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Welfare salute e comunicazione
Delitto Noemi, perché servono rieducazione e vero welfare sociale
Noemi poteva ancora essere tra noi, se solo avessimo ascoltato ciò che ella esternava. Il recente fatto di omicidio di genere, che riguarda due minorenni, rende ancora più inquietante la riflessione che in molti già emerge. Di fatto, un diciassettenne ha ucciso, pare con coltello ed a colpi di pietra la sua giovane fidanzata ( lo preferisco a " fidanzatina" che offre l'immagine di qualcosa di piccolo) trascinando poi il suo corpo dietro il dosso. E' stato l'epilogo tragico di un rapporto acerbo, immaturo, ma già segnato da violenza, botte e vessazioni. Noemi, appena 16 anni, è morta così, massacrata nelle campagne pugliesi, in mezzo ad un uliveto dove era arrivata nell'auto assieme al suo ragazzo. Forse voleva lasciarlo, forse Noemi era stanca dei continui attacchi di gelosia e violenze fisiche e verbali, tanto da uscire di casa all'alba, forse dietro la richiesta di chiarimenti, senza portare niente di personale con sè. Nè il cellulare, nè soldi, neppure la borsa. Certamente non era sua intenzione passare la mattinata con il ragazzo, alle 5 di mattina di una Domenica, giorno di festa. Il ragazzo, probabilmente, l'ha invitata ad un incontro, come sempre avviene, un ultimo momento per salutarsi o per convincerla a continuare. Salita all'alba sulla 500 di proprietà della famiglia del giovane, assieme si sono diretti verso la campagna, dove poi è avvenuto il delitto efferato. Si era pensato ad una fuga, ma qualcosa non tornava , non si scappa da casa senza oggetti personali. Infatti, dopo essere stato ascoltato più volte, alla fine il ragazzo ha confessato " L'ho uccisa io", ha detto. Il ragazzo era ben noto per le aggressioni alla ragazza, tanto che la madre di Noemi si era recata in caserma a denunciarlo " ma non è stato fatto nulla" dichiara. Eppure i segni delle percosse erano ven visibili sul volto della giovane donna, ma nessun divieto di avvicinarsi alla sedicenne è stato emesso. Nessun provvedimento cautelare nonostante il minorenne fosse conosciuto come problematico, in cura al Sert per uso di droghe leggere, ed aveva subito tre trattamenti sanitari obbligatori, detti TSO, in un anno ed avesse qualche guaio con la giustizia. 
 
Cosa è accaduto, nei fatti, non possiamo saperlo esattamente se non dal racconto del ragazzo, in queste ore. Ciò che sicuramente sappiamo è che si tratta di un ennesimo femminicidio annunciato, per il quale ha certamente responsabilità non solo l'artefice primo, ma tutti gli attori di questa tragedia.
 
Perchè non si può pensare che una famiglia, un padre, possa arrivare a proteggere un figlio che si macchia di un delitto simile, a tal punto da non rendersi conto che occorre, invece, aiutarlo davvero nel curarsi, nel cambiare se stesso e domare questa aggressività incontrollata, forse per l'uso di sostanze psicotrope. No, al contrario. Si danno le colpe alla ragazza, dichiarando che fosse lei il problema di suo figlio. Dopo la denuncia della madre di Noemi, per la quale si era addirittura instillato odio tra le famiglie, sono partite due procedimenti. Uno penale per violenza privata, l'altro civile, per verificare il contesto familiare in cui viveva questo ragazzo, per capire se ci fossero situazioni "limite " o azioni in corso atte a porre fine alla sua indole così violenta.
 
"Era possessivo e geloso. Non voleva che Noemi parlasse con altre persone, la picchiava sempre. Lei era andata in caserma a farsi vedere il volto tumefatto ma non è stato fatto nulla" queste le affermazioni di un cugino che denuncia di fatto una negligenza da parte di chi dovrebbe tutelare i cittadini. Oggi è lutto cittadino, come se bastasse una bandiera a mezz'asta oppure un bel discorso del Sindaco a riportare tra noi Noemi, una ragazza di 16 anni che non meritava di morire.
 
"Un cancro" così la definisce Biagio Marzo, il padre dell'omicida, oggi indagato per concorso in omicidio con il figlio. Come se non bastasse già la morte ad offenderla, lo aveva fato lui, giorni fa scrivendo sotto un post della ragazza sulla sua pagina Facebook, dove essa dichiarava il suo fidanzamento con il figlio. Forse non era benvoluta dalla famiglia Marzo, forse troppo bella, troppo esuberante, come i giovani spesso sono, o forse il ragazzo ( e così si spiegherebbero molte cose) fa parte di una famiglia problematica che gli ha sempre permesso di comportarsi come ha fatto sempre, senza porre mai limiti nè confini?
 
Una famiglia aggressiva non può che produrre figli altrettanto simili, questo è la scienza che lo dice. Modelli di vita sbagliati e troppa protezione, alla fine, fanno male. Questo ne è l'esempio lampante. Forse se questo ragazzo fosse stato preso in cura adeguatamente, con protocolli adeguati, da un sistema di welfare davvero efficiente, oggi Noemi sarebbe ancora viva e non saremo qui a leggere queste righe. E se le Istituzioni preposte fossero più celeri ed attente, tutelando davvero chi si rivolge loro per aiuto, e non sottovalutando il problema, forse inizieremo a cambiare. Un dato che emerge, inquietante è che la famiglia, la prima agenzia educativa, non esiste più. Non è, nella larga parte dei casi, presente e formativa, non impone regole e comportamenti, è lassista. Ed i figli crescono, non sappiamo come, ma diventano grandi a loro modo, grandi solo sulla carta d'identità però, ma piccoli e mai cresciuti dentro. La famiglia è l'unica deputata a crescere i propri figli, spesso lo dimentichiamo, spesso pensiamo di essere troppo duri e severi, abbiamo paura ad imporci, di non essere più amati, rispettati, e così concediamo. E' un danno enorme, non a noi genitori, ma a loro, i nostri ragazzi, che così non conoscono i limiti del vivere e crescono pensando di avere diritto a tutto ciò desiderano solo battendo i piedi. Ed ecco che si arriva anche a picchiare, se non si ottiene, pensioni i genitori ( quante volte lo abbiamo visto?) ed anche ad uccidere, come in questo caso, se si viene lasciati. I No aiutano a crescere, ed a far sì che il rispetto venga messo al primo posto, non ( forse, ad andare bene) all'ultimo scalino valoriale. 
 
Questo doloroso ed ennesimo fatto di cronaca, dovrebbe far davvero riflettere su quanto ancora ci sia da fare per contrastare la violenza, ma ancor di più quanto la società non ascolti, non legga le richieste di aiuto e si volti da un'altra parte. 
 
Uscito dalla caserma ilragazzo, di cui non si fa il nome perchè minorenne, con il cappuccio della felpa sulla testa ha sorriso con provocazione,  sfidando la gente che si era assiepata davanti, in attesa. La folla inneggia al linciaggio, inevitabile reazione di fronte a chi uccide senza pietà. 
 
Siamo una civiltà progredita, e pur guardando il volto di scherno di questo ragazzo, pur leggendo da fonti giornalistiche che la sua idea era quella di sterminare tutta la sua famiglia, non solo la ragazza, dobbiamo rimanere umani. L'umano è aggressivo per natura, " homo homini lupus" non l'ha inventato qualche titolista arguto, e la dice lunga sulla nostra natura. Ma l'uomo, pur avendo radici animali, ha la ragione, l'intelletto, la coscienza dalla sua, quando riesce a gestire i propri istinti. Ed è cio che dobbiamo tutti fare, anche in queste tragedie dolorose, quello di affidare alla giustizia il compito di condanna e possibilmente di rieducazione, perchè questo è il percorso in un paese dicasi civile. Lo so, fa male, ed è difficile rimanere su questo piano, ma si deve.
 
"Sulla pagina di Noemi ancora si legge   " Chi ti ama non ti fa male…..", basta questa breve frase per far capire a tutti che occorre porre attenzione alle qualità delle relazioni" dice la D.ssa Sabrina Ulivi, psicoterapeuta e master in psiconeuroimmunologia, di Pistoia "Oggi l'aggressività è in aumento per vari motivi, anche di incertezza sociale ed economica, e quando si vive un tempo nel quale le relazioni umane passano in ultimo piano rispetto all'individualismo sfrenato, alla mancanza di regole, di educazione, di famiglie, distratte e spesso più tese a preservare se stesse che i propri ed importanti compiti, e non c'è un paracadute sociale idoneo a tutelare i più deboli, questo accade. E' inevitabile. Possiamo pensare a tutte le buone prassi di prevenzione, di contrasto alla violenza e di supporto, che vogliamo e con i migliori professionisti, ma se manca la base, il ritorno alla cristianità, al valore della coesione sociale, al rispetto……del proprio prossimo, tutto sarà vano- e continua- Ogni giorno per la mia professione, incontro persone, donne e uomini, ragazzi e ragazze, e quello che trovo spesso dentro loro è una grande solitudine. Il grande senso di smarrimento che li invade, la mancanza di un punto di riferimento importante, per gli adolescenti, come è la famiglia, qualunque sia, ma con dei ruoli ben chiari, che da una parte la si può " odiare" (tra virgolette in senso bonario), perchè impone regole, ma dall'altra, la si ama fortemente, e se ne ha necessità, proprio per questo. Ripartire dall'ascolto, dalla famiglia, dalla scuola, le due prime agenzie formative, potrebbe destinare ai nostri figli un futuro decisamente migliore. Facciamolo, tutti"
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