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Roma
Street food “alla romana” a rischio estinzione: la delibera killer del Comune

di Silvia Tarquini

Gli alcolici potranno essere venduti ma non esposti né consumati (se non all’esterno), piatti e bicchieri dovranno essere rigorosamente monouso, e gli arredi dei locali dovranno essere minimali e non abbinabili (se ti siedi non potrai poggiarti, se ti appoggi, non potrai sederti), proibita la musica di sottofondo anche se autorizzata. Il nuovo regolamento fa paura ai commercianti del centro di Roma: la denuncia dell'Alva- Associazione Laboratori Vicinato Alimentare.

 

Il 17 aprile scorso l'Assemblea capitolina ha approvato il “Regolamento per l'esercizio delle attività commerciali ed artigianali nel territorio della Città Storica” per contrastare l'apertura sfrenata di minimarket, friggitorie e negozi-suk.

La necessità era quella di razionalizzare le attività artigianali e commerciali, all’interno del centro storico, controllandone la crescita e il rapporto tra settore alimentare e non, secondo criteri di decoro urbano, qualità, legalità e ordine pubblico, a tutela dei residenti, esercenti e cittadini.

Secondo l'Alva, Confesercenti e CNA (Confederazione Nazionale dell'Artigianato e della Piccola e Media Impresa) però, il provvedimento promulgato a maggioranza assoluta con 24 voti favorevoli, non apporterà nessun miglioramento, anzi colpirà il cuore dell'artigianato alimentare di qualità ovvero i pastifici, le panetterie, le salumerie, le rosticcerie, le pizzerie, le paninoteche e le gastronomie, tanto apprezzate dai romani e dai turisti nazionali e internazionali.

“Oggi ci troviamo a lottare contro una delibera che vuole limitare se non danneggiare il lavoro di migliaia di persone (circa 1800 attività nel I Municipio e più di 2.400 tra I e II municipio) - spiega l'Alva - Nei nostri laboratori garantiamo varietà e qualità dei migliori prodotti artigianali d'Italia spesso proponendo prodotti fuori dalla grande distribuzione. Proponiamo un'alternativa di alta qualità mantenendo il livello di spesa bassa. Ora per colpa di una delibera scellerata rischiamo di perdere tutto quello che abbiamo con fatica costruito”.

Il nuovo regolamento comporterà problematiche notevoli e la cultura dello street food “alla romana” rischia l'estinzione secondo Alva, che tutela il lavoro di migliaia di titolari, dipendenti e proprietari di immobili del centro storico.

I punti del regolamento contestati dall'associazione sono il divieto di far consumare bevande alcoliche dentro i locali, l'imposizione della posateria monouso, l’obbligo di dividere nettamente il locale tra l’area di vendita e quella di consumo sul posto, nonché la revoca della possibilità di proseguire l’attività in caso di cessione o affitto dell’azienda.

Addio al calice di vino rosso da accompagnare ad un buon tagliere di salumi e formaggi, anche la birra ghiacciata insieme al panino con la mortadella saranno un capitolo chiuso: gli alcolici si potranno vendere ma solo per l'asporto, quindi se si desidera consumarli, bisognerà farlo in strada. E non importa se è agosto e fuori ci sono 40 gradi, o se è inverno e piove a catinelle. “Ponendo seri ostacoli e vietando il consumo di birra e vino negli esercizi di vicinato, a ciò abilitati da una legge dello Stato che consente il consumo sul posto dei prodotti alimentari venduti, si incita i consumatori a consumare le bevande in strada e dunque a lasciare in giro lattine e bottiglie - afferma in un comunicato Confesercenti - Per una città in piena emergenza rifiuti è proprio un bel capolavoro”.

A proposito di ambiente, assurda, secondo l'Alva, anche la decisione di imporre l'utilizzo di piatti, bicchieri e posate monouso, seppur compostabili e biodegradabili, nell'ottica dell'ecosostenibilità. “La raccolta a Roma è al collasso non c’è una seria gestione dei rifiuti riciclabili e utilizzare materiale usa e getta non fa altro che moltiplicare smisuratamente il volume delle immondizie da gestire”.

“Non contenti di questo capolavoro, l’Amministrazione in omaggio alla libertà d’impresa pretende di determinare l’organizzazione aziendale degli esercizi di vicinato alimentare e dei panifici artigianali, decretando d’emblèe che la superficie destinabile al consumo sul posto non può essere superiore al 25% del totale” afferma Confesercenti.

Una follia se si pensa che questo tipo di attività sono, di solito, composti da una piccola sala unica, con delle conformazioni edilizie che non permetterebbero alcun tipo di delimitazione.

Ma il paradosso secondo Confesercenti non finirebbe qui: il regolamento infatti si esprime anche sull'arredamento della struttura che dovrà essere minimale. “Minimale”: un termine che può voler dire tutto e niente al tempo stesso, e che in questo caso è sinonimo di “scomodo”. “Da anni i vigili di Roma perseguitano alimentaristi e panificatori con la storia che i consumatori possono sì sedersi negli esercizi commerciali per mangiare un panino o un trancio di pizza (come dice la Legge) ma devono stare scomodi, cioè devono avere sgabelli alti per tavoli bassi o sedie basse per tavoli alti”.

Ciò che differenzia queste attività dai bar e dai ristoranti è l'assenza di camerieri, le ordinazioni vengono prese al banco e sempre al banco i prodotti vengono consegnati al cliente. Secondo la delibera, in questo contesto gli arredi dovranno quindi garantire condizioni minime di fruibilità: sgabelli senza tavoli, o piani d'appoggio senza sedute.

“Qualificare gli arredi come minimali rende incerto, interpretativo e opinabile la scelta degli arredi che consentono il consumo sul posto - continua l'Alva - Qualsiasi scelta venisse determinata dall’esercente riguardo gli arredi si presterebbe a interpretazioni discrezionali”.

Per finire il nuovo provvedimento vieta di proseguire l'attività artigianale con possibilità di consumo in loco in caso di cessione o affitto dell'azienda. Gli imprenditori si ritroveranno a non poter cedere l'attività commerciale, pena l'impossibilità a poter proseguire la stessa attività precedente la cessione. “In breve - conclude l’Alva - gli affitti e gli ingressi attuali per avviare o acquistare un’attività di vicinato alimentare o di laboratorio perderebbero di ogni significato, distruggendo oltretutto un mercato attualmente sofferente come quello dei valori immobiliari a Roma”.

“Con questa delibera - afferma Confesercenti - l'Amministrazione spinge alla chiusura circa 1800 attività di vicinato alimentare con laboratori nel solo centro di Roma, bruciando più di 10mila posti di lavoro, mandando all’aria investimenti per oltre 200 milioni di euro, mettendo la città di fronte al rischio desertificazione di servizi alimentari essenziali”.

Roma di fatto consegnata alla Disneyland del cibo dei fast food con un solo obiettivo: “Le potenti lobby del cibo spazzatura – conclude Confesercenti –  vogliono cacciare dal centro della città i custodi della tradizione agro alimentare romana”.

 

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