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Tutta la verità sugli OGM. Parla il dottor Defez
Dottor Roberto Defez

Il titolo dell’intervista (allarmistico) tradisce l’intento (scientifico). Roberto Defez, direttore del Laboratorio di Biotecnologie Microbiche all’Istituto di Bioscienze e Biorisorse del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) di Napoli, parla di OGM con Affari Italiani, smentendo «paure molto radicate e senza fondamento» che da anni infiammano il dibattito pubblico.

 

 

OGM (organismo geneticamente modificato), una sigla che fa paura.

«La correggo».

Perché?

«Il termine non è scientifico. Nessuno nella comunità scientifica lo usa. E’ sbagliato nella sostanza. Organismo geneticamente modificato: in realtà lo siamo anche noi umani, tutti i giorni. Abbiamo continue mutazioni sia nelle cellule somatiche (non destinate alla riproduzione) sia in quelle destinate alla riproduzione».

Siamo tutti un po’ OGM, allora.

«E’ l’evoluzione, l’adattamento al cambiamento. Se non avvenisse saremmo tutti morti. Il termine Ogm, dicevo, è sbagliato. Ma è anche spaventoso: evoca qualcosa di ignoto, di non umano. Al fondo di tutto c’è l’idea che la scienza non sia guidata dal desiderio di conoscenza, ma dalla sete di profitto».

I media quanto hanno pesato nel far nascere il pregiudizio?

«Hanno avuto un ruolo enorme, dando corpo a paure irrazionali».

Ma il tema degli OGM (li chiamo così, me lo passi) è stato cavalcato o sostenuto dal giornalismo?

«In un primo momento, di fronte a un’innovazione a cui non si era pronti, è stato senza dubbio cavalcato. Poi, invece, è stato sostenuto, stimolato: del resto, alimentandosi di angosce e timori, è diventato molto popolare. Sempre perdendo di vista la situazione reale, però».

Quale?

«Opporsi alle coltivazioni migliorate geneticamente, per l’Italia in particolare, si è tradotto in un aumento dell’uso di agrofarmaci, in una riduzione della qualità dei prodotti e della sicurezza sanitaria (anche per l’uomo). Ma pure nel mettere un carico sulle aziende del settore agrolimentare; che però usano costantemente mangimi con Ogm. Sono 21 anni che alla base della zootecnia italiana ci sono mangimi con derivati Ogm. Opponendosi alla scienza, tuttavia, si è scelto di mettere in crisi l’agricoltura del Paese e di far sentire colpevoli grandi centri di produzione».

Quali sono i prodotti usati nel quotidiano che hanno a che fare con gli OGM?

«Tutto quello che si trova in un supermercato dove non c’è la scritta “Senza OGM”. Latte, yogurt, formaggi, salumi, carne. Di fatto, il meglio del made in italy proviene da animali nutriti con Ogm. L’87% dei mangimi commercializzati in Italia contiene OGM».

E nel campo non alimentare?

«C’è poi un livello superiore di raffinatezza, certo. Il 75% delle garze è fatto con cotone geneticamente modificato. OGM a contatto col circuito sanguigno».

O un livello superiore di pericolo.

«Se nelle garze ci fosse una proteina che genera allergia, per esempio, o un componente tossico la gravità delle conseguenze sarebbe, quella sì, spaventosa».

E invece?

«E invece nulla. Sette miliardi di essere umani fanno ogni giorno un test mettendo a contatto un cerotto con una ferita: senza nessun tipo di reazione».

La dimostrazione che il cotone OGM non provoca danni alla salute. 

«Meglio. Coltivarlo significa ridurre l’utilizzo degli insetticidi, mediamente, del 40%. Questo perché il cotone è la pianta su cui si utilizzano di più quei prodotti. Se avessimo il 100% di cotone OGM l’uso degli insetticidi nel mondo calerebbe del 10%. Negli Stati Uniti, per questo, c’è una battaglia commerciale tra le aziende che producono semi e quelle che producono insetticidi».

In Italia c’è un blocco sugli OGM. Dietro la paura, abbiamo perso un treno?

«In Italia non c’è alcun blocco sulla commercializzazione. Esistono circa una sessantina di prodotti OGM importati in Europa e autorizzati anche per il consumo umano. Se spesso non arrivano al consumatore finale è solo perché i supermercati hanno fatto (e fanno) una scelta commerciale. Bisognerebbe essere chiari, piuttosto».

Cioè?

«Non c’è nessun rischio sanitario documentato da una qualunque organizzazione internazionale, non esiste al mondo una persona ospedalizzata a causa di derivati da OGM».

Ma resta la paura.

«Sì. Non dipende da fattori oggettivi, ma emozionali. Nel nostro Paese, che è molto più indietro degli altri, la ricerca è ferma: sono 13 anni, dal 2004, che è vietata la sperimentazione. Al contrario la Germania, che pure è piuttosto ostile, continua a mettere in campo veri e propri OGM (anche vecchi dal punto di vista tecnologico). C’è l’esigenza di capire, comprendere. In Italia no: è vietata la conoscenza. Proibiamo i semi OGM, che però i consorzi agrari possono vendere».

Ma gli OGM, da noi, hanno un partito politico?

«Assolutamente no. Tutti i partiti sono contrari. Trainati da interessi elettorali, evidentemente. Le statistiche sono chiare: il 55% della popolazione non vuole gli OGM, il 30% è favorevole, e il 15% incerto. Mi chiedo: è giusto che il 30% degli italiani, circa 18 milioni di persone, non abbiano un interlocutore politico? Tutti gli operatori del settore zootecnico sanno benissimo che senza OGM non avrebbero futuro. Vale per l’Italia, e per Europa ancora di più».

Quali sono le falsità più comuni sugli OGM?

«Non c'è nessun OGM che aumenti la grandezza del prodotto. Quindi, un prodotto alimentare più grande non è un OGM. Non c'è nessun OGM in commercio che aumenti la resa per ettaro di terra: proprio perché gli OGM nascono per proteggere le piante (da erbe infestanti, parassiti, ecc.) e ridurre le perdite. E non per aumentare le produzioni. Tutti gli OGM, poi, servono per diminuire l’uso di agrofarmaci (insetticidi ed erbicidi) e non usarli, semmai, è più dannoso. E su questo le faccio un ultimo esempio».

Mi dica.

«In Italia non si può coltivare soia geneticamente modificata (e nemmeno in Europa). Così, per coltivarla non geneticamente modificata, si utilizzano sei-sette erbicidi. Risultato: evitare gli OGM ha aumentato la quantità e il costo del diserbo. E uno degli erbicidi in questione è il Glifosato, che com’è noto è al centro di grandi polemiche».

Quindi o si combatte il Glifosato o la soia OGM.

«Noi sui terreni per la soia usiamo Glifosato. E’ un paradosso. Un altro effetto del sistema della disinformazione. Sugli OGM bisognerebbe fare come per i vaccini».

Come?

«Sui vaccini, ogni tanto, alla scienza si dà voce. E se chiedessimo agli scienziati che li stanno sostenendo, ricordando che salvano vite umane, vedremmo che si schiererebbero tutti a favore degli OGM».

Ma è più radicato il sospetto sugli OGM o sui vaccini?

«Di gran lunga sugli OGM. E’ una fobia mondiale. Che dura da anni. Negli Stati Uniti, soprattutto: che tuttavia ne sono i primi produttori. Sono paure immotivate, senza fondamento. Ma istintive, e quindi difficili da gestire. E’ un grande problema globale».

C’è un fondo anticapitalistico in tutto questo? L’avversione alle multinazionali, al profitto.

«L’unica battaglia commerciale, come ho detto, è tra aziende sementiere e quelle chimiche, di agrofarmaci. Le multinazionali sono diverse, e di più tipi. Giusto per dare la dimensione di come possano comportarsi, lo sa chi è stato il primo a fermare un OGM?»

Chi?

«McDonald’s»

McDonald’s?

«Bloccò la produzione di una patata geneticamente modificata (che invece era utile, ragionevole e sicura). Era il 2000. E prima che la polemica scoppiasse, per non avere problemi, decise di non commercializzarla».

 

twitter11@Simocosimelli

Tags:
ogmogm pro e controogm alimentiroberto defezalimentazioneagricoltura


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