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Roma
Roma, anche i privati rallentano i pagamenti. L'uscita dalla crisi è lontana

La crisi economica a Roma e nel Lazio non molla. Anzi, rallenta il percorso di uscita dalla crisi per le piccole e medie imprese del Lazio.


A confermarlo sono i dati, presentati dalla Federlazio, relativi alla consueta indagine congiunturale sullo stato di salute delle Pmi del Lazio, effettuata su un campione di 350 imprese associate. Lo studio ha riguardato il primo semestre 2016 e rivela che è aumentata la percentuale di coloro che 'non vedono via di uscita dalla crisi', dato che non aumentava dal II semestre 2014, ed è diminuita la percentuale di coloro che 'intravvedono una luce in fondo al tunnel'. Ma non mancano spiragli di ottimismo come confermato dall’incremento notevole di imprese che ha effettuato investimenti, nonostante il momento difficile.
"Le speranze di vedere rafforzati quei segnali di timida ripresa registrati nel semestre precedente, sono purtroppo state disattese - ha spiegato il presidente Federlazio Silvio Rossignoli - ancor prima dell’andamento delle voci esaminate, è la percezione del momento congiunturale manifestata dalle imprese stesse a parlarci di una discontinuità nel trend che da alcuni semestri a questa parte aveva visto il numero delle imprese ottimiste prevalere rispetto a quelle pessimiste”.

Nel primo semestre 2016, il saldo di opinioni sull’andamento degli ordinativi per quanto concerne il mercato nazionale arretra di 15 punti passando da +6 a -9 rispetto al secondo semestre del 2015, ed assume valore negativo. In diminuzione anche gli ordinativi dal mercato Extra-Ue (da +18 a +16), mentre migliorano leggermente quelli dai paesi Ue (da +6 a +9).

Il fatturato sul mercato domestico perde 8 punti ed assume valore negativo, passando da +3 a -5. Un andamento decrescente che riguarda anche il fatturato derivante dall’estero, pur restando positivi i saldi di opinione: nei paesi Extra-Ue si passa da 18 a 3, mentre nei paesi Ue il saldo resta stabile a 5, come nel semestre precedente. Torna negativo anche il saldo di opinioni sull’andamento della produzione che, lasciando sul terreno 10 punti, passa da +2 a -8.

E’ pari al 37,8% la percentuale delle imprese che ha dichiarato di aver effettuato investimenti nel primo semestre 2016. Si tratta di una percentuale in notevole crescita sia rispetto alla seconda parte del 2015 (29,3%) sia rispetto al primo semestre 2015 (28,0%), e che delinea così un trend positivo.
Torna a crescere anche la percentuale di imprese che ha aumentato l’occupazione, ora al 22% (era il 18,3%), ma è in aumento anche quella di chi ha dichiarato di aver ridotto gli organici (dal 14,3% al 15,7%).

Alla domanda su cosa renda la loro attività meno competitiva qui in Italia rispetto a quella dei propri concorrenti, le imprese hanno indicato al primo posto la 'pressione fiscale', in aumento rispetto a sei mesi fa (da 28,8% a 29,4%), seguita dal 'costo del lavoro' (che invece flette dal 26,4% al 25,5%) e dalla 'complessità normativa e burocratica' (dal 19,8% al 20,5%).
Tra le principali problematiche segnalate dagli imprenditori, al primo posto torna la 'insufficienza della domanda' che sale dal 25,8 al 27%. Seguono il 'ritardo dei pagamenti dei privati' (24,3%), il 'ritardo dei pagamenti PA' (17%), la 'impossibilità di partecipare agli appalti' (9,6%), la 'mancata concessione del credito bancario' (4,8%). Alle imprese del campione è stato chiesto anche di indicare quale azione il Governo regionale dovrebbe mettere al primo posto per uscire dalla crisi. Al primo posto viene indicata la 'riduzione delle tasse su impresa e lavoro' con il 64,4%, in aumento rispetto al precedente 62,2%. A parte l’azione relativa alla 'eliminazione inefficienze della PA' (da 11,8 a 14,2%), tutte le altre hanno percentuali quasi irrilevanti.
L’indagine Federlazio ha rilevato anche le previsioni a breve sui prossimi sei mesi dalle quali emerge che, per quanto concerne gli ordinativi, i saldi di opinione dovrebbero nel complesso migliorare. Sul mercato nazionale il saldo rimane invariato a +10, mentre si prevede in aumento dall’estero: da +20 a +31il mercato UE, da +16 a +24 quello dal resto del mondo.

Riguardo le previsioni sull’occupazione per il II semestre 2016, il saldo atteso guadagna 5 punti e diventa positivo, passando da -2 a +3. In costante aumento anche la percentuale di imprese che prevedono di effettuare investimenti, ora al 41,5% (negli ultimi due passati rilevamenti era rispettivamente 37,9% e 33,9%). Ancora l'indagine coglie la percezione delle imprese su come stia evolvendo la crisi dal punto di vista delle Pmi e mostra che le imprese che hanno un atteggiamento più propenso all’ottimismo sono in netta contrazione rispetto al secondo semestre 2015. Difatti, la percentuale delle imprese che hanno dichiarato che 'al momento non si intravede alcuna via di uscita' risale sensibilmente, aumentando al 43,4% dal precedente 31,2% come è aumentata la percentuale di coloro che hanno affermato che 'il peggio deve ancora venire' (dal 2,4% al 3,3%). E’ dunque in diminuzione la percentuale di imprese tendenzialmente più ottimiste per le quali 'si incomincia ad intravedere una luce in fondo al tunnel': dal 66,4% del secondo semestre 2015 al 53,3%. La percentuale di imprese che ritengono di correre seri rischi di chiusura entro i prossimi sei mesi è sensibilmente aumentata (da 4,1% a 10,3%).

"Un dato su tutti deve farci riflettere sull’attuale momento economico: le percentuale di imprese che temono di dover chiudere l’attività nel prossimo semestre è più che raddoppiata rispetto alla nostra indagine precedente. Un quadro, del resto, abbastanza in linea con il trend medio nazionale - ha aggiunto Rossignoli - Varie sono le ragioni di questa situazione, ma tutte possono essere ricondotte a una generale debolezza della domanda che attanaglia l’economia dell’Europa. A queste, però, bisogna affiancare questioni microeconomiche che hanno a che vedere con le caratteristiche strutturale del nostro tessuto produttivo. Il vero problema non è tanto quello di far nascere nuove imprese, quanto quello di farle crescere e di rafforzarle, affinché durino nel tempo". Riguardo quali azioni le imprese intendano porre in essere al proprio interno per contrastare la crisi, al primo posto le imprese hanno indicato la 'creazione di nuovi prodotti' con il 25,1% (in aumento rispetto al precedente 21,8%). Segue il 'taglio dei costi di gestione' (da 26,6% a 22,2%), il 'miglioramento della qualità del prodotto/servizio' (stabile intorno al 18%), le 'attività rivolte sul mercato estero' (da 8,3 a 10,9%), la 'riduzione del personale' (invariata al 6%). L’attività di 'esternalizzazione dei servizi' scende al 2,5% rispetto al precedente 5,6%. "La crescita dimensionale delle imprese può essere affrontata attraverso varie strade, che passano dalla costituzione di reti di imprese alla fusione o incorporazione tra imprese diverse - ha concluso Rossignoli - In questo processo di cambiamento, un posto preminente deve essere comunque riservato all’innovazione tecnologica che consente di recuperare sul piano dei nuovi prodotti quello che la concorrenza erode sul piano delle spese. Certo l’innovazione ha dei costi, richiede investimenti e ricerca. Ma soprattutto richiede una mentalità e una sensibilità da parte dell’imprenditore tali da spingerlo a puntare senza esitazioni su questo versante.
Un supporto indispensabile dovrà provenire anche dal sistema istituzionale, nazionale e locale, che dovrà raggiungere a sua volta standard di performance all’altezza di quella degli altri principali paesi europei, al fine sostenere quello sforzo che le imprese sono per l’appunto chiamate a portare senza esitazioni da qui in avanti".
I risultati dell'indagine sono stati presentata presso la sede dell'associazione dal presidente della Federlazio Silvio Rossignoli e dal Direttore Generale Luciano Mocci. All'incontro sono intervenuti, tra gli altri, l’assessore allo Sviluppo economico e attività produttive della Regione Lazio Guido Fabiani e il presidente della CCIAA di Roma, Lorenzo Tagliavanti.

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