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Roma
Rifiuti, processo Cerroni: il pm chiede la condanna per il re di Malagrotta

Processo Manlio Cerroni, il "re" di Malagrotta accusato di associazione per delinquere finalizzata al traffico di rifiuti illeciti. Il pm chiede la condanna a 6 anni: "Sistema quasi mafioso"

A formulare la richiesta è, al termine della sua requisitoria, il pm Alberto Galanti, che ha sollecitato inoltre una condanna a 5 anni per l'ex presidente della Regione Lazio Bruno Landi e per Francesco Rando, amministratore unico di molte imprese riconducibili allo stesso Cerroni. Il rappresentante della pubblica accusa ha quindi chiesto al tribunale di infliggere 2 anni a Luca Fegatelli, già dirigente dell'Area Rifiuti della Regione Lazio, 4 anni a Giuseppe Sicignano, già supervisore delle attivita' operative condotte presso gli impianti di Cecchina e 2 anni a Raniero De Filippis, ex capo Dipartimento del territorio della Regione Lazio. Assoluzione, invece, per Piero Giovi, anche lui socio di imprese e storico collaboratore di Cerroni "per non aver commesso il fatto".

"Siamo in presenza di un sistema che sta con un piede e mezzo nel 416 bis, l'associazione di stampo mafioso", ha proseguito duramente Galanti, secondo il quale "a Roma e nel Lazio c'è stata una gestione da anni '60 nel settore dello smaltimento dei rifiuti. Per anni si è buttato tutto in discarica senza effettuare alcun tipo di differenziata". Per il pm, "fino a due anni fa alla Regione Lazio non c'è mai stata una gara pubblica per affidare la gestione dei rifiuti. La parola 'gara' non è mai comparsa in questo processo. La parola che invece abbiamo sempre sentito è emergenza: tutta la gestione dei rifiuti e' avvenuta in emergenza, allo scopo di creare e autorizzare una situazione di monopolio assoluto nella gestione dei rifiuti in tutta la regione Lazio". Parlando del gruppo Cerroni, il pm ha quindi aggiunto che "siamo in presenza di un monopolio reso possibile dal decreto commissariale di giugno 2008 che di fatto ha creato un sistema chiuso, ermetico, impermeabile, che ha impedito l'accesso nel sistema di altri competitor, eliminando ogni libertà di mercato e di concorrenza. Tutti gli impianti privati nel Lazio infatti, tranne due, sono riconducibili a Cerroni".


"Nell'ambito dell'associazione per delinquere - ha proseguito il pm Galanti descrivendo i ruoli dei principali imputati - Cerroni rappresenta una figura apicale, capo di quel Consorzio Colari che direttamente o indirettamente controllava tutte le società del gruppo. Landi, Rando e Giovi erano una sorta di consiglio di amministrazione di quella holding presieduta da Cerroni. È la dimostrazione che tutto faceva parte di una ben precisa strategia studiata a tavolino. Cerroni non ha fatto solo illeciti: la sua grandezza - ha precisato il magistrato - è stata quella di aver saputo prevedere le mosse degli altri, a riprova di sue indubbie capacità personali. Si definiva il Creador mentre gli altri lo percepivano come il Supremo, un pò per sudditanza economica, un po' per rapporti interpersonali strettissimi. Lo dimostra che 50 abitanti sui 600 residenti a Pisoniano (il paese di Cerroni, ndr) hanno trovato lavoro in Ama e Acea. Cerroni, insomma, è la vera Regione, qui ci troviamo di fronte una infiltrazione pesantissima".

Il pm Galanti ha quindi ricordato che Landi, amministratore di alcune società, ha fatto da cerniera degli interessi del gruppo Cerroni con la politica e con altri soggetti, come le associazioni di categoria e i movimenti di protesta. E ancora: "Se Cerroni era il vertice e Landi l'alter ego, Rando, Giovi e Sicignano sono gli altri uomini che facevano gli interessi del gruppo. Rando è il legale rappresentante storico di tantissime società, con il compito di occuparsi della gestione degli impianti. Gli altri due imputati sono un gradino sotto, con Sicignano che si interessava di Albano Laziale e Giovi di Malagrotta".

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