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Il Sociale
Save Our Souls, i giubbotti di salvataggio diventano rifugio per i profughi

“Siamo tutti coinvolti. Il dramma dei migranti non può lasciare nessuno indifferente”. Achilleas Souras ha 15 anni. È nato a Londra, ma ha vissuto anche a New York e Atene. Attualmente vive a Barcellona, dove frequenta la Scuola americana. “Ho avuto l’enorme fortuna di vivere in Stati diversi, e di essere esposto a tante culture differenti. Anche il mio background è sfaccettato: le mie origini affondano le radici in Austria, Inghilterra, Grecia, Italia e Thailandia”. Appassionato di basket, letteratura, storia e fisica, ha scelto di lavorare sul tema dell’accoglienza dei profughi creando “SOS”, acronimo di “Save Our Souls”, un progetto per recuperare i giubbotti di salvataggio dei migranti. In pratica, li trasforma – riassemblandoli grazie a strappi in velcro – in tende termiche a forma di igloo, una sorta di rifugio modulare, a seconda delle esigenze e dello spazio a disposizione.

L’idea nasce dalla passione del ragazzo per i lego, con cui sin da piccolo giocava: “Gioco con i mattoncini colorati da quando ne ho memoria: la nostra casa ne era piena. Se c’era una crepa o un buchetto da qualche parte, io lo riempivo con un mattoncino. Ricordo quando, insieme con mio fratello, costruivamo le navicelle spaziali di Guerre Stellari: la mia immaginazione ha superato in fretta le pagine del libretto d’istruzioni. Sono nate così le mie prime creazioni”. E, dagli incastri dei lego a quelli dei giubbotti di salvataggio, il passo è stato breve. “Ho deciso di chiamare il progetto “Save Our Souls” (salva le nostre anime), perché l’SOS è un segnale internazionale di pericolo, emergenza, soprattutto se viene dal mare. SOS è un appello urgente di aiuto. E anche l’avere scelto di specificare, nel nome per esteso, l’aggettivo “nostre”, sta a indicare la connessione di tutti, indipendentemente dalle nostre origini. Un pianto per chiedere aiuto, ma anche unità e solidarietà”.

Usare i giubbotti di salvataggio, spiega Achilleas, è stata una scelta potente, d’impatto: “Vederli abbandonati sulle spiagge è straziante, e prendendoli in mano si sente tutto il peso della vita e del viaggio di chi li ha indossati: qualcuno è vivo, qualcun altro è morto. Ma ognuno di essi rappresenta un essere umano: è giusto concentrarsi su questo passaggio, mentre ci si fa sempre poca attenzione. Così ho penato che, se i giubbotti sono in grado di offrire una protezione in mare, forse potevano farlo anche sulla terraferma. Mi piace capire quali altre forme d’utilizzo possa avere un oggetto nato con uno scopo preciso”. Grazie al progetto RefugArt, l’American School di Barcellona si è fatta spedire dall’isola greca di Lesbo i life jackets necessari (in questi mesi sull’isola se ne sono accumulati 450 mila), e a ogni studente è stato dato il compito di studiare un progetto che li mettesse al centro, con l’obiettivo di creare consapevolezza sul fenomeno migratorio. “Mi è sempre piaciuto occuparmi di qualcosa dall’inizio alla fine, dalla progettazione alla realizzazione: così, mettendo insieme tutti questi ingredienti è nata l’idea di fare un igloo – spiega –. L’igloo può essere utilizzato come primissima accoglienza, protegge anche dalla pioggia”. Durante la realizzazione, Achilleas ha anche realizzato un video.

Il progetto, specifica, ha anche una valenza artistica (al momento è esposto al Museo Marittimo di Barcellona, e la versione digitale e alla Saatchi Gallery di Londra). L’esterno è colorato (i giubbotti sono fluorescenti), l’interno è buio. “I colori dell’esterno rappresentano il nostro modo, superficiale, di vedere le cose, fermandoci all’apparenza, limitandoci a quello che dicono la rete e i mass media. Il buio dell’interno, l’odore del mare, è la drammatica realtà”. “SOS”, a oggi, necessita ancora di qualche modifica, perché all’interno fa o troppo caldo o troppo freddo, ma siamo solo all’inizio, e Achilleas ha solo 15 anni: “Non mollo, non voglio restare solo nel campo del design. Ci metterò tutto l’impegno di cui sono capace. Lo migliorerò, in attesa che anche tutto il sistema dell’accoglienza internazionale faccia vigorosi e necessari passi in avanti”.

Fonte: Redattore Sociale

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