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Roma
Roma “bucata”, rischiano di sprofondare 32 chilometri quadrati di gallerie

Voragini e buchi nell'asfalto mettono in croce Roma. L'Autorità di distretto idrografico dell’Italia centrale lancia l'allarme: “32 chilometri quadrati a rischio sprofondamento”.

 

Nella Capitale non sono le buche nell'asfalto, incubo di autisti e motociclisti, a dover mettere in allerta i cittadini, ma i chilometri di gallerie che si sono formate a causa dell'estrazione del tufo o della creazione di nuove reti idriche e fognarie.

Voragini e frane colpiscono il territorio urbano per un'area di oltre 500 ettari, con seri problemi di tenuta di tratti di strade e di porzioni di quartieri.

Le zone più segnate dal pericolosissimo fenomeno sono  la porzione orientale di Roma che comprende Tuscolano, Prenestino, Tiburtino, Centocelle, Appio, il centro storico, San Giovanni, Monteverde Vecchio, Gianicolense, Portuense, e alcune zone di Aventino, Palatino ed Esquilino.

A mettere in guardia istituzioni e cittadini è l'Autorità di distretto idrografico dell’Italia centrale, dopo l'ispezione di una delle più importanti cavità di Roma, nei sotterranei del Tempio di Claudio al Celio, insieme ai tecnici del Distretto guidati dall'ingegnere idraulico Carlo Ferranti e a Stefania Nisio geologo di Ispra che studia da tempo il caso voragini.

“I recenti continui fenomeni di sprofondamento e voragini con collassi stradali e l’instabilità di edifici in diversi quartieri della Capitale mostrano un livello di fragilità del suolo e del sottosuolo elevato e da non sottovalutare, richiedono interventi urgenti sia di controllo con le tecniche più avanzate, sia di consolidamento e messa in sicurezza”, ha dichiarato Erasmo D’Angelis, Segretario Generale dell’Autorità di distretto idrografico dell’Italia centrale.

Negli ultimi anni il fenomeno si è ingigantito fino a toccare vette preoccupanti. Se sono stati oltre 3mila i casi registrati negli ultimi 100 anni, negli ultimi 10 ne sono stati censiti in media ben 90 all'anno. I picchi si sono verificati nel 2012, con 130 voragini, e nel 2013 (104). In questi primi mesi del 2018 ne erano state registrate già 83.

“La causa principale delle voragini - come rileva Stefania Nisio, ricercatrice dell’Ispra specializzata in geologia e difesa del suolo - oltre a problematiche geologiche dovute alla dissoluzione di strati calcarei di due voragini naturali (in epoca romana il lago Curtius ai Fori e nei mesi scorsi a Trigoria, vicino i campi sportivi) è collegata all’opera e all’incuria dell’uomo. Chilometri di cavità, infatti, sono state scavate per estrarre il tufo usato già dagli antichi romani per l’edilizia, e sono allungate nei secoli successivi per continuare a fornire materiali all’edilizia e anche per fungaie e gallerie di sottoservizi per reti idriche e fognature”.

In alcuni quartieri il sottosuolo di Roma è completamente bucato da profonde gallerie, con buchi così ampi che ci potrebbero comodamente entrare anche le automobili.

I geologi la definiscono “una intricata e labirintica rete di vuoti sotterranea” e ricordano che non è la prima volta che viene lanciato un allarme sicurezza. La questione è stata infatti più volte portata all’attenzione pubblica dagli speleologi dell’Associazione Roma Sotterranea e da Ispra e dai tecnici del Comune di Roma. Non tutto il sottosuolo romano, comunque è stato censito degli esperti.

"Sono ad oggi censiti e mappati - spiega la nota - ben 32 km quadrati di gallerie sotto il tessuto urbano e sotto centinaia di chilometri di strade la cui tenuta ha problemi seri ed è sempre più fragile a causa di perdite idriche, di lavori di varia tipologia che non tengono conto del rischio e dell’abusivismo edilizio”.

L'Autorità di distretto idrografico dell’Italia centrale denuncia infatti come per anni Roma sia stata vittima di proprietari edili che per lucrare sulla costruzione di immobili hanno costruito su terreni dove era sconsigliabile l’edificazione e senza misure di sicurezza.

“L'acqua di pioggia o di perdite della rete idrica quando impatta su terreni argillosi e delicati causa smottamenti, erode, scava e fa crollare provocando i disastri di oggi", si legge nella nota.

L'Autorità di Distretto propone quindi un vademecum per Regione e Campidoglio, in modo da ridurre al minimo i rischi esistenti.

  1. Attivare un monitoraggio permanente delle cavità con sistemi satellitari radar e sensori a terra, e impegnare un team scientifico con le più avanzate tecniche per il controllo del territorio in tempo reale per poter anticipare il più possibile i fenomeni di deformazione del suolo (frane, subsidenza, sprofondamenti, dissesti) e degli acquiferi sotterranei
  2. Informare i cittadini del rischio unendo prevenzione, protezione e autoprotezione
  3. Aggiornare e concludere la mappa delle cavità e perimetrare le zone di maggior rischio con studi dei fattori di propensione al dissesto
  4. Monitorare costantemente la rete idrica e intervenire sulle perdite
  5. Avviare, con la Struttura di missione Italiasicura della Presidenza del Consiglio, le opere necessarie già individuate e in parte in fase di progettazione nella massima e permanente collaborazione istituzionale, dal Governo alla Regione, dal Campidoglio ai Municipi. Si tratta di 155 interventi: 127 per complessivi 783 milioni per opere di contrasto al rischio alluvione e 28 interventi per 86 milioni contro frane e smottamenti. A questi vanno aggiunti 20 milioni all’anno per le manutenzioni, controlli e monitoraggi. Ad oggi sono disponibili i primi 104 milioni, inseriti nel Piano di Italiasicura ma occorre un impegno finanziario annuale per almeno 100 milioni di euro.

“Oggi – riprende Erasmo D’Angelis - non lanciamo solo un allarme sulla base di dati e rilievi scientifici ma un piano di interventi realizzabile perché la città ha bisogno di mettere mano prima possibile ai suoi problemi idrogeologici e non resti sballottata sull’onda delle emergenze che sommerge chiunque sia investito del potere di amministrarla. Siamo di fronte a condizioni di rischio da tempo ampiamente sottovalutate o rimosse. C’è solo da rimboccarsi le maniche e la politica, tutta, chi amministra e chi è all’opposizione, può lavorare per questa causa comune, per prevenire tragedie”, conclude D’Angelis.

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