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Roma
Quando essere neri… La storia

Gli Harlem sono una parte importante della storia del basket mondiale, una squadra che ha contribuito a cambiare usi e costumi di una società quando essere neri, o semplicemente diversi, era considerata una terribile “colpa” e non una ricchezza. Gli Harlem Globetrotters hanno quasi 90 anni (1926-2015), e sono “nati” come intrattenimento nelle importanti sale da ballo americane. Le big bands con oltre trenta musicisti erano molto costose e i promotori di spettacoli cercavano un intrattenimento per l’intervallo, obbligati anche dai sindacati dei musicisti. Alcuni organizzarono combattimenti di boxe, ma, al Savoy Hall di Chicago, un ebreo di nome Abe Saperstein ebbe l’originale idea di montare due canestri da basket e organizzare un incontro sfida tra i suoi Five Savoy, giganti di colore, e cinque spettatori del pubblico per una scommessa di cento dollari. Cominciarono allora le fortune di questo gruppo che prese ben presto il nome di Harlem, il nome del quartiere nero di New York, per enfatizzare la loro origine afroamericana anche in segno di protesta visto che, in quegli anni, ai neri è di fatto ostacolata la partecipazione ai campionati nordamericani di basket e baseball, i due più importanti sport nazionali. I Globetrotters sono la squadra di pallacanestro più famosa del mondo, una vera ed autentica leggenda, conosciuti da tutti gli appassionati del parquet, e non solo, per i loro numeri eccezionali: schiacciate spettacolari, palleggi fantastici, azioni di gioco al limite dell’incredibile e varie acrobazie. Vinsero nel 1930 il Campionato Mondiale professionistico organizzato dal Chicago Tribune, precursore dell’attuale NBA, contro i Lakers, che al tempo giocavano a Minneapolis, prima di trasferirsi a Los Angeles. Ma nonostante l’alto tasso tecnico, Abe Saperstein si rese presto conto che al pubblico piaceva soprattutto la parte “illusionistica” dello spettacolo, con i tanti risvolti comici. Per questo si decise a organizzare il grande spettacolo pirotecnico che vedremo anche nell’Italian Tour 2015.
Nel tempo hanno vestito la maglia del team grandi campioni come il mitico Wilt Chamberlain, stella dell’NBA tra gli anni ’60 e ’70, e Earvin “Magic” Johnson. Lo show degli Harlem Globetrotters però, non si limita alla sola pallacanestro ed alla partita giocata contro la squadra avversaria: i giocatori, vestiti con la classica divisa a stelle strisce, coinvolgono sempre gli spettatori, specialmente i bambini, coinvolgendoli in scherzi e giochi spassosi. Lo spettacolo è arricchito dalla presenza della simpatica mascotte Globie, una vera e propria attrazione nell’attrazione. In questo spirito lo sport si fonde con il gioco dando vita ad una autentica festa in cui il pubblico si sente parte attiva dello show. Stare con gli Harlem significa fare sempre qualcosa di speciale. Nel 2007 a Torino i giocatori hanno visitato i bambini della Fondazione Ospedale Infantile Regina Margherita, prima di giocare nell’incantevole PalaIsozaki, un palasport olimpico da 13.000 posti. Fa parte del loro DNA stare con i più deboli, aiutare chi soffre, anche con ingenti donazioni benefiche, e non per niente sono stati nominati dall’UNESCO “Ambasciatori della fratellanza tra i popoli e uomini di buona volontà per la pace nel mondo”. Nel 2006 a Napoli hanno tagliato una torta messa a disposizione da un pasticciere campano per gli ottant’anni dalla nascita: una torta in piazza, in mezzo a tifosi, appassionati, famiglie, semplici passanti, avventori di bar che, incuriositi, si affacciavano per vedere cosa stava succedendo in strada intorno a questi altissimi uomini neri, vestiti di mille e sgargianti colori. Gli Harlem amano stare con la gente, non hanno guardie del corpo. A Napoli i vigili urbani hanno bloccato e deviato il traffico, tanta era la folla, ma i “ragazzi” stanno con la gente e si fanno fotografare firmando autografi. Spesso improvvisano il “magic circle”. E’ sufficiente la loro inconfondibile palla a spicchi bianca, rossa e blu, come quando sono stati al leggendario “campetto” di Parco Sempione a Milano, quello in cui negli anni 70 incontravi i giocatori dell’Olimpia, il playground storico dei milanesi, oppure quando hanno improvvisato a Bologna, nei Giardini Margherita.

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