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Roma
Ostia, cronista minacciata di morte dagli Spada: “La mia libertà è finita”

Ha denunciato Armando Spada due volte in meno di due mesi, lui l'ha minacciata di morte, mimando il gesto della pistola alla testa. La giornalista di Repubblica, Federica Angeli, lunedì ha deposto in tribunale contro Armando Spada, accantonando la paura.

 

La cronista non ha mai abbandonato le sue indagini, ma questo l'ha costretta a vivere sotto la custodia h24 della scorta. In aula, Angeli ha ricostruito tutto quello che è successo dal 2013 in poi, quando ha deciso di occuparsi dei tre clan di Ostia: i Fasciani, i Triassi e gli Spada. La giornalista si è imbattuta in un'intercettazione in cui si parlava dello stabilimento Orsa Maggiore e ha deciso di approfondire le indagini recandosi sul posto con due operatori muniti di telecamere e una terza telecamera nascosta.

A gestire la struttura erano il genero di Spada, la moglie di un maresciallo della Marina Militare e un esponente di Casapound. Ma quando arriva sul posto, Angeli trova lo stesso Armando Spada, che resosi conto di essere ripreso da una telecamera nascosta dà in escandescenza.

Lui mi minacciò, trattenuto a fatica da altri due. Voleva la telecamera, altrimenti, mimando il gesto, mi avrebbe sparato in testa. Era una furia. Poi si calmò e mi portò in una stanza assieme a Cosimo Appeso, il maresciallo della Marina Militare che forse per spaventarmi mi avvertì che apparteneva alla Sacra Corona Unita. Spada, invece, mi disse che avrei dovuto indagare altrove, su un altro gruppo (quello di Papagni) che aveva fatto il male di Ostia. All'improvviso, dopo aver ricevuto una telefonata da qualcuno che gli disse che i miei operatori che erano rimasti ad aspettarmi avevano cancellato il girato, mi lasciò andare”, ha dichiarato la Angeli in tribunale.

“Pochi giorni dopo - ha ricordato ancora Angeli - intervistai Papagni che mi ricevette nel suo ufficio alle Dune, altro stabilimento balneare. Negò di essere l'autore dei roghi dolosi, mi disse che faceva parte di una famiglia di imprenditori onesti (suo fratello era il presidente dell'attuale Federbalneari) e a telecamere accese disse di aver sempre rispettato Carmine Fasciani. Nei giorni successivi ci sentimmo di nuovo al telefono e lui mi invitò a non fare cazzate. Mi disse di ricordarmi che 'chi sbaglia prima o poi la paga' e che, facendo parte di un gruppo forte e unito, lui avrebbe potuto bloccare la mia carriera. Io decisi di denunciare tutto ai Carabinieri, cosa che feci anche nell'aprile del 2017 quando una donna si rivolse a me per lamentare come Armando Spada si era preso il suo bar", ha spiegato Angeli.

“Quando il 17 luglio del 2013 l'allora prefetto Giuseppe Pecoraro mi assegnò la scorta, capii che la mia esistenza sarebbe stata stravolta. Lui mi disse che la mia vita era a rischio perché nel giro di poche settimane avevo denunciato Armando Spada, cosa che in 40 anni nessuno aveva mai fatto a Ostia”. La stessa Angeli è di Ostia e proprio per questo è stata lei e non uno dei colleghi a occuparsi del caso Spada. La sua scelta di proseguire nel suo lavoro incurante delle minacce, però, le ha stravolto la vita: “Da allora la mia libertà è finita, ho tre bambini ai quali cerco di spiegare quello che è successo. Non posso più affacciarmi in balcone, devo scegliere con cura dove sedermi quando vado al ristorante, e se i miei figli mi chiedono di andare a prendere un gelato e la scorta è già andata via non posso accontentarli. Non posso neppure andare al bar con le amiche, altrimenti arriva uno di loro per farmi vedere che sanno dove sono. Malgrado tutto ho scelto di continuare a vivere ad Ostia", ha dichiarato.

Mentre la Angeli si trovava a deporre in tribunale, la Federazione Nazionale della Stampa Italiana insieme a Rete No Bavaglio, Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Giornalisti, Articolo21, Usigrai, Ordine dei giornalisti Lazio e Associazione Stampa Romana hanno partecipato a un sit-in di solidarietà a piazzale Clodio.

 

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