Dopo le dimissioni da Dieci/ Il direttore Ivan Zazzaroni ad Affari: "Il problema era di base, si sono fuse due persone incompatibili. Il mio progetto era un quality-free"

Ivan Zazzaroni
Dieci, un numero che per chi gioca a calcio fa sognare, Roberto Baggio come testimonial, la grande sfida alla Gazzetta dello Sport e Ivan Zazzaroni (già alla guida del Guerin Sportivo e Autosprint) come direttore. Le premesse per il nuovo quotidiano sportivo in edicola dal 10 marzo c'erano tutte. Così come il formato tabloid, nuovo, frizzante e il modo 'diverso' di affrontare storie e personaggi da copertina. L'idillio finisce poco prima della metà di giugno. Zazzaroni lascia e la redazione (composta all'incirca da una trentina di giornalisti) entra in sciopero. Il motivo? Il mancato pagamento degli stipendi ai redattori da parte della società editoriale Dieci - fondata da Alberto Donati e Giangaetano Caso. Affari ha intervistato il direttore Ivan Zazzaroni per ricostruire la storia.

Direttore, ha motivato le sue dimissioni da Dieci con la mancanza dei pagamenti 'sin dal primo giorno'. C'è dell'altro?
"E' l'unico motivo. Non ce ne sono altri. Se lavori e non ti pagano...".

Mi perdoni: quel 'sin dal primo giorno' suona come se il progetto fosse partito in modo difettoso...
"Non credo che il progetto fosse difettoso per la redazione. Nel modo più assoluto. Non c'è un solo segnale che evidenzi questa realtà: abbiamo realizzato un giornale che funzionava sin dal primo giorno e il problema è nato il primo giorno".

Partiamo dagli inizi.
"Il problema era di base, due persone che non si conoscevano. Una delle quali aveva un progetto senza soldi e l'altra con una liquidità - teoricamente - ma che non aveva una linea. Si sono fuse così, secondo i fatti, due individualità incompatibili".

Quando ha maturato la decisione di lasciare?
"La coppia non funzionava: ripeto, si sono unite due persone (Donati-Caso, ndr) che non conoscevo ma che non dovevano stare insieme e ci sono cascato fidandomi di una. Donati aveva una visibilità".

Quali erano gli obiettivi?
"Di fare un giornale diverso, di portare qualcosa di nuovo nell'editoria sportiva, che si creasse uno spazio per verificare se ci fossero le potenzialità per questo tipo di prodotto. E mi sembra che la qualità del prodotto e il tipo di riscontro dimostrava che esistesse. Anche in anno di grande contrazione del mercato".

Pensa sempre che la Free-press sia la soluzione?
"E' una mia idea. Sin dall'inizio, da quando ho smesso di fare il direttore cinque anni fa (dopo 22 anni di giornali con due direzioni di settimanali periodici e 9 anni di quotidiano) dico che l'edicola non esiste più".

Quale può essere il motivo?
"I giovani, soprattutto, hanno altri strumenti di informazione. E' davanti agli occhi di tutti, in particolare dello sportivo. Essere amanti dello sport oggi è un fatto emotivo ed emozionale. La gente si accontenta dell'evento e si perde tutto il resto. L'approfondimento non esiste più. Il simbolo è la Formula 1 che fa 8 milioni di telespettatori alla domenica".

(Segue. Il messaggio ai soci, la ricetta per il futuro)

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Nel calcio vale la stessa logica?
"Con il grande evento c'è lo stadio aperto, viceversa evento medio, stadio vuoto".

A questo punto che cosa si aspetta per Dieci?
"Credo che i Caso (che hanno oggi il potere) vogliano andare avanti con il progetto. Spero che i ragazzi che sono rimasti - tutte scelte mie - continuino perché c'è della qualità; potevano tranquillamente fare i giornalisti sportivi. Per quanto mi riguarda non lavoro gratis".

Messaggio diretto ai soci...
"Se amavano il giornale effettivamente non c'era una sola ragione per non pagare. Hanno pagato a marzo con delle tempistiche allucinanti e ora dicono di aver pagato il mese di aprile. Non so quali sono le ultime, resta il fatto che così non posso lavorare ho bisogno di stimoli e di vedere attorno a me gente che è felice, serena, che lavora e che viene pagata".

Crede ancora in quarto quotidiano sportivo in Italia?
"Sì, penso che lo spazio ci sia. Il prossimo anno poi è ricco di appuntamenti: la Juve che ritorna in serie A, un grande campionato con il Genoa e il Napoli, gli europei... E' chiaro che con un quality-free (come poteva essere Dieci e ripeto, è un mio progetto, non di Caso) stronchi la vita agli altri".

Roberto Baggio, testimonial di Dieci (AP)

Quale potrebbe essere la ricetta?
"Mettere 200mila copie in giro con un giornale come Dieci gratuitamente e prendere le fasce delle persone un pochino più distratte, si tolgono così quote agli altri. Magari può non essere simpatico ma si va verso questa direzione".

La tirature di Dieci nell'ultimo periodo?
"140mila copie".

Si è parlato, però, di una diffusione di 35mila copie...
"Faceva di più. Sono usciti dei dati allucinanti ma per una semplice ragione: nessuno li conosceva perfettamente per via del contratto del distributore che non prevedeva rese e soprattutto che non comunicava mai i numeri reali. Andavano per proiezioni. All'inizio con il 'panino' con il Giornale (in Lombardia e in Emilia) eravamo tra i 78 e le 95mila copie".

Qual era la zona in Italia dove Dieci era più diffuso?   
"Al nord. Al sud era diffuso e distribuito male, e non era il giornale che volevamo noi. Volevamo un quotidiano tutto a colori e invece da Firenze in giù c'era una parte a colori e una in bianco e nero".

Andrea Pressenda


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