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Il Sociale
“Oro rosso”, mostra sulle braccianti sfruttate e molestate nei campi

Per due anni Stefania Prandi ha cercato le testimonianze di lavoratrici che raccolgono e confezionano la frutta e gli ortaggi in alcune zone di Italia, Spagna e Marocco. Le ha fotografate, ma non sempre è stato possibile ritrarle nella loro quotidianità, perché per molte di loro essere scoperte a parlare con la giornalista e fotografa italiana avrebbe potuto mettere a rischio il rapporto di lavoro. Ora le immagini e le parole raccolte nei campi sono visibili a tutti in una mostra itinerante che si chiama “Oro rosso”, come il libro-reportage (“Oro rosso. Fragole, pomodori, molestie e sfruttamento nel Mediterraneo”, edizioni settenove) in cui l'autrice ha ricucito tutte insieme le voci delle braccianti. A Bologna è iniziato un percorso espositivo a tappe all’interno dei centri commerciali Coop. “Il progetto ha avuto varie tappe di finanziamento – racconta la giornalista – Avevo esigenza di stampare le foto e Coop si è fatta avanti nell’ambito di ‘Buoni e giusti’ (una campagna che sostiene la lotta al lavoro nero e al caporalato, ndr), proponendomi anche di allestire la mostra nei suoi centri commerciali. L'idea è di esporre le persone che vanno a far la spesa a un tema sottaciuto, che va dallo sfruttamento delle donne immigrate alla violenza sessuale nei loro confronti. Si parla sempre di caporalato al maschile, non era mai stato fatto un lavoro approfondito sulle braccianti e sulle violenze a cui sono sottoposte. Ma questa violenza sulle donne nei campi diventa paradigmatica, perché i meccanismi sono simili a quelle che avvengono in altri ambiti di lavoro”. 

L’oro rosso sono i pomodori in Sicilia e in Puglia, i frutti rossi nella Spagna del sud... un patrimonio per questi territori, che in alcuni casi, come a Palos, nella provincia spagnola di Huelva, racconta Prandi, è visibile nel borgo, ma è l’effetto di una ricchezza che non è stata redistribuita equamente, perché da essa non traggono vantaggio le braccianti. “Trecentomila tonnellate di fragole e frutti rossi su 10 mila ettari producono un fatturato di 320 milioni all'anno”, riferisce la giornalista, sottolineando che a Huelva è stato difficile anche raccogliere informazioni economiche. “Se c’è un’attività che funziona si deve produrre senza rompere le scatole”, è l’idea di fondo che la reporter ha intuito e denuncia, “ma bisogna produrre rispettando i diritti umani”, conclude. Non è sempre stato facile raggiungere le braccianti, ma “non è vero che le donne non vogliono parlare. Per esempio, in Marocco la gente parla più liberamente. In Puglia c’è una tradizione di lotte che ancora oggi si avverte, anche nella fase in cui siamo di erosione dei diritti sul lavoro”. Anche a Vittoria, in Sicilia, e a Huelva, nel sud della Spagna, messe nelle condizioni giuste, la reporter ha riscontrato che le donne sfruttate, molestate e stuprate avevano voglia di parlare: “Per loro è una prima forma per ottenere giustizia. Mi ha stupito”. 

“Tranne poche eccezioni, di base le donne sono lasciate da sole”. Dopo una iniziale difficoltà, nelle campagne siciliane è riuscita a entrare in contatto con le braccianti grazie a un operatore sociale, conosciuto tramite un’associazione. “Le ha interpellate con molto riguardo. Alla fine hanno accettato di incontrarmi. Quando chiedevo loro se avevano subito molestie, violenze, non erano stupite”. Le donne intervistate hanno reagito in modi diversi alle violenze. “C’è chi se ne va col compagno in un’altra serra. C’è chi non può perché è isolata, come una donna romena che viveva coi due figli, senza auto, in mezzo alla campagna; per due anni ha subito stupri e l’ha anche denunciato, ma per ora senza avere giustizia. Poi ci sono quelle che spingono via ‘i padroni’, come li chiamano, quando le molestano, e dopo perdono il posto”. 

Avvicinare le donne in maniera per loro sicura, per non esporle a ulteriori soprusi, è stato meno difficile in Puglia, “grazie alla mediazione della Cgil”. In Spagna Prandi si è fatta accompagnare da un sindacalista e da una mediatrice di lingua araba, ma le interviste e le foto sono state fatte lontano dai campi. “Ero partita dalla Sicilia per fare un lavoro fotografico. Lì ho visto l’orrore, confermato da altri colleghi. Ho iniziato a fare una ricerca”. Forte anche dei suoi studi sulle questioni di genere, Prandi voleva “intercettare nell’area del Mediterraneo le regioni con un’agricoltura  massiva destinata all’esportazione e caratterizzate da un bracciantato prevalentemente femminile”. Ha trovato una realtà in cui le donne “vengono pagate anche 10 euro al giorno in meno degli uomini. Sono più remissive, non per indole, ma per le condizioni di sfruttamento e violenza in cui si trovano. Spesso sono ragazze madri, donne separate, con un carico familiare sulle spalle e senza uomini che le proteggono, in aree dove prevale una cultura sessista che condiziona la capacità di indipendenza e di emancipazione femminile”. 

Dall’inchiesta emerge che “la violenza, le molestie, il ricatto, lo stupro sul lavoro in Italia sono ancora un tabù. Questo impedisce che ci sia una formazione adeguata anche per gli operatori attivi nelle associazioni e nei sindacati, che quindi faticano a riconoscere il fenomeno”. A questo si aggiunge “un'omertà generalizzata su un potere che fa comodo a tanti”. Il primo a denunciare i cosiddetti festini agricoli è stato Beniamino Sacco, parroco di Vittoria, insospettito dalle tante braccianti straniere incinte di cui gli veniva chiesto di prendersi cura. “Una donna polacca, a Huelva, mi raccontava che questi proprietari hanno abbastanza soldi per fare sesso a pagamento, ma non vogliono pagare perché si sentono dei piccoli re e tutto nel loro territorio gli deve appartenere”. 

Fino al primo giugno “Oro rosso” si potrà vedere a Bologna al Centro Lame in via marco Polo 3. L’1 giugno verrà allestita e presentata alla Coop Corticella e il 14 giugno alla Coop Repubblica, dove resterà fino al 27 giugno. (Benedetta Aledda)

Fonte: Redattore Sociale

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braccianti





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