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Roma sprofonda, è Capitale delle voragini: 100 nel 2019. I quartieri a rischio

Roma sprofonda, è la “Capitale delle voragini”: sono ben 100 quelle registrate in città nel 2019. Per avere un termine di paragone, la seconda in classifica è Napoli, città sotterranea per eccellenza, che nello stesso anno ne ha avute appena 20. La “zona rossa” è il quadrante Est. Inoltre il Comune non ha più una banca dati ed il 2020 non è iniziato nel migliore dei modi.

 

Tra le città Roma non ha uguali con 923 voragini dal 2009 al 2019, seguita da Napoli con 196 e Cagliari con 112. A guidare la classifica regionale c'è, di conseguenza, il Lazio. In dieci anni ne ha registrate ben 967, staccando di gran lunga la seconda regione in classifica, la Campania con 240 voragini in 10 anni, e la Sicilia, terza con 175. Seguono le 141 voragini in Sardegna nello stesso arco temporale, 81 in Lombardia, 65 in Calabria, 58 in Puglia, 47 in Veneto, 46 in Emilia Romagna, 43 in Piemonte, 42 in Abruzzo, 36 in Liguria, 31 in Umbria, 29 in Toscana, 27 nelle Marche, 23 in Friuli Venezia Giulia, 16 in Basilicata, 13 in Molise.

"I sinkholes antropogenici iniziano tuttavia a manifestarsi anche nelle città del nord dove fino a qualche anno fa non si registravano eventi", sottolinea Stefania Nisio, geologo dell'Ispra, in occasione della conferenza sulle Cavità sotterranee d'Italia, organizzata insieme dalla Società Geografica Italiana, Ispra e Società Italiana di Geologia Ambientale, in corso a Roma.

La zona di Roma più a rischio è il quadrante Est. “È la parte più sensibile, dove anticamente venivano cavati i materiali", dice Nisio. “I quartieri più a rischio sono l'Appio Latino, Tuscolano, Prenestino, Tiburtino e Quadraro. Le voragini o sinkhole – continua – sono di due tipi: quelle di natura antropogenica, cioè create dall'uomo per realizzare cunicoli idraulici, cisterne, catacombe e soprattutto cave, e quelle naturali che si sviluppano per lo più nelle aree esterne al tessuto urbano. Quelle che interessano le città sono soprattutto del primo tipo".

La causa principale di una voragine in città, dunque, è la presenza di una cavità sotterranea. "Ne abbiamo molti esempi soprattutto nel Lazio, non solo a Roma ma anche Viterbo e Rieti". E se per Roma esiste una prima carta realizzata dall'Ispra, "sulle altre città siamo ancora al lavoro. Esiste una Rieti sotterranea e fatta di cunicoli, e anche il tessuto di Viterbo è cavato", conclude Nisio.

Maurizio Lanzini, presidente Sigea (Società italiana di geologia ambientale) punta il dito verso l'amministrazione comunale: "Il rischio maggiore per Roma sono le sì le voragini ma quello che manca è una banca dati del Comune che raccolga via via i dati delle voragini, quelli geologici e le mappature, per cui man mano che avvengono questi eventi si arricchiscono le informazioni a disposizione del comune per gestire quelle che verranno dopo. Il Comune di Roma non ha una banca dati per cui si disperdono migliaia di euro per fare indagini per avere un dato che magari già c'è. E manca un impegno dei tecnici del Comune di Roma ad aumentare le informazioni su questi eventi". Voragini dovute a cavità "per il 30-40% sono causate, a Roma, da una perdita della rete idrica e fognaria ma anche dal punto di vista storico non sono mai state studiate - spiega Lanzini - C'è ad esempio tutta l'area catacombale e molte catacombe sono 'sparite', cioè: abbiamo segnalazioni storiche ma ad oggi non sappiamo più dove sono".

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