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Roma
Roma, condannato a 20 anni per femminicidio. Il giudice rischia il linciaggio

Condanna l'imputato a 20 per femminicidio e si scatena il caos: il giudice rischia il linciaggio, i parenti e gli amici della vittima inferocite tentano di aggredire l'omicida. Solo l'intervento massiccio di carabinieri, poliziotti e agenti della penitenziaria hanno impedito alla folla di farsi giustizia da sola.

E' successo nell'aula 2 Gup al piano terra del palazzo di giustizia di Roma, dopo che  il giudice Claudio Carini ha condannato a 20 anni di reclusione, al termine del rito abbreviato, Yoandro Medina Nunez, cubano 24enne che nel novembre dello scorso anno uccise per gelosia, con un colpo di pistola alla testa, la compagna Nicole Lelli, di un anno più piccola. Lei aveva deciso di lasciare il ragazzo dopo appena un anno dal matrimonio contratto a Cuba e non valido in Italia.

Il pm Edoardo De Santis aveva chiesto l'ergastolo per l'imputato che rispondeva di omicidio volontario premeditato, un'aggravante che invece il gup non ha riconosciuto. E la condanna a 20 anni e' stata ritenuta una pena troppo mite da familiari e amici di Nicole che a quel punto hanno cominciato a gridare allo scandalo lanciando insulti e minacce di ogni tipo all'indirizzo dell'imputato e pretendendo che il giudice uscisse fuori per giustificare la sua decisione.

"Resto qui voglio linciarlo, non mi interessa nulla", ha gridato uno degli amici della vittima.
Le forze dell'ordine hanno faticato non poco per calmare gli animi e, soprattutto, per consentire a Medina Nunez di lasciare il tribunale senza danni. E il giudice, che ha ricevuto nel frattempo la visita del presidente dei gip Alberto Gentili, ha potuto chiamare la causa successiva iscritta a ruolo solo quando la situazione generale e' tornata sotto controllo.
Costantino De Robbio, gip del tribunale di Roma e segretario dell'Anm distrettuale ha commentato gli incidenti dicendo: "Quanto e' successo a piazzale Clodio e' un fatto grave, conseguenza di quella delegittimazione che coinvolge da tempo la nostra categoria. Il giudice Carini, nel caso specifico, si e' limitato ad esercitare il proprio dovere applicando quanto previsto dal codice".

"Essere minacciati nell'esercizio delle proprie funzioni in un palazzo di giustizia ed essere costretti a non poter uscire dall'aula e' quanto di più grave possa accadere in un tribunale. E' la prima volta che un fatto simile capita a Roma e non e' da escludere che, visto il clima che si respira ovunque, possa nuovamente succedere. Ho sentito con le mie orecchie persone pronte a tutto pur di fare giustizia sommaria anche nei confronti del magistrato che ha emesso la sentenza", conclude De Robbio.

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