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Roma
Visite a tempo, la rivolta del Lazio: “Noi medici alla catena di montaggio”

di Luca Lotti

 

Tra i medici e Regione è in atto la guerra del tempario. Il termine assai brutto, in verità, sta ad indicare l’oggetto di un decreto della Regione a firma di Nicola Zingaretti, con cui si fissano tempi certi per le visite specialistiche con l’adozione di un “Tempario per quelle individuate come critiche”. Con esso "si stabiliscono i tempi giusti e adeguati, secondo i tecnici regionali, per l’esecuzione di 63 esami specialistici, tra cui risonanze magnetiche, ecografie, tac, ecocolordoppler, colonscopie, elettrocardiogrammi, visite neurologiche, ginecologiche, urologiche" . La Regione vorrebbe insomma, razionalizzare i tempi, far lavorare di più medici e macchine. Ma ha fatto male i conti.


I medici, attraverso le loro organizzazioni sindacali e ordinistiche , sono scesi sul piede di guerra e parlano tutti di “provvedimento inapplicabile”, “di catena di montaggio inaccettabile” e così via sulle note sempre più alte di questo spartito. Ma che tempi sono? Si va dai 20 minuti per quasi tutte le visite specialistiche ( cardiologica, neurologica, gastrologica, dermatologica, e per la quasi totalità delle ecografie , compresa quella ginecologica; si sale poi ai 30 minuti per la totalità degli esami tomografici (tac), ai 40 per un ecolordoppler, ai 45 per una colonscopia con endoscopio flessibile, mentre 50 minuti sono assegnati agli esami di risonanza magnetica. Solo due esami scendono sotto la soglia dei 20 minuti: l’elettromiografia semplice a cui possono essere dedicati al massimo 5 minuti di orologio, e 15 per l’elettrocardiogramma semplice. L’intento della Regione appare dettato dalla voglia di razionalizzazione nell’uso di tempo e macchine da parte dei medici e questo al fine anche di abbattere le liste di attesa. Si vorrebbe evitare insomma che ognuno continuasse a fare come meglio crede con il risultato per esempio che al Gemelli l'impianto Pet fa circa 18 esami al giorno, quelli installati negli ospedali regionali invece spesso nemmeno un terzo, con il risultato che poi i cittadini per ottenere risposta e prestazione vanno fuori regione.

Insomma la “ratio” del provvedimento è lodevole, ma nondimeno la guerra è un dato di fatto: “Un provvedimento inapplicabile e seriamente pericoloso per la salute dei cittadini, che va anche contro la deontologia medica”. Così Renato Andrich, delegato del segretario Regionale Cimo Lazio, contesta duramente il Decreto del Commissario ad Acta dello scorso 28 giugno e chiede al presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, di “ritirarlo subito e concordare con le organizzazioni sindacali dei medici delle misure più corrette ed efficaci”.

“La professione medica – accusa Alleanza per la professione medica (che riunisce Andi, Anpo Ascoti Fials Medici, Cimo, Cimop, Fesmed, Fimmg, Fimp, Sbv e Sumai) - non può essere trasformata in una catena di montaggio dell’industria metalmeccanica. Il medico deve avere il ‘tempo’ di ascoltare il paziente”. “Non si può fare un’elettromiografia semplice in 5 minuti – attacca Antonio Magi segretario del Sumai Assoprof (sindacato dei medici specialistici) - o prevedere che una visita oncologica ne duri 20 quando c’è da considerare l’aspetto umano, empatico e dell’ascolto del paziente”. La Regione ha incassato le critiche ma siccome non vuole lo scontro ha promesso di aprire un tavolo di confronto. In questo caso il “tempario” non è ancora noto.

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