Con un’incidenza di 1.5 casi per milione di persone l’anno, l’emofilia A acquisita rappresenta una rarità tra le stesse malattie rare cui è dedicata la giornata odierna (Rare Disease Day – www.rarediseaseday.org) e tante campagne di sensibilizzazione tra cui #UniamoLaVoce promossa dalla Federazione Italiana Malattie Rare - Uniamo (www.uniamo.org).
Un approfondimento su Emofilia A acquisita
L’emofilia A acquisita è un raro disturbo della coagulazione potenzialmente pericoloso per la vita in quanto caratterizzato da gravi episodi di sanguinamento che colpisce prevalentemente persone anziane, a volte in associazione ad altre patologie autoimmuni o tumorali, e talvolta pure donne nel post-partum. La malattia è causata dallo sviluppo di auto-anticorpi, denominati ‘inibitori’, diretto contro il cosiddetto fattore VIII (FVIII), impedendo quindi il processo di coagulazione del sangue in cui interviene questa proteina .
Rara e pericolosa
Statisticamente, si potrebbero registrare 90 casi l’anno di emofilia A acquisita in Italia data la popolazione del nostro Paese e l’incidenza della patologia; tuttavia, tale malattia non sempre viene riconosciuta né diagnosticata per tempo portando ad un tasso di mortalità che va dal 3% al 22%: la divergenza delle fonti ne ribadisce la scarsa osservabilità data sia dalla sua rarità che dalla sua “imprevedibilità”. Ciò è principalmente dovuto al fatto che l’insorgenza della malattia avviene in contesti e condizioni generalmente non prevedibili, cogliendo impreparati i clinici che talvolta operano in strutture dove non è presente personale specializzato in ematologia – ovvero, l’ambito medico dedicato alle malattie del sangue– in grado quanto di diagnosticare l’emofilia A acquisita quanto di trattarla.
I trattamenti
Quando ciò fortunatamente avviene, la terapia deve mirare al controllo del sanguinamento quanto all’eradicazione dell’inibitore del fattore VIII: fin tanto che ciò non avviene il paziente rimane esposto al rischio emorragico. Ad oggi, il trattamento dei sanguinamenti nei pazienti con emofilia A acquisita prevede l’utilizzo clinico degli agenti bypassanti,che però, solo in maniera subottimale, garantiscono una risposta emostatica. Inoltre, la somministrazione di tali agenti avviene in maniera empirica e non su un dosaggio clinicamente definito e misurabile in base all’obiettivo terapeutico (livello di fattore FVIII nel sangue), portando a risultati variabili sia sul profilo dell’efficacia (risoluzione del sanguinamento) che della sicurezza (ad esempio, rischio di eventi tromboembolici).
Per tanto, esiste la necessità di poter trattare l’emofilia A acquisita con una terapia di sostituzione, ovvero direttamente con il FVIII, ma che non sia sensibile all’attività degli inibitori del FVIII umano e che permetta di misurare e monitorare I livelli di FVIII, identificare la risposta al trattamento e l’aggiustamento della dose, per tanto riducendo le problematiche legate alla sicurezza - quale il rischio di eventi tromboembolici - e ottimizzando il consumo del prodotto curante e i relativi costi. Questa “formula magica” permetterebbe di personalizzare il trattamento dell’emofilia A acquisita caso per caso, per quanto raro questo sia.