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Roma
Rifiuti Roma, tutta la verità sulla discarica di Aprilia. E Raggi è nei guai

di Claudio Roma

 

La vicenda dei rifiuti di Roma si sta avvitando sempre di più con un’emergenza che rischia di diventare permanente e strutturale, tanto da non meravigliare più nessuno. Insomma una maionese impazzita, con le istituzioni locali che si dimostrano sempre più inadeguate a prendere le giuste decisioni ed anzi si beccano tra loro, per scaricarsi addosso le responsabilità dell’emergenza.


Insomma un vero e proprio corto circuito di cui mercoledì si è avuta conferma con gli ultimi avvenimenti, i diversi incidenti che hanno messo fuori gioco alcuni impianti, in una situazione di grave carenza, che stanno mettendo in ginocchio il sistema.

L’assessore Buschini nell’illustrare alla Pisana gli ultimi accadimenti ha annunciato che la direzione regionale competente sui rifiuti ha reso noto che la discarica in località La Cogna della società Paguro non ha ricevuto la via e la conferenza dei sevizi non ha autorizzato dunque la discarica di Aprilia. E’ la stessa discarica che la sindaca di Roma Virginia Raggi, a porta a porta da Vespa, chiese pubblicamente alla Regione di autorizzare, perché probabilmente poteva diventare il sito futuro dove portare i rifiuti di Roma. Una notizia che provoca polemiche e che rimette in primo piano la necessità per la Capitale di dotarsi di una discarica di servizio.

I controlli alla Ri.Da. Ambiente
L’assessore ha spiegato che la Regione, su richiesta del Ministero dell’ambiente, ha iniziato una serie di controlli nei diversi impianti di Tmb presenti sul territorio regionale. In uno di questi controlli, effettuato presso il tmb di Rida ad Aprilia, l’Arpa ha “rilevato l’incoerenza dell’attribuzione dei codice Cer caratterizzanti rifiuti organici stabilizzati” e il “sostanziale superamento nei valori di legge per alcuni parametri, tra cui l’indice respirometrico, per cui una parte dei rifiuti trattati non risulta conferibile presso discariche di rifiuti non pericolosi, come invece si converrebbe”. I fatti sono noti, dopo la diffida, arrivata alla Rida, a correggere e ripristinare le prescrizioni dell’Aia, la società proprietaria dell’impianto ha contestato i contenuti ed ha deciso di chiudere l’impianto in attesa di fare chiarezza sulla correttezza delle procedure.
L’assessore ha spiegato che la chiusura ha messo in difficoltà i 66 comuni della provincia di Latina e della città metropolitana di Roma, che conferiscono i rifiuti in quell’impianto, e dopo la diffida della Regione a non interrompere il servizio, per evitare l’emergenza rifiuti che avrebbe potuto causare, si è arrivati all’ordinanza della Provincia di Latina che ha portato alla riapertura dell’impianto.

Il segreto dei rifiuti
Alcune considerazioni e domande sono indispensabili. L’assessore ha sottolineato che si tratta di un impianto di trattamento biologico meccanico, cosiddetto a bioessicazione, autorizzato per una capacità di trattamento pari a 409.000 tonnellate all’anno di rifiuti. Basta leggere qualche manuale tecnico o consultare qualche esperto per appurare che negli impianti basati sulla “bioessicazione” l’indice respirometrico è importante perché è un “metodo di misura e valutazione dell’efficienza del processo adottato ed è di fondamentale importanza in quanto determina l’accettabilità in discarica del materiale stabilizzato”. La frazione organica stabilizzata del rifiuto (Fos), che esce dall’impianto Tmb, deve essere avviata a smaltimento, ma per essere “accettata in discarica, secondo la normativa vigente, deve avere un indice respirometro al di sotto di una certa soglia”, altrimenti non è conforme e non può essere smaltito in discarica.
La prima domanda che mi viene spontanea è: se l’Arpa ha evidenziato un indice respirometro superiore alla norma, per cui il rifiuto in uscita sarebbe “non conforme”, come è possibile chiedere la riapertura dell’impianto senza ulteriori controlli che garantiscano la conformità alle norme del rifiuto in uscita?
Sempre consultando qualche manuale si capisce bene che se l’indice respirometrico è superiore alla norma la causa può essere dovuta o a una maggiore quantità di rifiuto trattato o a un periodo di tempo inferiore a quello previsto della bioessicazione del rifiuti nelle biocelle di cui è dotato il tmb in questione. Infatti la condizione fondamentale per il buon esito del processo è che sia garantita la possibilità al rifiuto di rimanere a contatto diretto con aria libera. Perché ciò avvenga occorre rispettare dei parametri sia di quantità di rifiuto presente nelle biocelle sia di tempo di permanenza.

La Regione li fa i controlli prima di autorizzare?
L’impianto in questione dotato di 12 biocelle (box di cemento armato) è stato autorizzato dalla Regione Lazio con determina del 2011 per il trattamento di 173.000 tonnellate all’anno e nel 2014 la capacità di trattamento è stata autorizzata per un aumento pari a 409.000 t/a. La  domanda finale all’assessore è se la Regione, nell’autorizzare l’aumento della capacità di trattamento di quasi tre volte rispetto alla capacità iniziale, abbia controllato se l’impianto delle biocelle sia stato triplicato, perché risulta complicato capire come si possa trattare il triplo dei rifiuti se il numero delle biocelle fosse rimasto lo stesso, visti i parametri standard, quantità di rifiuto contenuto e tempi, di cui ha tenuto conto l’Aia del 2011.

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