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Roma
Terremoto, Casapound si “candida” per la ricostruzione

di Claudio Roma


Occupano, svuotano, ristrutturano e riaprono, a tempo di record, e quasi nessuno se ne accorge.
Due serrande di negozio nelle vicinanze di Piazza Segantini ad Acilia, una smaltata di rosso scintillante con la scritta “Comitato Inquilini” ascrivibile all’area politica della sinistra, a neanche cinquanta metri dopo una sede di quello che rimane del Partito Democratico nel X Municipio abbandonata da quando il Municipio è stato commissariato per mafia; dall’altra parte della piazza una serranda minacciosa dipinta di nero come un pugno in un occhio dal 14 agosto dopo un esproprio condotto “manu militari” da militanti di Casapound che hanno occupato abusivamente un negozio dell’Ater del Comune di Roma (cioè appartenente al patrimonio del vecchio IACP).
“Tomi tomi cacchi cacchi”, probabilmente convinti che la vigilia di ferragosto avrebbe fatto passare il blitz completamente inosservato, un manipolo di arditi ha forzato con l’ausilio di attrezzi da scasso la serranda di una macelleria chiusa da venti anni appropriandosene.
In poche ore hanno riverniciato la serranda, ridipinto il muro esterno del negozio e rimosso la vecchia insegna della macelleria.
Tempo due settimane, i lavori di “ristrutturazione” sono finiti. E la nuova sede di Casapound nel X municipio è pronta per essere inaugurata, sabato 3 settembre.
“Abbiamo sentito un gran frastuono” racconta un cittadino che abita nel palazzo di fronte che chiede l’anonimato “poi hanno cominciato a portare via dei materiali dall’interno del negozio, dopo alcuni minuti è iniziata una discussione con un uomo che ha cominciato a inveirgli contro, sono arrivate due volanti delle forze dell’ordine che li ha prelevati e gli ha fatto richiudere tutto. Ma il giorno dopo erano lì di nuovo. Qualcuno gli ha chiesto se dovevano aprire un negozio e hanno risposto che stanno per aprire uno sportello di Casapound e che sono in attesa di regolarizzare la situazione del canone di affitto”.
L’Ater, irraggiungibile a ogni comunicazione per il periodo di ferie e per la sua cronica lentezza, non è fino ad oggi riuscita a dare nessuna risposta circa la situazione del locale sito al civico numero 3 di Via Carlo Marocchetti, ma spulciando sul web si riesce a ricostruire che il locale era stato inserito insieme a molti altri del patrimonio immobiliare in un’asta per l’affitto, ma senza mai attrarre investitori disposti a spendere soldi per la sua fatiscenza.
Un ragazzo bene informato, che avrebbe voluto aprire una start up nel locale rivela che “lo spazio era esattamente nelle condizioni in cui l’aveva lasciata l’antica proprietaria: all’interno c’erano materiali speciali da smaltire, oltre a tutti gli arredi come il bancone e la cella frigorifera. Si parla di manufatti costruiti più di quarant’anni fa. Io abito nel palazzo antistante rispetto al negozio e siamo in parecchi ad essere sinceramente preoccupati per la maniera nella quale è stato o sta per essere smaltito. Questo fatto ha sempre tenuto lontano chiunque dal locale. Certo in questa maniera è molto più semplice”, racconta. “Anche il locale con la serranda rossa è stato espropriato con modalità simili. Io sono di destra ma la legalità vale per tutti, rossi o neri. Altrimenti il quartiere presenta numerosi locali abbandonati al loro destino gestiti dal Comune di Roma, ognuno fa come gli pare, è una jungla. È un patrimonio che dovrebbero far fruttare invece è abbandonato a se stesso”.
Il quartiere dove si è verificato il blitz è un “melting pot” dal 1955. Il nucleo originario delle case popolari fu soprannominato “Villaggio Giuliano” per la presenza di esuli giuliano-dalmati, poi arrivarono gli italiani cacciati dalla Libia e alcuni greci. Un quartiere multietnico dove i cognomi stranieri sui citofoni e la babele linguistica sono due costanti, per questo parecchi cittadini interrogati si rifiutano di parlare ma storcono la bocca. Parecchi girano al largo perché la presenza costante di sentinelle con espressioni torve e la maglietta nera - quando il locale è aperto - non la sopportano proprio.
"La nuova sede sarà uno sportello al cittadino: ci sarà un doposcuola gratuito, forniremo consulenze gratuite legali, sul lavoro e sull'emergenza abitativa, sarà un nuovo punto di distribuzione della raccolta alimentare per le famiglie italiane in difficoltà che stiamo aiutando”, fanno sapere da Casapound. “Soprattutto però  vogliamo riprenderci Acilia, pezzo di Roma che la politica ha abbandonato", ammettono candidamente.

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