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Roma
Venti anni fa il delitto Marta Russo. "Questo libro non s'ha da pubblicare"

di Patrizio J. Macci

L'anno prossimo cade il ventennale dell'omicidio di Marta Russo, la studentessa universitaria romana colpita da una pallottola in un viale dell'Università "La Sapienza" la mattina del 9 maggio 1997. Quale momento più adatto per portare in libreria un volume accurato che ricostruisca finalmente una storia che ha appassionato e diviso l'Italia?
Il libro ci sarebbe già e il suo autore, il gIornalista Vittorio Pezzuto, peraltro è già un autore conosciuto: per Sperling&Kupfer ha scritto anni fa "Applausi e sputi", la biografia 'definitiva' di Enzo Tortora che ha riscosso un ottimo successo di critica e di vendite, tanto che da questa è stata tratta poi una fiction di due puntate trasmessa in prima serata su Rai Uno. Pensava quindi che questa sua nuova opera, scritta con estremo rigore documentale ma dallo stile avvincente, potesse facilmente incontrare l'interesse delle maggiori case editrici italiane. E invece no. Con sua grande sorpresa, ha finora collezionato una lunga serie di cortesi rifiuti o eloquenti silenzi. Col paradossale risultato che questo libro che non riesce a trovare un editore si è così trasformato in un piccolo caso editoriale. Sollecitato a parlarne, Pezzuto sceglie con Affaritaliani il registro amaro del disincanto: "La buona notizia è che col decimo rifiuto mi considero ormai un vero scrittore".
Non sembra particolarmente abbattuto.
"Per carattere non mi arrendo facilmente. E mi considero semmai arricchito da questa esperienza: adesso penso di comprendere meglio i meccanismi che in gran parte regolano le scelte dell'editoria italiana nella saggistica".
E quali sarebbero?
"Pubblicare libri di personaggi televisivi confidando nell'affetto dei teleutenti, rincorrere i temi del momento con testi spesso buttati giù in fretta ma ben infiocchettati (adeguandosi al dibattito sui social network, scarsa profondità dell'analisi inclusa), proporre saggi critici contro i protagonisti politici del momento - ieri Berlusconi, oggi Renzi e in parte Salvini - che sappiano solleticare il lettore che 'odia' il potente di turno. Forse non è un caso che la saggistica resti la Cenerentola di un mercato editoriale in perenne crisi, di idee ancor prima che di vendite. Col risultato che in Italia si legge sempre meno. Spesso ci si reca in libreria per regalare un libro, non per leggerlo".
Torniamo al suo lavoro sul caso Marta Russo. Non sarà che questa storia è ormai troppo lontana nel tempo?
"Mi permetta allora di sorridere guardando i banconi delle librerie, sui quali vengono accatastati decine di saggi sulla seconda guerra mondiale nonché la quarantatreesima biografia di Hitler e la cinquantottesima biografia di Mussolini. Di quest'ultimo in queste settimane tre diverse case editrici propongono i diari scritti durante la Prima guerra mondiale. Roba freschissima, che immagino affascini centinaia di migliaia di potenziali lettori. E per carità di Patria sorvolo sulla continua emorragia di volumi dedicati al caso Moro così come sui dieci libri pubblicati in contemporanea nel quarantennale della morte di Pier Paolo Pasolini".
Può darci un'anticipazione sulle reali novità della sua controinchiesta?
"Mi sono avvicinato a questa storia senza pregiudizi, costruendomi un imponente archivio personale che comprende 18 faldoni contenenti i documenti dell'inchiesta e del processo (interrogatori, perizie balistiche, intercettazioni ambientali e telefoniche, trascrizioni delle udienze in Corte d'Assise), tutti i take Ansa sul caso lanciati dal 1997 al 2011 nonché circa 8mila articoli ed editoriali apparsi sui maggiori quotidiani e periodici. Ben presto mi sono accorto che i conti non tornavano: assenza di qualsivoglia movente, arma mai ritrovata, testimonianze dell'accusa fragili e contraddittorie, perizie balistiche ballerine (le due particelle di bario e di antimonio trovate sulla finestra della Sala assistenti non erano ad esempio residui di polvere da sparo ma molto probabilmente residui di frenatura d'auto), errori fondamentali nella lettura degli orari dei tabulati telefonici, ecc. Su tutto l'esigenza della Procura di trovare un qualsivoglia colpevole per rassicurare l'opinione pubblica già scossa da molti delitti insoluti nella Capitale. In coda al volume propongo anche due ipotesi alternative a quella ufficiale, sancita dalle reiterate sentenze di condanna (peraltro espiate per intero) di Scattone e Ferraro".
Quali sarebbero?
"Spiacente, per conoscerle dovrete leggervi il libro. Non ho infatti perso la speranza che prima o poi venga pubblicato".
È vero che il direttore della saggistica di una delle principali case editrici le ha detto che il suo libro è bellissimo ma che purtroppo questa storia non interessa più a nessuno?
"Verissimo. Va detto che è stato sfortunato. Pochi giorni dopo è esploso sulle prime pagine di tutti i quotidiani lo 'scandalo' di Giovanni Scattone, che si era visto regolarmente assegnare una cattedra a tempo indeterminato nella scuola pubblica. Mi sono così permesso di mandargli una cortese mail con il link all'home page del Corriere della Sera, limitandomi a osservare che probabilmente uno di noi due si era sbagliato. In quei giorni è infatti tornato alla ribalta nazionale un caso giudiziario che nella coscienza di molti è considerato ancora irrisolto".
Un altro editore le ha invece spiegato che non volevano pubblicare il volume perché temono che possa essere citato in giudizio.
"Valutazione legittima ma curiosa. Il mio libro riporta in effetti le critiche che decine di opinionisti e cronisti rivolsero all'epoca contro i magistrati inquirenti per le carenze della loro inchiesta. Non vennero querelati allora, non vedo perché vent'anni dopo debba esserlo un testo che riprende questi giudizi con tanto di citazione puntuale alla pagina. Che dire? Ho l'impressione che nella povera editoria italiana abbondi l'autocensura. Vien voglia di parafrasare un aforisma del grande Leo Longanesi: non è che in Italia manchi la libertà di stampa, semmai mancano gli editori liberi".
Nel motivare il proprio rifiuto, alcune case editrici le hanno invece spiegato che un'opera del genere non reggerebbe il mercato.
"Mi dovrebbero allora spiegare quante copie devi vendere per poter considerare un'opera riuscita dal punto di vista commerciale. Parliamoci chiaro: in Italia se un testo di saggistica supera le mille copie vendute è festa grossa. Io resto convinto che solo a Roma un libro sul caso Marta Russo ne venderebbe almeno cinque volte tanto. Ma forse il problema è proprio questo...".
In che senso?
"Nel senso che far uscire una contro-inchiesta nel ventennale della morte di Marta Russo scatenerebbe inevitabilmente interesse mediatico e polemiche, con lo strascico obbligato di decine e decine di articoli. Obbligando così i protagonisti dell'epoca (in primis poliziotti e magistrati) a una fastidiosa riflessione sul proprio operato".
Qualche sbaglio l'avrà pur commesso anche lei, no?
"Certamente. Vede, se avessi raccontato questa vicenda sotto forma di romanzo non credo che avrei avuto difficoltà a vedermela pubblicata. Intreccio avvincente, personaggi improbabili, colpi di scena a ripetizione: è un legal thriller che non può non appassionare. Ho commesso invece un errore imperdonabile: accantonare del tutto ogni fantasia e riportare con estrema fedeltà i fatti così come si sono effettivamente svolti, convinto come sono che non vi sia nulla di più inedito e scioccante di quanto è stato rimosso e fatto dimenticare. La verità spaventa".

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