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Roma
Roma, alta moda ricetta anti crisi: 41 mila imprese e 200 mila posti di lavoro

di Tiziana Galli

La moda a Roma chiede un riscatto per il proprio futuro. Stando ai più recenti dati Istat, l’impronta creativa del Lazio ha un forte ascendente sul totale nazionale e all’interno della regione il settore culturale e creativo sviluppa 14,8 miliardi di euro, contando 41 mila imprese e dando lavoro a 204 mila persone.

Nonostante la riduzione di carico che il settore ha subito nell’ultimo decennio, le imprese del solo sistema moda registrate nel Lazio nel 2017 sono state 4.228, oltre il 4% del sistema nazionale; il commercio con l’estero ha sviluppato un incremento del 14% rispetto al 2016 e l’esportazione è arrivata a 890 milioni di euro di merce. In tutto questo a ratificare la vitalità di un settore estremamente prolifico, Roma si conferma la città con il maggior numero di scuole di formazione per il settore.

“C’è una vera e propria scuola romana, ufficialmente riconosciuta - afferma Stefano Dominella presidente della maison Gattinoni nonché presidente della “Sezione Tessile, Abbigliamento, Moda e Accessori” di Unindustria Lazio - un filone creativo che sopravvive grazie al retaggio di alta moda trasmesso dalla città stessa, un vero e proprio “Made in Rome”. Non è un caso che i direttori creativi delle più grandi maison parigine siano romani. Si pensi a Dior, a Valentino, a Gianbattista Valli”.

Nonostante ciò, al momento, lo Stato non riserva incentivi di nessun tipo, neanche considerando che l’industria della moda italiana, di 95 miliardi di fatturato, è la terza voce attiva dell’export nazionale, preceduta solamente dalla farmaceutica e dalla metalmeccanica.

Quali sono gli step che un designer deve affrontare per intraprendere una dignitosa carriera una volta uscito dalla scuola di formazione?
“Deve svolgere uno stage all’interno di una maison, ma il fatto è che a Roma le case di moda rimaste sono troppo poche per soddisfare la richiesta” risponde Stefano Dominella, “quindi i designer devono andare in Emilia Romagna, in Veneto, in Lombardia, in Toscana oppure a Parigi o a Londra per trovare lavoro, e dopo non tornano più. E Roma perde il proprio futuro”.

Cosa si sta facendo per evitare questo?
“Lo Stato ha partecipato, con Calenda al tavolo del MISE e in quell’occasione sono stati stanziati dei soldi, attraverso l’ICE per l’internazionalizzazione dei giovani e per non far perdere all’Italia la leadership del manifatturiero. Attualmente Alberto Bonisoli, ministro dei Beni e delle Attività Culturali, il 26 Ottobre ha dichiarato che farà il possibile e l'impossibile perché la moda possa confluire nei Beni Culturali, ma non c’è altro. A giugno 2018, però, dopo una gestazione di due anni, grazie al volere di Unindustria e del suo Presidente Filippo Tortoriello ho visto realizzare un’idea che sedimentavo da tempo: “Il Club delle creatività” del Lazio. E’ un’iniziativa che si prefigge di aiutare i giovani a cavalcare le opportunità che il Settore Moda offre, contribuendo a creare business, cultura ed occupazione”.

Come?
“Vengono studiate delle collaborazioni tra Unindustria e i nuovi brand: vengono pianificati dei progetti di internazionalizzazione; le aziende neo-nate vengono supervisionate da quelle già affermate, in una sorta di tutoraggio; vengono intensificati i rapporti con l’ICE e con le altre istituzioni al fine di poter presentare le collezioni al salone White di Milano e nelle altre fiere di settore. Inoltre si vuole creare un progetto con i Comuni, la Camera di Commercio e la Regione Lazio per offrire la possibilità ai nuovi designer di avere in gestione gratuitamente o con investimenti minimi delle “botteghe atelier” nelle aree urbane vissute dai giovani”.

Nel Lazio esistono ancora le storiche aziende manifatturiere?
“Qualcosa è rimasto: ad esempio a Sora ci sono ancora una quarantina delle circa 1.500 micro e piccole aziende che negli anni ‘80 lavoravano conto terzi per tutte le case di moda più importanti. E’ lì che è nato il pronto-moda, fenomeno attualmente scalzato dai colossi tipo Zara; le poche aziende che resistono, come Ferrone o Golden Point vengono da lì. Anche ai castelli romani, ad Albano o a Grottaferrata, ci sono aziende di questo tipo. A Roma e dintorni, poi, sono rimaste delle piccole sartorie, di due o tre persone ciascuna, che si dedicano all’alta moda. Lì tagliano, cuciono, ricamano, o rifiniscono abiti per Gattinoni, Armani, Dior, Valentino, Balestra. Sono in pochi a saperlo, ma l’alta moda a Roma è viva. Naturalmente queste professioniste sono pochissime e si fanno pagare il lavoro molto profumatamente”.

Quanto?
“Un capo può arrivare a costarci anche 2.000, 3.000, o 4.000 euro”.

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