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Roma
Scacco mortale ai ristoranti della Dolce Vita, 11 locali chiusi per evasione

Ristoranti alla moda a Roma fanno rima con riciclaggio ed evasione fiscale. Leggete bene la lista dei locali riconducibili al signor Aldo Berti, dominus della ristorazione romana; il Cafè Veneto, di via Veneto; il Barrique, di via Cavour; lo Squisito Chalet, zona Eur; All bi one, di via Cavour, zona Fori Imperiali; Subura Miscela e Fuoco, di via Cavour, zona Fori Imperiali; Toy Room, disco club con brand internazionale, di via Veneto; l’attiguo Franky's Kitchen; lo Squisito Cook, di via del Colosseo; il White Cafè, di via del Tritone; Gustando Roma, di via Cavour; Il Molo (ex Bastianelli al Molo), di Fiumicino.


Templi della ristorazione che da oggi sarrano gestiti da amministratori giudiziari nominati dal Tribunale di Roma. Un tsunami gastronomico che si aggiunge alla chiusura di Assunta Madre e che getta una nuova ombra nel sistema della ristorazione romana, divenuta ormai l'elemento chiave per l'evasione fiscale.
L'operazione “Dolce Vita” è stata condotta dai finanzieri del Comando Provinciale di Roma che hanno dato esecuzione al decreto con cui il locale Tribunale - Sezione Specializzata Misure di Prevenzione ha disposto il sequestro di rinomati ristoranti e bar situati in prestigiose zone della capitale, oltre a un disco club con brand internazionale, un ipermercato, un’autorimessa, immobili, autoveicoli, beni aziendali, partecipazioni societarie e disponibilità bancarie per un valore complessivo di circa 30 milioni di euro, riconducibili ad un noto imprenditore.

L'attività si inserisce nel contesto di una più ampia indagine coordinata dalla locale Procura della Repubblica e ha consentito di individuare in Aldo Berti, classe 1949, già noto alle Forze di Polizia e già condannato dal Tribunale capitolino per reati fallimentari, il reale dominus di un articolato sistema societario attraverso il quale ha “schermato”, nel tempo, un ingente patrimonio – del tutto sproporzionato rispetto alla sua capacità reddituale – frutto del reimpiego dei proventi dell’attività delittuosa e, soprattutto, di una pianificata evasione fiscale e contributiva che gli ha consentito di sottrarre al Fisco e all’Inps oltre 50 milioni di euro.

Al Berti è riconducibile, di fatto, la gestione di 23 società, formalmente intestate a compiacenti “prestanome”, le quali, attuando un complesso sistema di partecipazione al capitale, assunzione e dismissione di cariche societarie, nonché fittizie acquisizioni e cessioni di azienda, hanno sistematicamente omesso la presentazione delle dichiarazioni fiscali e il versamento delle ritenute e dell’IVA ed effettuato indebite compensazioni tributarie, per poi cedere il passo, dopo due o tre anni di operatività, a nuovi soggetti giuridici destinati a replicare lo stesso meccanismo di frode.
L'attività ha consentito il sequestro: del capitale sociale e dell’intero patrimonio aziendale di 23 società, gran parte con sede a Roma, operanti prevalentemente nel settore della ristorazione, della somministrazione di alimenti e bevande e della grande distribuzione; di quote di partecipazione al capitale di altre 3 società; di 1 ipermercato; di 9 unità immobiliari; di 1 autorimessa per parcheggio ad ore; di 9 veicoli; di conti correnti e titoli, per un valore complessivo di stima pari a circa 30 milioni di euro. I locali sequestrati, alcuni dei quali evocano i fasti della dolce vita romana – di qui il nome all’operazione – sono tutti ubicati in luoghi ad alta frequentazione turistica.

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