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Roma

di Valentina Renzopaoli

Senza vantaggio economico non c'è reato: perché costruire un'associazione “a delinquere” e fare pressioni su dirigenti regionali, se non esisteva alcun termine di legge entro il quale fare partire i lavori del termovalorizzatore di Albano per poter usufruire degli incentivi previsti dall'Unione Europea. Questa la domanda dopo la nuova “verità” emersa dalle indagini difensive dell'avvocato Domenico Oropallo, legale dell'ex funzionario regionale Luca Fegatelli, e depositate con una memoria nel corso del maxi processo sui rifiuti.
Una “scoperta” che, se fosse confermata, smonterebbe il “movente” dei reati che hanno portato i “sodali” della presunta associazione a delinquere a emettere provvedimenti e ordinanze a favore dell'allora “re” di Malagrotta. Visto che la questione del “Cip6” è sempre stata definita dallo stesso pubblico ministero Alberto Galanti un aspetto “nevralgico”.
Andiamo per ordine. Secondo l'accusa, confermata dalle deposizioni del maresciallo dei Carabinieri del Nucleo Tutela Ambiente Massimio Lelli, la Regione, attraverso funzionari corrotti, avrebbe messo il Consorzio Co.e.ma. nelle condizioni di costruire un impianto di termovalorizzazione su un terreno della Pontina Ambiente e di usufruire dei contributi pubblici denominati “Cip6”, erogati dallo Stato (grazie ad una Direttiva dell'UE) ad aziende produttrici di energia derivante da fonti rinnovabili.
Strumenti di questa strategia di favore, sarebbe stata in primis l'ordinanza del 22 ottobre 2008, con la quale il presidente della Regione Piero Marrazzo autorizzava l'avvio dei cantieri antro la data del 31 dicembre, condizione considerata finora necessaria per poter accedere agli stessi incentivi.
Secondo l'interpretazione dell'accusa, con l'ordinanza regionale si poté bypassare il vincolo imposto dal decreto commissariale 147, secondo cui per iniziare i lavori e mettere in esercizio l'impianto, sarebbe stata necessaria l'Aia, (Autorizzazione integrata ambientale) che sarebbe arrivata solo nell'agosto dell'anno successivo.
Ordinanza resa possibile grazie anche, sempre secondo l'impianto accusatorio, al sodalizio con l'ex dirigente dell'Area Rifiuti della Regione Lazio Luca Fegatelli e l'ex Direttore del Dipartimento Territorio della Regione Lazio Raniero De Filippis.
Ugualmente legata a questa esigenza di affrettare i tempi per poter accedere ai fondi europei, sarebbero state le pressioni esercitate per far approvare in fretta e furia, una valutazione di impatto ambientale positiva relativa al progetto del termovalorizzatore.
In realtà, secondo le indagini sviluppate dall'avvocato Domenico Oropallo, alla data del 22 ottobre 2008 “non esisteva alcun termine decadenziale connesso all'inizio dei lavori di costruzione dell'impianto di termovalorizzazione entro il 31.12.2008”, si legge nel documento. “Ho verificato che la legge vigente in quel momento, la 244/2007, non conteneva alcun riferimento a termini utili per iniziare i lavori. Paradossalmente soltanto una settimana dopo l'ordinanza di Marrazzo viene inserito nella normativa uno sbarramento temporale, peraltro legato alla costruzione, e non all'inizio dei lavori, o all'esercizio dell'impianto. Vincolo che comunque non sarebbe stato applicabile ad Albano, in quanto la stessa norma prevedeva una deroga per gli impianti che sarebbero sorti su territori per il quali era stata dichiarata un'emergenza ambientale, come la Regione Lazio”, spiega il legale.
E' possibile che ci sia stata una svista così evidente nella costruzione dell'impianto accusatorio, tanto da aver messo le fondamenta di un capo d'accusa come quello di associazione a delinquere sulla base di un presupposto inesistente? La risposta arriverà quando il pubblico ministero darà al Tribunale la sua versione dei fatti.

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