James Pallotta vuole far chiudere le radio romane
James Pallotta minaccia la stampa
James Pallotta, presidente della AS Roma, è stata sempre una figura controversa nel pur difficile panorama calcistico romano.
Da quando ha preso la guida della società nel lontano 2012 non ha vinto niente, zero tituli, direbbe qualcuno, illudendo i tifosi ed una intera città.
Cambio vorticoso di allenatori, risultati alla fine deludenti ed irritanti, vendita dei gioielli di famiglia, cioè dei giocatori più rappresentativi e promettenti in nome del facile scudo del fair play finanziario e rapporto pessimo con la stampa e spesso con i tifosi.
L’ultima del Presidente sul mondo dei media è questa: “A Roma ci sono nove radio, ne ho mandate in bancarotta due, me ne mancano sette", una minaccia che si stenta a credere vera eppure lo è:
Mai si erano visti toni così accesi contro chi fa il proprio lavoro di informazione.
Ma cosa ha provocato tanta ira del patron d’oltreoceano di origini italiane?
La risposta è facile: non accetta le critiche che gli sono rivolte dal mondo dei media.
E questo desta ancor maggior sorpresa per un americano che sta in un Paese in cui vige il famoso primo Emendamento sulla libertà di espressione.
Le parole pronunciate da Pallotta sono veramente infelici e mettono a repentaglio quella libertà di informazione su cui si basa la democrazia.
Pallotta, durante la recente trasferta del dg Monchi a Boston, ha naturalmente parlato dello Stadio della Roma che sembra la sola cosa che veramente gli interessi. Dati i risultati scarsi finora ottenuti e soprattutto la vendita dei pezzi migliori ai concorrenti, a Roma ci si chiede se lo scopo del presidente Pallotta non sia stato fin dall’inizio solo quello di costruire lo Stadio, oltretutto in un’area privata a Tor di Valle non adeguata dal punto di vista idrogeologico e infrastrutturale.
Pallotta, nell’ultima esternazione, ha avuto anche deliri mistici con il Papa che dovrebbe inaugurare la struttura (e magari, aggiungo io, tirare pure un calcio di rigore).
Nel frattempo James si dà alla intelligenza artificiale con software e diavolerie yankee che dovrebbero scovare i “nuovi Totti”, come lui stesso ha dichiarato.
Ci permettiamo un consiglio al Presidente, in Italia serve fiuto e competenza e piuttosto che affidarsi all’intelligenza artificiale basterebbe quella umana.
La ciliegina sulla torta è, come al solito, del sindaco Virginia Raggi, che da pasionaria anti-Stadio quando stava all’opposizione ora ne è divenuta accesa sostenitrice.