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Roma
Rifiuti, il Capitano Ultimo, il piemme: cosa resta del maxi processo Cerroni

di Fabio Carosi

Manlio Cerroni, i rifiuti, l'inchiesta monstre, il piemme Alberto Galanti, la Giustizia, il Capitano Ultimo. E l'amarezza di una vita sconvolta da un'indagine che si è persa nel nulla.

Due giorni dopo la sentenza di assoluzione nel maxiprocesso per i rifiuti di Roma, Luca Fegatelli l'ex direttore dell'Area Rifiuti della Regione Lazio, sceglie affaritaliani.it per raccontare la sua odissea di dirigente pubblico, condannato ad essere ancora per chissà quanto tempo, “mascarato” dall'accusa di mafia

Oltre i concorsi vinti e una carriera limpida, Fegatelli può esibire a moglie e figli 6 mesi agli arresti domiciliari, poi altri 4 con l'obbligo di rimanere in casa, quindi l'obbligo di firma sino all'assoluzione arrivata 5 anni dopo la bufera iniziata con l'arrivo dei carabinieri in casa. Era il 9 gennaio del 2014. Da allora il suo stipendio è passato da circa 6 mila euro al mese a mille euro al mese, interamente bruciati per sostenere la famiglia e pagare per 5 anni le spese della sua difesa. Cinque anni di vita, liberati in pochi minuti dalla sentenza di primo grado che lo ha riconosciuto assolto ma che non gli ha restituito la sua vita di prima.

Fegatelli, partiamo dal giorno dell'arresto...

“Già il giorno dell'arresto. E' stata una situazione particolare, hanno bussato a casa alle 6 di mattina hanno fatto una perquisizione quasi blanda. Poi in ufficio hanno voluto scartabellare ciò che c'era, hanno controllato la segretaria. Hanno devastato un mondo”.

Perché parla al plurale?

“Perché non hanno indagato, arrestato e processato solo Luca Fegatelli, ma anche la sua famiglia e la sua vita, il suo mondo: Noi”..

Quando è entrato in Regione Lazio?

“Era il marzo del '93 come funzionario statistico. Nel 2003 sono uscito dalla Regione in aspettativa e sono stato dirigente al Parco della Riviera D'Ulisse, poi nel 2004 Dirigente aree naturali protette, sempre con concorso. Nel 2008 direttore dei Rifiuti, poi nel 2010 direttore dipartimento poi l'Agenzia dei beni confiscati alla Mafia nel 2013”.

Che tipo di trattamento ha avuto dalla Regione dopo il suo arresto?

“La Regione... Più che la Regione i suoi funzionari. Sospeso con un assegno sociale di mille euro al mese e ci hanno tenuto così sino ad oggi”.

Quanto guadagnava prima dell'arresto?

“155 mila euro l'anno lordi più il 30% di premio, qUasi seimila euro al mese. Da seimila a mille senza considerare considerare che uno potrebbe avere pendenze o mutuo. Cambiano la vita, c'è chi riesce a compensare e chi si può trovare in condizioni di patire un'altra gogna. Ho fatto ricorso al Tribunale del Lavoro ma li hanno rigettati; mi hanno trattato come un mafioso per via del 416 bis. Ho due figli che vivono con me e sono stati intercettati e coinvolti nell'indagine l'indagine. Hanno sentito mio figlio che parlava della sua ragazza e mia figlia che parlava con le sue amiche”.

I suoi rapporti con Cerroni?

“All'epoca istituzionali. Io almeno per 10 anni in qualche modo o direttamente coi rifiuti ho avuto sempre a che fare. Incontri tecnici, conferenze dei servizi un rapporto normale come con tutti gli imprenditori. Se posso parlare, non ho mai avuto nessuna pressione.

Ce l'ha con la Giustizia?

“Con quella che ha deciso no, anche se il dubbio rimane, è rimasto in piedi sino all'ultimo secondo. Se dovessi parlare di magistratura inquirente, non ne stanno uscendo bene. Credo che le carte non le leggano bene. La prima cosa che ho detto il giorno dell'arresto è che non pensavo di essere un criminale. Per poterlo dimostrare sono passati 5 anni. Come fa uno a fidarsi della Giustizia? Per noi che siamo pubblici dipendenti non basta questa sentenza definitiva. Ora dovrò attendere l'adozione della sentenza e sperare che il piemme non faccia ricorso e quindi farla diventare definitiva. Se fa ricorso non possiamo richiedere indietro nostri stipendi né la possibilità di accedere ai precedenti incarichi”.

E che fa con la sua vita?

“La Regione può decidere di chiudere questa sospensione facoltativa ma anche rientrando ci sarà il problema di non poter accedere alla precedente vita perché non c'è la sentenza definitiva. Siamo quasi cittadini di serie B: a noi non basta essere assolti ma dobbiamo essere stra-asssolti. Veniamo giudicati e carcerati in base a un'ipotesi di reato ma per riottenere la nostra vita dobbiamo aspettare la sentenza definitiva. Il giudice intermedio non ha effetti evidenti”.

Ce l'ha col piemme Alberto Galanti, dominus dell'inchiesta?

“Io non ce l'ho col piemme. Siamo pubblici dipendenti e gestiamo soldi e benefici. Mi metti sotto processo e ci può stare. Quello che continuo a contestare è l'arresto. Arresti me e non Ermolli che era l'unico che all'origine era imputato di corruzione. E poi arresti noi e quelli prima e quelli dopo no. Mi hanno cacciato dalla Direzione rifiuti nel 2010 e io avrei continuato a fare tutto sino al gennaio 2014. Credo ci sia tanto da discutere sulla chiarezza di questa indagine. Ma ci può stare, ma l'arresto no, quello non ci sta. Lui (Galanti, ndr) non doveva arrestare delle persone, senza certezze. Me o altri”.

E la Regione che ha fatto in questo periodo?

“La Regione si è costituita parte civile contro me e Raniero De Filippis, andando forse oltre le proprie competenze. L'avvocato regionale mi ha definito un guardia parco ma lo stesso avvocato della Regione all'interno del Tribunale del lavoro era quello che aveva fatto intendere al Tribunale del lavoro che si parlava di 416 bis. Non è stata una gestione trasparente”.

E perché?

“Dovrebbero dirlo quelli della Regione, un accanimento di questo tipo è poco giustificabile. No ci hanno fatto entrare per prendere le carte utili per la difesa. Come quelli per l'associazione del Capitano Ultimo che prendeva soldi dalla Regione. Se uno fa un'indagine e poi dall'altra pare prende sodi, diciamo che non dovrebbe svolgere questa attività di indagine, ci potrebbe essere qualche conflitto”.

Ma quanti contributi ha preso dalla Regione Lazio il Capitano Ultimo?

“Io non lo so, mi hanno impedito di vedere le carte”.

Dopo questa viceda, secondo lei in Italia è garantito il diritto alla difesa?

“Non in modo tranquillo. Uno è sconfitto in partenza. Se io vengo carcerato per una supposta associazione che poi non trova riscontri in primo grado, riesco anche a difendermi ma per me che sono un dipendente pubblico non è sufficiente. Vengo arrestato per un'ipotesi poi considerato innocente ma alla fine io non posso ottenere quello che mi è dovuto. Posso anche difendermi da 10 anni di indagini, come si fa a difendersi da cose successe 10 anni prima? Difendersi sì, ma poi hanno provato a dividere il processo in due: stesso reato, tribunali diversi. Poi come diceva il mio avvocato Domenico Oropallo, in America quando le prove sono deboli o inconsistenti ti fermano il gioco qui è difficile difendersi per 5 anni. Se poi devo farlo con mille euro al mese. Uno con mille euro al mese lo massacrano. Per riottenere le spese legali dovrò aspettare la sentenza definitiva. La legge è legge ma la interpretano come vogliono. Tu lavori per l'amministrazione pubblica, ma quando ti giri indietro e sei innocente non trovi nessuno. Siamo arrivati a livelli di follia totale.

Vuole aggiungere qualcosa a quando detto?

“L'amarezza di 5 anni passati all'inferno e un giudice che in 10 minuti ti dice che avevi avuto ragione per 5 anni. Se un cestino di Natale che passa in ufficio e finisce in parrocchia a fronte di un Cip6 da 300 mln di euro diventa corruzione... Indagini fatte come vogliono. Questa è l'amarezza”.

Secondo lei il piemme è competente sui rifiuti?

“Se parliamo di rifiuti secondo me ha confidato troppo nelle interpretazioni dei marescialli del Noe".

E il Capitano Ultimo, lunga mano della Procura nelle indagini?

Già il capitano Ultimo. L'ho visto nel 2008 e ci ho discusso. Chiamava ogni ragazzo dell'ufficio e lo teneva sotto interrogatorio; al decimo sono intervenuto e lui mi disse: "Io faccio come voglio”. Ho risposto che avrei chiamato l'avvocato e lui ha replicato: “Rimarrà fuori”. Competente? Non lo so dalla mafia ai rifiuti non è la stessa cosa”.

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