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Roma
Omofobi, razzisti, violenti: i post dei romani sono i più intolleranti

Negri, terroni, puttane, culattoni, ritardati. E ancora jihadista, vacca, ricchione e tagliagole: l'odio, la rabbia e l'intolleranza si scatena con una valanga di insulti attraverso la rete. E' qui che si “vomita” la parte peggiore di ciascuno. In particolare il cinguettio di twitter in decine di migliaia di casi si trasforma nel più becero e volgare dei versi umani. E in cima alla classica degli italiani più offesivi, intolleranti e violenti ci sono i romani e i milanesi.
La mappa dell'Intolleranza è stata disegnata grazie al progetto ideato da Vox - Osservatorio italiano sui diritti in collaborazione con le università di Milano, Bari e La Sapienza di Roma. Al suo secondo anno di rilevazione, la mappatura consente l’estrazione e la geolocalizzazione dei tweet che contengono parole considerate sensibili e mira a identificare le zone dove l’intolleranza è maggiormente diffusa, nei confronti di donne, omosessuali, immigrati, diversamente abili, ebrei e musulmani.
Solo a Roma sono stati rilevati 20.755 tweet: di questi, i messaggi negativi contro le donne hanno raggiunto un totale di 5.120, i migranti 1.749, gli islamici 1.268 e gli omosessuali 1.324. A Milano invece il totale dei tweet intolleranti è stato di 15.636, di cui 5.345 contro le donne, 1.032 a stampo razzista, 967 omofobi.
Tra le altre città più intolleranti, sul terzo gradino del podio si piazza Napoli, seguita da Torino e Firenze.
Un primo sguardo alla mappa evidenzia che le donne sono la categoria più colpita dai tweet negativi (63.1% del totale), etichettate come “troia”, “puttana”, “cesso”, “zoccola”, “vacca” e “cagna”. Seguono i migranti (10.9%) con gli insulti “negro”, “zingaro”, “albanese”, “rumeno”, “terrone” e “rabbino” e gli omosessuali (10.8%) con “frocio”, “finocchio”, “checca”, “ricchione”, “culattone” e “rottinculo”. Poi gli islamici (6.6%) con “terrorista”, “marocchino”, “tagliagole”, “jihadista”, “beduino” e “magrebino” e i disabili (6.4%) con “demente”, “ritardato”, “zoppo”, “mongoloide”, “handicappato”, “spastico”. Infine, gli ebrei (2.2%) con “ebreo”, “rabbino”, “sionista”, “strozzino” e “giudeo”.

I risultati

Sono stati estratti e analizzati 2.659.879 tweet, rilevati tra agosto 2015 e febbraio 2016, considerando 76 termini sensibili. Tra questi, 112.630 sono stati i tweet negativi geolocalizzati. I termini sono stati individuati a partire da quelli che nella rilevazione 2013-2014 sono risultati più frequenti; inoltre, è stata diffusa a livello nazionale una survey on-line, che chiedeva agli intervistati di indicare 5 termini negativi che rivolgerebbero a ognuno dei 6 gruppi di persone. Sebbene non sia possibile calcolare un preciso tasso di risposta, delle 1358 persone che hanno avuto accesso alla survey on-line, 935 (69%) hanno completato il questionario. Il risultato sono le ormai note cartine termografiche dell’Italia. Quanto più “caldo”, cioè vicino al rosso, è il colore della mappa termografica rilevata, tanto più alto è il livello di intolleranza rispetto a una particolare dimensione in quella zona. Aree prive di intensità termografiche non indicano assenza di tweet discriminatori, ma luoghi che mostrano una percentuale più bassa di tweet negativi rispetto alla media nazionale.
Perché Twitter? Sebbene tra i social network non sia quello maggiormente utilizzato per la condivisione di stati personali (primeggiano Facebook e Google+), il fatto che Twitter permetta di re-twittare dà l’idea di una comunità virtuale continuamente in relazione e l’hashtag offre una buona sintesi del sentimento provato dall’utente.
“Soltanto 140 caratteri disponibili in un tweet consentono a un atteggiamento individuale di diffondersi ed essere condiviso da un infinito numero di utenti, spesso ‘garantito’ dall’anonimato della rete”, spiega Vittorio Lingiardi, psichiatra e psicoanalista, professore ordinario alla Facoltà di Medicina e Psicologia Sapienza Università di Roma. “Minacce, insulti razzisti o omofobi, commenti sessisti, immagini private pubblicate per vendetta sono tutte evacuazioni psichiche che online trovano il luogo ideale per esprimersi. Data, infatti, l’assenza di interazioni fisiche, contatto visivo, condivisione delle espressioni facciali, tono della voce, i filtri e le (auto)censure cadono, le mediazioni si annullano e la comunicazione si fa più “agita”, continua Lingiardi. “Fuori dalla rete, questo tipo di comunicazione può assumere dimensioni ragguardevoli e la frustrazione e il disagio quotidiano possono cronicizzarsi in forme aggressive. Dunque, che fare? La nostra mappa permette di individuare le zone in cui l’ ‘hate speech’ è stato maggiormente twittato. Questo ci consente di attivare campagne preventive sia attraverso l’elaborazione di materiali didattici e formativi sia attraverso interventi nelle scuole e incontri allargati con le realtà territoriali”.

Misoginia

Le donne restano il vero bersaglio per i messaggi discriminatori: il 63,1% dei tweet negativi è infatti rivolto contro di loro. Una violenza, quella contro le donne, che sembra inarrestabile, come dimostrano i fatti che la cronaca continua incessantemente a riportare. In particolare, l’intolleranza si concentra in Lombardia con 9.856 tweet negativi, nel Lazio dove si sono raggiunti 6.102 messaggi discriminatori e in Umbria con 8.096 insulti contro le donne. Complessivamente sono stati rilevati 1.007.540 sulle donne e 71.006 sono i tweet negativi geolocalizzati.

Omofobia

Sono stati riscontrati 67.950 tweet e ne sono stati geolocalizzati 12.140 dal sentiment negativo. Le regioni più intolleranti sono risultate Lombardia, Lazio, Campania e Umbria. Mentre in Valle d’Aosta si sono registrati solo 2 messaggi discriminatori contro gli omosessuali in 7 mesi. Diversi sono gli episodi che hanno scatenato in rete un vero tam tam di insulti. Il picco di messaggi negativi si è visto in occasione del diverbio tra Mancini e Sarri durante la partita di Coppa Italia il 20 gennaio 2016. Successivamente la partecipazione di Valerio Scanu al Festival di Sanremo e la discussione in Senato del ddl Cirinnà sulle unioni civili hanno focalizzato l’attenzione mediatica sul tema dell’omosessualità generando una nuova serie di messaggi omofobi.

Razzismo

Molto numerosi anche i messaggi a stampo razzista: sul totale di 105.727 tweet tracciati, 38.100 sono risultati negativi, di questi 12.281 sono stati geolocalizzati. Il picco più alto di tweet negativi contro i migranti è stato rilevato in concomitanza del vertice Ue su Schengen del 25 gennaio 2016. Ma i messaggi dal sentiment negativo sono stati molto numerosi in generale da settembre 2015 a febbraio 2016, in concomitanza con gli attentati di Parigi e l’allarme terrorismo. Le regioni che hanno twittato di più sono state Lazio, Lombardia e Umbria. Mentre Valle d’Aosta, Molise e Basilicata sono risultate le più tolleranti.

Islamofobia

Dopo le donne è il gruppo con il maggior numero di tweet rilevati. Sono infatti 1.014.693 con 22.435 tweet negativi e 7.465 messaggi discriminatori geolocalizzati. I messaggi negativi sono esplosi dopo gli attentati del 13 novembre a Parigi, episodio che ha fatto aumentare la percentuale delle persone che identificava il terrorismo e l’estremismo come una sfida. Lazio e Lombardia sono in testa alla classifica delle regioni più islamofobe.

Antisemitismo

I messaggi contro gli ebrei sono stati il 2,2% dei tweet totali rilevati. Tra i termini utilizzati negli insulti accanto a “ebreo” e “rabbino” sono comparsi anche “sionista” e “strozzino”. 6.754 è il numero di messaggi negativi, di questi 2.508 sono stati geolocalizzati: Lombardia, Lazio e Umbria le regioni più intolleranti. Le parole del Papa “Ebrei e Cristiani in un’unica famiglia”, pronunciate a gennaio 2016, hanno fatto registrare un consistente aumento dei tweet antisemiti.

Diversamente abili

Sono stati estratti 337.867 tweet sui diversamente abili, di cui 25.586 sono risultati negativi. Tra i 7.230 messaggi geolocalizzati, moltissimi in Lombardia, Lazio e Umbria.

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