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Roma
Pandemia e sciopero della Pa: “Lo Stato è in ginocchio dopo anni di tagli”

Coronavirus, in piena pandemia con partite iva in grave difficoltà commercio e servizi ridotto al minimo,. deflagra lo sciopero proclamato dal pubblico impiego per il 9 dicembre. Ed esplode la polemica contro la scelta dei sindacati di paralizzare il Paese al fianco di quelli che vengono definiti “i garantiti”.

Alberto Civica, segretario generale di Roma e del Lazio della Uil, accetta la sfida: spiegare le ragioni di uno sciopero che viene percepito come una protesta “di classe” e che rischia di dividere il mondo del lavoro.

Allora Civica, di fronte alla crisi del commercio, con le partite Iva in ginocchio e il mondo del lavoro precario e a tempo che ancora non è sceso in piazza solo grazie al blocco dei licenziamenti, chi ogni mese ha la garanzia dello stipendio ora sciopera. Un lusso?

“Intanto diciamo che uno sciopero è sempre una legittima rivendicazione. Io vorrei ricordare chi sono gli italiani del pubblico impiego: sono infermieri, vigili del fuoco, medici; sono i docenti della scuola. Una parte minoritaria viene identificata con l'Inps. Tanta gente che abbiamo chiamato “eroi” che il giorno dopo ci siamo dimenticati. Ecco, questo è il pubblico impiego. Quando c'era da definire il bonus per medici e infermieri ci siamo scordati che sono mal pagati; ci siamo scordati che abbiamo un problema di servizio pubblico che tutti abbiamo condiviso. Dobbiamo tornare al ragionamento su cosa ci ha portato al disastro”.

Mi permetta di insistere. Questo rischia di essere lo sciopero di chi lo stipendio ce l'ha. Difficile spiegarlo ha chi non ha ancora avito neanche la Cig.

“Sì è una rivendicazione economica e di sicurezza del lavoro, come per i sanitari, ma è anche una rivendicazione di efficienza dei pubblici servizi. Sono 30 anni che tagliano gli organici all'Inps e poi gli scaricano la gestione di 1,5 mln di Cig e si lamentano che sono in ritardo. Per 30 anni hanno fatto tagli alla Sanità e tutto è stato appaltato all'esterno e ora si scopre che la macchina pubblica deve tornare al centro della vita.E penso alla realtà romana dove dal 2016 ad oggi si sono persi 2500 posti di lavoro solo nelle partecipare mi viene in mente che i bus non si guidano da soli. Oggi bisogna riprogettare il futuro”che deve essere centrale nelle scelte del Governo. Ecco che lo sciopero allora non è giusto, è sacrosanto”.

Magari potrei essere d'accordo con lei ma prendendo ad esempio “il caso Roma”, torna in mente la classifica del ricorso alla legge 104 dei dipendenti pubblici romani. Un caso anomalo?

“Roma e il Lazio sono una città e una regione di anziani. Abbiamo livelli di nascite da Dopoguerra, ci stiamo invecchiando e i nostri giovani vanno in Lombardia, normale che l'assistenza per parenti malati sia una voce “pesante”. Ma nel privato non è così forte il ricorso alle 104... “Ci credo, se hai contratti a 6 mesi, la procedura neanche la fai. Tempo di fare le carte e hai già cambiato lavoro 7 volte”.

Parliamo di Roma e della campagna elettorale. Quanto vale?

“Per Roma vale moltissimo: chi domani andrà a governare il Comune deve intanto tentare di risalire la china rispetto all'idea che l'Italia ha della sua Capitale. Gli investimenti si fanno sull'immagine del Paese. Parigi ha 60 miliardi l'anno e noi dobbiamo fare a botte con Milano per avere un decreto. La verità è che Rona ha un tessuto sociale e infrastrutturale che va ricostruito. Per questo sarà fondamentale che il futuro sindaco parli con Regione Governo per risolvere la questione e non come ora che l'unico rapporto era lo scarico delle responsabilità. Ora quelli di prima non ci sono più e e quelli che ci sono ora non hanno fatto niente”.

Prospettive per Roma?

“Le rispondo con una battuta: io speriamo che me la cavo. Vorrei che si capisse che bisogna cambiare politica”. Anche per Roma la grande coalizione? “Non mi convince, io vorrei evitare la grande contrapposizione”

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