collaborazioni qui a Roma, per l’accademia stessa e per alcuni miei professori, poi sono partito per uno stage di tre mesi presso la stilista danese Barbara Gongini, la riconosci perché ha uno stile interessante, caratterizzato da forme destrutturate e un po’ dark. In seguito sono stato sette mesi ad Amsterdam da Iris van Herpen, la mai stilista preferita; quando sono tornato ero pronto e ho creato il mio marchio”.

Quali sono i prossimi progetti con “Il club della creatività del Lazio”?
“A Marzo 2019 andremo a Tokio, sostenuti dall’ICE, per esporre le nostre collezioni”

Paga tutto l’ICE (Istituto Commercio Estero)?
“Le spese organizzative si, noi paghiamo la permanenza”.

Dove esporrete?
“Credo in una struttura dell’ICE stesso”.

Di solito quanto e come vende?
“E’ presto per fare un resoconto. Ciò che faccio non è commerciale. Sono abiti di alta moda realizzati in vista di una semplificazione destinata al prêt à porter. Mi servo dell’alta moda per far conoscere la mia visione dell’abito, creo abiti per mostre e per eventi. La mia è una forma d’arte concettuale”.

Quanto costa realizzare un suo abito?
“Dipende dalle tecniche utilizzate, dai materiali, dai tessuti. Ci sono abiti composti da 30, 40, 50 pezzi. Prima di realizzare un abito c’è molta ricerca e sperimentazione”.

Dove acquista i materiali?
“A Roma a Milano, all’estero. Alcuni tessuti li creo io stesso. Parto da un’idea e sfrutto le potenzialità delle macchine ricamatrici scomponendo le forme e creando degli effetti ottici. Metto insiemi dei programmi di architettura con quelli per il ricamo ed ottengo degli effetti molto particolari, alternando superfici piane ed effetti 3D”.

Progetti personali?
“Mi sto organizzando per fare qualche evento ad ottobre a Milano per la settimana della moda o del design”.

Andrea Lambiase
Età: 26 anni- classe 1992
Formazione: istituto tecnico per geometri – Accademia Italiana (di moda). Stage presso l’Atelier di Iris Van Herpen (ad Amsterdam) e Barbara Gongini (a Copenaghen)Quando ha iniziato: ha dato vita al suo brand ad Aprile 2018. Dove vende: ancora non vende

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