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Huntington, malattia degli "indemoniati": studio mondiale con team italiano
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Huntington, malattia degli "indemoniati":  studio mondiale con un team italiano

Huntington, viene anche definita la malattia degli "indemoniati" proprio perchè nel Medioevo chi ne era colpito veniva considerato "indemoniato".

Huntington, Neuromed a 'Enroll-Hd' più grande studio al mondo sulla malattia degli indemoniati

Le persone con Corea di Huntington soffrono di una grave e rara condizione genetica neurodegenerativa che colpisce la coordinazione dei movimenti e porta a un inarrestabile declino neurologico. Ora per chi soffre di questa patologia si aprono nuove speranze legate alle ricerca. Il centro di Neurogenetica e malattie rare dell'Irccs Neuromed di Pozzilli (Isernia) è stato selezionato per partecipare a 'Enroll-Hd', lo studio osservazionale più grande al mondo sulla malattia, che si rivolge all'intero nucleo familiare di un paziente e lo segue regolarmente nel corso degli anni e delle generazioni.

Huntington, malattia degli "indemoniati": 6 mila persone colpite in Italia

In Italia l'Huntington è una patologia che interessa 6 mila persone, mentre 18 mila sono a rischio di ereditarla. 

Huntington, malattia degli "indemoniati". Le parole degli esperti in vista dello studio mondiale

«Enroll-Hd - spiega Alba Di Pardo, specialista in Genetica medica del Centro malattie rare e coordinatrice dello studio per il Neuromed - vede coinvolti scienziati di tutto il mondo e ha come obiettivo quello di realizzare un panorama completo di questa patologia. È uno studio osservazionale che segue da vicino le persone che hanno la mutazione genetica responsabile della malattia, ma anche quelle che, pur essendo a rischio (come i figli di un malato), non presentano la mutazione». «Allo studio potranno partecipare anche tutti i soggetti a rischio che non hanno voluto ancora o potuto sottoporsi al test genetico, per i quali quindi non sappiamo se svilupperanno la malattia in futuro. Far parte di questa ricerca mondiale - aggiunge Di Pardo - per noi è un motivo di orgoglio e una testimonianza del fatto che l'Irccs Neuromed si conferma un centro di eccellenza per le malattie rare».

«Essere stati selezionati a partecipare a uno studio di questa portata -sottolinea Stefano Ruggieri, responsabile del Centro malattie rare - è un grande risultato per il nostro Istituto, con l'auspicio che questo possa consentirci in futuro di partecipare a sperimentazioni farmacologiche su questa malattia, a tutto vantaggio dei pazienti. Si tratta di un riconoscimento che non soltanto ci dice che possiamo fare una diagnosi di Huntington perché abbiamo una genetica forte, ma perché possiamo fare tutto quello che serve per arrivare a una diagnosi esatta e precisa. È importante che ci sia un'unione di ricercatori con gli stessi parametri che abbiamo noi, in modo tale che quando partirà la ricerca clinica mondiale si potrà fare su pazienti con le stesse caratteristiche», conclude. Qual è il contributo dello studio Enroll-Hd dal punto vista psichiatrico?

«La partecipazione a Enroll-Hd - spiega Francesca Elifani, psicologa del Centro - ci consentirà di garantire un approccio assistenziale standardizzato, che si avvale delle migliori pratiche portate avanti nei centri Enroll-Hd di tutto il mondo, e acquisire maggiori conoscenze sull'evoluzione della malattia di Huntington nonché informazioni per lo sviluppo di nuove opzioni terapeutiche». In vista della Giornata mondiale delle malattie Rare, il 28 febbraio, tante le iniziative promosse in questi giorni dall'Istituto: incontri con studenti, convegni, approfondimenti dedicati alla conoscenza. Proprio per informare i cittadini sulle patologie rare - che colpiscono non più di 5 persone ogni 10 mila - i ricercatori del Neuromed hanno lanciato la campagna «Donare è raro», con l'offerta di sacchetti di agrumi in cambio di qualche minuto di attenzione. «Si pensa che le malattie rare interessino poche persone - conclude Di Pardo - in realtà sono patologie che colpiscono più di 300 milioni di pazienti nel mondo, oltre un milione in Italia. Questo è il motivo per cui cerchiamo di sensibilizzare i cittadini. Molto spesso siamo circondati da persone con malattie rare, ma non siamo in grado di riconoscerli».

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