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Roma
Morti senza nome, 918 casi avvolti nel mistero. Tre su dieci nel Lazio: record

Morti senza un nome, in Italia sono un esercito: secondo i dati raccolti, dal 1974 ad oggi sono stati censiti 918 casi di cadaveri non identificati con la regione Lazio che ne detiene il primato assoluto. Ed il numero di denunce di persone scomparse aumenta ogni anno.

 

A tracciare questo inquietante quadro è il Commissario straordinario del Governo per le persone scomparse, Giuliana Perrotta, nella 22esima relazione presentata giovedì mattina a Montecitorio. I dati sono stati raccolti, tramite le Prefetture e il Servizio Sistema Informativo Interforze del Dipartimento della Pubblica Sicurezza che, mensilmente, comunica gli inserimenti in SDI dei casi di ritrovamenti di corpi senza identità.

Dei 918 cadaveri ai quali, al 31 dicembre 2019, le autorità competenti non sono ancora riuscite a dare un nome, 244 sono del Lazio che è la Regione italiana a detenere questo triste primato. Di questi 244, 6 casi riguardano corpi recuperati in mare e 48 in fiumi o laghi. Dietro il Lazio ci sono poi la Lombardia con 129 corpi non ancora identificati, e la Campania con 80.

Per quanto riguarda le persone scomparse e non ancora rintracciate, sono 61036 i casi riscontrati tra cittadini italiani e stranieri, nel periodo compreso dal primo gennaio 1974 al 31 dicembre 2019. Di queste 61036, il 73% è rappresentato da minorenni, il 25% da maggiorenni e il resto da ultra65enni. L'83% degli scomparsi è di origine straniera.

Nel dettaglio, dei 61.036 soggetti scomparsi, 9.959 sono italiani e 51.077 stranieri compresi nelle sotto elencate fasce di età: 44.399 minorenni (2.551 italiani - 41.848 stranieri), 15.012 maggiorenni (6.025 italiani - 8.987 stranieri) 1.625 ultrasessantacinquenni (1.383 italiani – 242 stranieri). ​Le Regioni dove nel corso degli anni il fenomeno ha assunto maggiore consistenza sono: la Sicilia (17.648), il Lazio (8.129), la Lombardia (6.293), la Campania (4.867) e la Calabria (4.864). Il dato relativo alla Sicilia, che si discosta notevolmente dalle altre regioni, è riconducibile al fenomeno migratorio che trova sulle coste di quella Regione la porta d’ingresso verso l’Europa. Diversa è la situazione per quanto riguarda gli scomparsi italiani: la Sicilia mantiene il primato con il numero più alto degli scomparsi tra le Regioni italiane (1.772), seguita dalla Campania (1.444) e dalla Lombardia (1.250).

In tutto il 2019, sono state 15044 le denunce di persone scomparse, pari a 1250 ogni mese. I ritrovamenti sono stati 9846 (pari a un 65,44%), compresi quelli di 227 soggetti trovati privi di vita. Ancora all'appello, dunque, mancano 5198 persone. Inoltre nel secondo semestre dello scorso anno è aumentato il numero di scomparsi di sesso maschile: nel primo semestre erano il 66%, nel secondo sono il 70% degli scomparsi (5638 maschi), 2417 le femmine. Il numero dei minori è aumentato rispetto al semestre precedente del 3%, a dimostrazione che il fenomeno dei minori stranieri non accompagnati che arrivano nel Paese e si allontanano dai centri, senza lasciare traccia, è ancora rilevante. Sono, invece, costanti i dati relativi agli ultrasessantacinquenni. Tra le motivazioni della scomparsa, riferite sempre al secondo semestre 2019, annotate nel verbale della denuncia e inserite dall’operatore di polizia nel sistema, prevale l'allontanamento volontario (75% dei casi), allontanamento da istituto o comunità (7,5%) e possibili disturbi psicologici (5,1%).

"Quello delle persone scomparse è un fenomeno sempre rilevante, lo dicono i numeri – ha spiegato la Perrotta –. Lo dimostra l'aumento costante delle denunce di scomparsa. È sbagliato pensare che la motivazione di una persona che scompare sia sempre quella di un allontanamento volontario".

Il prefetto ha ricordato poi che è in atto una collaborazione con l’Università degli Studi di Milano e, in particolare, con il Laboratorio di Antropologica e Odontologia Forense (LABANOF) per promuovere e sviluppare azioni in materia di riconoscimento/identificazione dei corpi senza identità di vittime dei naufragi, avvenuti nel canale di Sicilia il 3 e 11 ottobre 2013 e il 18 aprile 2015 nonché di altri naufragi. Per quella del 3 ottobre, alle 35 salme già identificate se ne sono aggiunte altre tre, per un totale di 38. Anche per quanto riguarda il naufragio del 18 aprile 2015, si è pervenuti ad altre due identificazioni. La difficoltà obiettiva di acquisizione di tali informazioni nei Paesi di origine e/o di transito dei migranti rende determinante il confronto genetico, ai fini dell’identificazione. A tal fine si sta portando avanti la profilazione genetica dei 528 corpi recuperati e di 22.000 ossa in collaborazione con il Servizio di Polizia Scientifica, con i Ris dei Carabinieri e con le Università italiane che hanno aderito all’iniziativa.

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