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Fisco e Dintorni
Chiusura agevolata delle cause col Fisco: tanta confusione

La definizione agevolata delle controversie col Fisco non diminuirà il contenzioso. Per come è congegnata la norma il contribuente sarà costretto non solo a presentare la richiesta di definizione e a pagare quanto richiesto dal condono ma dovrà pure proporre appello.

Ciò è quanto emerso dal convegno tenutosi a Milano nei giorni scorsi organizzato da MilanoPercorsi – rivolto ai dottori commercialisti lombardi – e che ha avuto come relatori la Dott.ssa Donatella Dragone, nota fiscalista milanese e l’Avvocato cassazionista Matteo Sances

Abbiamo contattato i relatori per comprendere meglio e soprattutto per chiedere le loro impressioni in merito alla recente circolare dell’Agenzia delle Entrate proprio sulla chiusura agevolata delle controversie tributarie (circ. n.6/E/2019 del 1° aprile 2019).

Allora Avv. Sances, può spiegarci qual è il problema legato alla chiusura agevolata delle cause fiscali?

Il decreto legge n.119/2018, chiamato “Pace Fiscale”, ha previsto varie tipologie di sanatorie fiscali come ad esempio la rottamazione dei debiti affidati al concessionario (detta anche rottamazione delle cartelle o RottamazioneTer) e l’adesione agli avvisi di accertamento fiscali.

Tra le varie misure vi è anche la “Definizione agevolata delle controversie tributarie” prevista dall’articolo 6 del decreto che nelle intenzioni del Legislatore ha la finalità di chiudere le cause col Fisco senza pagare sanzioni e –  a seconda dei casi e del grado della causa – di versare solo una parte dei tributi oggetto di controversia. Presupposto per poter aderire a tale istituto, dunque, è che la causa sia ancora pendente alla data di entrata in vigore del presente decreto, ossia al 24 ottobre 2018.

Ebbene, per poter consentire al contribuente di valutare l’opportunità di tale istituto oppure proseguire con la causa, il comma 11 dell’articolo 6 prevede che “Per le controversie definibili sono sospesi per nove mesi i termini di impugnazione … che scadono tra la data di entrata in vigore del presente decreto e il 31 luglio 2019”.

Ciò vuol dire che se ad esempio il contribuente ha una causa contro il Fisco e ha ricevuto una sentenza che ha accolto solo parzialmente le sue richieste (o le ha rigettate in toto) e dunque intende fare appello, avrà a disposizione oltre ai 6 mesi ordinari previsti dal codice di procedura civile altri 9 mesi ma nel frattempo può decidere anche di abbandonare la causa e definire in maniera agevolata la controversia presentando la richiesta e pagando il dovuto entro il 31 maggio 2019. Una volta aver presentato la richiesta e proceduto col pagamento per la definizione, il contribuente però non ha ancora la certezza di aver chiuso i conti col Fisco poiché l’Agenzia delle Entrate ha tempo fino al 31 luglio 2020 per negare la definizione.

A questo punto occorre fare un esempio per capire quanto sia paradossale tale normativa.

Poniamo che il Sig. Bianchi abbia ricevuto una sentenza a fine gennaio e che normalmente avrebbe termine fino al 31 luglio 2019 per fare appello (6 mesi). Ovviamente, per effetto del presente decreto si sommano ulteriori 9 mesi e quindi la sentenza si potrà appellare entro il 30 aprile 2020.

Se dunque il Sig. Bianchi decidesse di aderire alla chiusura agevolata della lite, egli dovrà presentare la richiesta e pagare quanto dovuto (o comunque la prima rata) entro il 31 maggio 2019 e si troverà inevitabilmente in una di queste due situazioni:

1.    Potrebbe ricevere il diniego della definizione entro il 30 aprile 2020 e dunque sarà costretto a continuare il contenzioso, proponendo l’appello, pur avendo già pagato quanto previsto dal condono;

2.    Potrebbe non ricevere nulla ma sarà costretto comunque a proporre appello entro il 30 aprile 2020 al fine di evitare di ritrovarsi con la sentenza non più impugnabile e con il rischio di ricevere il diniego (che potrebbe arrivare entro il 31 luglio 2020).

Ora mi chiedo quale convenienza possa avere un provvedimento del genere che costringe comunque il contribuente a continuare il processo con ulteriori aggravi di spese e incombenti.

Dott.ssa Dragone, la circolare dell’Agenzia delle Entrate è servita a fare chiarezza?

Non del tutto purtroppo. Oltre alla mancata chiarezza in merito agli atti del Fisco che possono rientrare o meno nella definizione agevolata, sia io che l’Avvocato Sances nutriamo forti dubbi in merito alle modalità di perfezionamento di questa tipologia di condono. Ovviamente tale aspetto è molto importante perché se ad esempio una causa da 100.000 euro (comprensiva di interessi e sanzioni) viene definita dal contribuente in maniera agevolata con un importo ridotto a 40.000 euro e tale condono risulta perfezionato, il Fisco potrà pretendere solo la somma ridotta. 

Secondo il comma 6 dell’articolo 6 del decreto, infatti, tale istituto si perfeziona con la presentazione della domanda di definizione e con il pagamento degli importi dovuti oppure col pagamento della prima rata (se si decide di pagare in maniera rateale) entro il 31 maggio 2019.

Ebbene – nonostante il tenore letterale della norma sia chiaro – la circolare risulta ambigua su questo punto, tanto è vero che a pagina 49, nel paragrafo intitolato “DINIEGO DELLA DEFINIZIONE”, troviamo che per la definizione del condono l’Ufficio dovrà verificare una serie di condizioni tra cui “la tempestività dei pagamenti”, facendo intendere dunque che il mancato pagamento di tutte le rate porterà al diniego del condono anche se ciò non è previsto dalla norma.

Questi e altri aspetti non aiutano certamente il contribuente a valutare con serenità se aderire o meno; proprio per questo motivo abbiamo deciso, insieme al Direttore scientifico di MilanoPercorsi, il Dott. Marcello Guadalupi, di riproporre a breve l’incontro per consentire un maggiore confronto tra noi professionisti, in modo da tutelare al meglio i contribuenti.

Che dire….Alla luce di quanto emerso non ci resta che augurarci nuovi chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate.

 

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    Tags:
    #condono #fisco #chiusuraagevolata





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