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Stefano Tarì: "Ai mondiali master di salto in lungo col mito di Carl Lewis"

Raccontiamo la sua storia, partiamo dall’età, dai luoghi in cui si allena. Quando fece i suoi primi passi nell’atletica leggera dopo aver praticato il basket, vediamo come questo elemento fa del nostro atleta un uomo in volo. La sua ricerca del granello più lontano, nelle gare di salto in lungo, sono delle immagini di sport davvero incantevoli. Abbiamo da poco visto le olimpiadi, imparato ad apprezzare tanti sport che dalle nostre parti si praticano difficilmente, con grandi barriere di accesso. Ci sono tante discipline alle quali i nostri ragazzi non hanno nessuna occasione di avvicinarsi, ma l’atletica a volte si incontra negli anni della scuola media e come nel caso di Stefano è un amore duraturo.

“Ho 45 anni e sono un saltatore in lungo. Ho iniziato a saltare dalle scuole medie facendo i campionati studenteschi, quindi a 13 anni. (Nasco nel basket), i professori di ed. Fisica vedendomi saltare mi hanno incoraggiato a continuare questa disciplina, e con solo 2 allenamenti a settimana sono riuscito a fare la terza miglior prestazione italiana e così piano piano ho continuato ad appassionarmi al salto in lungo. Dai 20 ai 25 anni ho rinunciato a tante cose che di solito a questa età si fanno (discoteche, andare a mangiare spesso nei locali, non fare tardi la sera perché il giorno dopo dovevo essere pronto sul campo. Quando ho un po' di tempo libero mi piace ascoltare della buona musica o vedere un film (thiller), il mio atleta di riferimento è stato da sempre CARL LEWIS è stato il più forte atleta di tutti i tempi per la sua costanza e per la sua classe. Il mio prossimo obiettivo sono i campionati mondiali che si svolgeranno a Perth (Australia) dal 25 ottobre al 6 novembre. Vivo a Brindisi e mi alleno tutti i giorni in una struttura comunale, sono seguito dal prof. Antonio Perugino, da anni. Il mio messaggio per le generazioni future dell'atletica è innanzitutto quello di credere in sé stessi e di essere coscienti che lo sport è anche sacrificio. Questo sport non essendo una disciplina a squadra, richiede la massima concentrazione e allenamento perché alla fine quando si arriva alle competizioni si è da soli contro tutti. Tante potranno essere le delusioni nei risultati finali ecco perché il ruolo del bravo allenatore dovrà essere quello di tirare fuori il meglio da ogni allievo, ma soprattutto far vivere le stesse magiche sensazioni che l'allenatore stesso ha vissuto nelle piste di atletica. Concludo dicendo che purtroppo, nella nostra realtà territoriale, gli impianti sportivi indoor sono pochi, e spesso gli atleti nei mesi freddi sono costretti ad allenarsi all'aperto con estremi sacrifici, spero solo che in futuro la situazione possa migliorare soprattutto per le generazioni future. Tutto ciò, però, rende più che mai affascinante la vita dell'atleta, disposto a questo tipo di sacrifici perché alla fine lo potranno portare sul gradino più alto del podio”.

 

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