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Roma
Roma-Venezia con Italo: 4 ore prigionieri a Tiburtina. Odissea nello strazio

Quattro ore e quaranta minuti fermi in mezzo ai binari, in una carrozza incandescente, tra malori e passeggeri imbufaliti. Il viaggio da Roma Termini a Venezia Mestre sul treno Italo 8916 è stato un girone infernale, più che un’odissea.

Se non altro per la temperatura: dopo la prima ora di attesa sembrava di essere in un forno. Partiti in perfetto orario, alle 13.15, neanche il tempo di uscire dalla Capitale che, percorsi sì e no dieci chilometri, il treno si ferma. Nel nulla dei binari da qualche parte altezza Salaria.

A mezzo interfono, fino a quando ha funzionato, comunicano che qualcosa impedisce la ripartenza. “Stiamo indagando” ci rassicurano. Quel qualcosa non è dato sapere di cosa effettivamente si tratti. L’aria condizionata non funziona e la carrozza inizia a surriscaldarsi. Mentre prendiamo a sventolarci, non potendo aprire i finestrini, il mezzo prova a rimettersi in moto ma si blocca immediatamente: pensiamo ad un guasto sulla linea, ma in breve tempo capiamo che il problema è il treno. Non funziona. Qualcuno chiede di poter aprire le porte però non si può; sui binari accanto passano altri convogli, non è sicuro.

Fa sempre più caldo. Ci portano un bicchiere d’acqua, troppa grazia. Per un viaggio di poco più di tre ore nessuno, a parte qualche mamma più accorta, ha portato scorte di viveri, giusto una bevanda e uno snack. Il treno non è dotato di carrozza bar, solo una macchinetta distributrice che però, da quando il treno è fermo, è fuori uso. Non c’è elettricità.

Dopo un’ora di attesa, il personale di servizio fa il giro dei vagoni per annunciare che non si può ripartire, forse ci trainano di nuovo in stazione, la più vicina è Tiburtina, per cambiare treno. Ma il rimorchiatore non arriva e le ore passano. Qualcuno si sente male, bisogna allertare i soccorsi. Altri danno in escandescenze, c’è chi chiama la polizia. L’aria, oltre che tesa, diventa anche irrespirabile, a tratti. Intanto ci dicono che non si fa più retromarcia; in 15 minuti è in arrivo un treno sostitutivo dove ci trasferiscono per proseguire il viaggio. Nonostante il caldo sempre più insopportabile, l’ossigeno che inizia a mancare, teniamo duro e ancora non sappiamo per quale ragione, da ore, siamo sequestrati sui binari sotto il solleone che proprio oggi ha deciso di tornare a bruciare come fosse piena estate. Quei quindici agognati minuti diventano altre due ore, quasi tre.

Alle 17.45, dopo oltre quattro ore di attesa finalmente iniziamo il trasbordo sul treno buono, stremati. L’interfono ripete a intervalli costanti le scuse da parte dell’azienda per il ritardo dovuto a un guasto tecnico del treno e un altro sulla linea; sul telefono arrivano anche le scuse via sms: ‘sinceramente dispiaciuti’ porgono “sincere scuse” e oltre all’indennizzo al 100 per cento del biglietto, ogni passeggero riceverà anche un voucher del valore del 100 per cento del costo sostenuto. Con “l’augurio di averci ancora a bordo”. Forse.

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