Rateazione del fisco illegittima se sulle sanzioni si applicano gli interessi
Sulle sanzioni tributarie il Fisco non può applicare gli interessi; tale principio vale anche in caso di rateazione del debito tributario ad opera del concessionario della riscossione.
Ciò è quanto ha chiarito la Corte di Cassazione – Sez. tributaria – che, con la recente ordinanza n.16533 del 22 giugno 2018 (liberamente visibile su www.studiolegalesances.it – sez. Documenti), ha rigettato il ricorso proposto dall’Agente della riscossione il quale sosteneva la legittima applicazione degli interessi anche sulle somme relative a sanzioni fiscali a seguito di rateazione concessa al contribuente.
Secondo il concessionario, infatti, a seguito della concessione della rateazione di tutto il debito tributario – e dunque anche delle sanzioni – si dovevano applicare sia gli interessi di dilazione (previsti dall’art. 21 del D.P.R. n.602/73) che gli interessi di mora (individuati dall’art. 30 del DPR n.602/73).
Ma veniamo ai fatti.
La contribuente, nel caso in questione una società per azioni, dapprima richiedeva la rateazione delle pretese tributarie relative a 14 cartelle esattoriali ma successivamente – ossia dopo aver preso visione della dilazione concessa – impugnava il predetto provvedimento poiché riteneva fosse stato emesso in violazione dell’art. 2, comma 3, D.Lgs. n.472/97 il quale stabilisce che “La somma irrogata a titolo di sanzione NON produce interessi”.
I giudici, dunque, con la presente pronuncia accolgono la tesi della contribuente e contraddicono la posizione sostenuta dal concessionario della riscossione, il quale, da parte sua, ha sempre sostenuto la legittimità di queste ulteriori somme addossate sui contribuenti.
Ricapitolando, dunque, da una parte troviamo la posizione del concessionario che da sempre sostiene l’interpretazione estensiva dell’art. 21 del D.P.R. n.602/73 secondo cui “Sulle somme il cui pagamento è stato rateizzato … si applicano gli interessi al tasso del sei per cento annuo” (ricomprendendo anche le sanzioni), dall’altra la posizione della contribuente che invece chiede l’applicazione del già citato art. 2, comma 3, D.Lgs. n.472/97.
I giudici della Suprema Corte con questa pronuncia hanno finalmente chiarito – si spera una volta per tutte – che il comportamento dell’esattore è illegittimo atteso che “Il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 2, comma 3 deve considerarsi, difatti, norma "eccezionale" che prevale sulla regola generale in base al famoso brocardo latino "lex specialis derogat generali"; ne consegue che, in caso di rateizzazione, sulle sanzioni non sono dovuti gli interessi di mora”.
Alla luce di ciò, i contribuenti sono chiamati a verificare la legittimità delle somme richieste dal Fisco anche in caso di rateazione del debito tributario (Nb: è importante far presente come anche le pretese contributive Inps devono essere sempre esaminate con attenzione dai contribuenti, in quanto l’art. 27 del Dlgs n.46/99 esclude anche in questo caso l’applicazione degli interessi di mora).
Avv. Matteo Sances
Dott. Carlo Mormando
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