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Roma
Universitari fuori sede a Roma, business da 1 mld e anche i ricchi piangono
Roma, Università la Sapienza

Un miliardo di euro. Questo il giro d’affari prodotto dai 70 mila studenti fuori sede che frequentano le undici università di Roma (pari al 35,6% dei 190 mila studenti iscritti totali). Un importo che significa economia circolante per la città e che per il 50% è rappresentato dai costi degli affitti. Almeno quelli regolarmente registrati. 

Questi alcuni dati elaborati dalla UIL LAZIO e dall’Eures sull’economia prodotta dagli studenti fuori sede nella nostra città.

Una cifra considerevole che gli studenti spendono soprattutto nei contratti di locazione che risultano a oggi tra i più alti d’Italia. Si attesta infatti a 924 euro il canone mensile di affitto in città, contro i 729 della media nazionale. Stimando che, proprio per ridurre i costi, gli appartamenti siano mediamente condivisi da 2 studenti, la spesa mensile dovuta per l’affitto scenderebbe a 462 euro (pari a 5.544 euro annui). A tali importi occorre aggiungere il costo per le utenze (che generalmente sono a carico del locatore), che sono state stimate, seguendo i parametri ARERA sui consumi medi di luce e gas una famiglia “tipo”, in 120 euro mensili (suddividendo per due la media di 2.400 euro di spese per i consumi energetici complessivamente stimati).

Ogni studente fuori sede costa 1200 euro al mese

Se consideriamo un costo forfettario di 20 euro giornalieri e quindi 600 mensili per tutte le altre spese (vitto, trasporti, tempo libero, ecc.), ogni studente fuori sede spende mediamente circa 1200 euro al mese. L’equivalente di uno stipendio. E quindi non proprio alla portata di tutte le famiglie. Anche perché a questi costi vanno aggiunti quelli legati all’iscrizione all’università e all’acquisto dei libri di studio (che sulla base dell’Università pubblica o privata e dell’Isee possono variare da pochi euro a decine di migliaia di euro). Moltiplicando la spesa annua di ciascuno studente fuori sede per il loro numero si ottiene dunque una spesa annua complessiva che sfiora il miliardo di euro.

Alberto Civica, Uil Lazio: "Le istituzioni sono assenti"

“Cifre notevoli che rappresentano un’entrata non indifferente per l’economia della città e anche una spesa considerevole per le famiglie e quindi uno degli elementi del blocco dell’ascensore sociale - commenta il segretario generale della UIL Lazio Alberto Civica - motivo per cui le istituzioni dovrebbero intervenire concretamente sul tema. Come? A partire dalle locazioni degli immobili e delle singole stanze. Non dimentichiamo che gli studenti pagano cifre spropositate anche per un posto letto. Si è molto parlato del caro affitti, ma alla fine non è stato fatto nulla di concreto in merito. Si potrebbe pensare ad esempio alla realizzazione di un albo comunale che acquisisca le disponibilità dei proprietari alla locazione favorendo così contratti regolari e garantiti. La UIL LAZIO si mette a disposizione delle istituzioni per offrire un supporto pratico in tal senso”. 

Crescono gli iscritti alle università private, Luiss e Lumsa in testa

Dallo studio realizzato dalla UIL LAZIO emerge anche che, sebbene la maggior parte dei fuori sede sia iscritto a un’università pubblica (56 mila), negli ultimi dieci anni il loro numero è calato del 9%, a vantaggio delle sei università private. Luiss e Lumsa in testa. A fare la parte del leone è sempre La Sapienza (che accoglie 38.516 studenti fuorisede, pari al 36,3% della propria popolazione studentesca). Scende significativamente la quota dei fuori sede nelle altre due grandi università pubbliche: Tor Vergata (8,9 mila, pari al 33,1% degli iscritti) e Roma Tre (7 mila, pari al 23,2%), mentre si conferma una prevalenza dei fuorisede nelle Università private (oltre 11 mila, pari al 51,7%) concentrati nella metà dei casi alla LUISS. Approfondendo tuttavia i dati emerge come il calo delle iscrizioni abbia interessato soltanto le università pubbliche (-13,1%), ed in particolare gli studenti fuori sede iscritti alle università pubbliche (-19,7%, da 69.813 nell’A.A. 2010/2011 a 56.051), mentre il numero degli iscritti alle Università private di Roma registra un significativo aumento (+42,3%, passando da 15.451 a 21.985). Poiché il potere d’acquisto delle famiglie nel frattempo non è aumentato, il calo sarebbe da iscrivere, oltre che a una preoccupante tendenza generale, al numero chiuso per l’accesso a molte facoltà, dettate da logiche poco attente agli interessi degli studenti. 

Subito l'abolizione del numero chiuso

“Numero chiuso che va assolutamente abolito - continua Civica - lo ripetiamo da anni e i dati purtroppo ci danno ragione. Il numero chiuso non garantisce equità sociale e libero accesso agli studi per tutti e, volendo fare un discorso prettamente economico, una riduzione del numero degli iscritti significa anche meno entrate e meno soldi per la città. Noi tutti, parti sociali e istituzioni, ci dovremmo impegnare invece per far sì che gli studenti abbiano sempre maggiori possibilità e agevolazioni nel proseguimento del percorso di studi. Parliamo tanto di formazione specialistica e poi ‘li costringiamo’ ad andare all’estero o rivolgersi altrove. Agevolazioni significano canoni sicuri e garantiti, significano niente numero chiuso, ma può significare anche trasporti pubblici gratuiti. Chiediamo infatti al Campidoglio di estendere la gratuità dei mezzi fino al 26esimo anno di età nel caso di universitari residenti o fuori sede”.

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