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Tumore al polmone e linfociti T: importanti novità dallo studio di Humanitas

La prestigiosa rivista scientifica "The Journal of Experimental Medicine" ha pubblicato lo studio di Humanitas sul tumore al polmone.

In particolare, la ricerca si è focalizzata sul fatto che l’immunoterapia risveglia solo alcuni tipi di cellule del sistema immunitario che vengono come narcotizzate dal tumore, nonché sulle caratteristiche delle cellule T che vengono riattivate da queste terapie.

La prestigiosa rivista scientifica "The Journal of Experimental Medicine" ha pubblicato lo studio sul tema nato dalla collaborazione tra il Laboratorio di Immunologia Traslazionale di Humanitas, di cui Enrico Lugli è Principal Investigator, e la Sezione di Chirurgia Robotica Toracica di Humanitas guidata da Giulia Veronesi. Primi autori dello studio, l’immunologa Jolanda Brummelman (sostenuta da una borsa triennale AIRC) e la bioinformatica Emilia Mazza (sostenuta da una borsa postdoc della Fondazione Veronesi). Lo studio è stato in parte sostenuto da AIRC.

L’immunoterapia con anticorpi che bloccano i checkpoint immunitari, come anti-PD-1/PD-L1, ha recentemente rivoluzionato la storia clinica di diversi tipi di tumore, fra cui alcuni tipi di cancro al polmone, consentendo di aumentare la sopravvivenza dei pazienti.

I cosiddetti checkpoint sono freni naturali del nostro sistema immunitario: il nostro apparato di difesa è un po’ come una straordinaria automobile, capace di viaggiare ad elevata velocità. Per funzionare bene e non andare fuori strada ha bisogno di acceleratori, che la facciano partire e correre, ma anche di freni (i checkpoint, appunto), che le consentano di rallentare e, quando è il caso, fermarsi.

L’immunoterapia agisce togliendo questi freni e risvegliando particolari cellule immunitarie, i linfociti T, che all’interno del tumore sono come narcotizzati dalla malattia.

“Nello studio - spiega Enrico Lugli - abbiamo preso in esame 53 pazienti con tumore al polmone non a piccole cellule (NSCLC), a uno stadio operabile e quindi sottoposti ad intervento chirurgico. Utilizzando una tecnologia particolarmente innovativa - la citometria a flusso a 30 parametri - siamo stati in grado di definire con notevole precisione le proprietà immunitarie delle cellule T che esprimono il checkpoint PD-1”.

La citometria, che in Humanitas è utilizzata con le tecnologie più avanzate, permette di conteggiare, separare e riconoscere singole cellule sulla base di specifici marcatori. L'analisi di più parametri, fisici, fenotipici e funzionali, può avvenire simultaneamente per decine di migliaia di cellule al secondo.

La citometria viene inoltre largamente utilizzata per la più precisa diagnosi di alcune malattie, come i tumori. Il particolare citofluorimetro presente in Humanitas permette di fare ricerca di base e traslazionale ad altissimi livelli, analizzando 30 parametri di ogni singola cellula.

“Abbiamo dimostrato – spiega ancora Lugli – che queste cellule non sono tutte uguali, ma sono organizzate in gerarchia: le più giovani, identificate dal recettore di membrana CXCR5, rimangono funzionali e sono potenzialmente in grado di esercitare una potente attività anti-tumorale mentre le più differenziate (le più anziane) perdono tale capacità. L’ipotesi, quindi, è che con l’immunoterapia vengano risvegliate soprattutto le cellule giovani.

Per il futuro, la sfida è identificare i segnali molecolari alla base della generazione e del mantenimento di queste cellule, così da utilizzare tali informazioni per generare in laboratorio cellule T armate in grado di migliorare la risposta ai tumori”.

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    Tags:
    tumore al polmone; linfociti t; humanitas


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