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Viaggi
Viaggio in Calabria: San Cono

di Antonio Magliulo

 

Quattro case sulla collina, qualche viuzza, una chiesetta, folti canneti, tante piante d’ulivo e uno stuolo di rondini, tutto nella cornice del cielo… questa è San Cono, piccola località del Vibonese, posta a trecento metri sul livello del mare, che scoprii per caso qualche tempo fa, durante uno dei miei vagabondaggi estivi.

A colpirmi fu la tranquillità del luogo e il belvedere, dal quale si gode un panorama mozzafiato: i campi che digradano sino alla costa e i borghi disseminati qua e là nella campagna, i cui tetti rossastri brillano immoti al sole.

Quel giorno, c’era un sottile venticello sul poggio, una brezza proveniente dal mare che ristorava il corpo e l’anima. Mentre mi sgranchivo le gambe, mi accorsi che tutti mi salutavano, distendendo le labbra in un sorriso. Per questo decisi di tornarci, per corrispondere alla sincerità di quei sorrisi e stringere la mano ad un vecchietto, sul cui volto scolpito dal tempo era scritta la storia di un secolo.

Adoro la Calabria, ci vado da quand’ero ragazzo, mi affascina la sua natura aspra e incontaminata, l’eterogeneità del territorio, il silenzio degli altopiani, rotto soltanto dallo stormire delle fronde e dall’acuto verso dei falchi e dei grifoni, che si stagliano maestosi contro il cielo.

E naturalmente mi attira il mare, limpido, variegato, vibrante, che passa per cento gradazioni di tinta: dall’azzurro turchese al verde smeraldo, sino a un intenso blu cobalto, offrendo uno spettacolo senza uguali.

San Cono ape (1)
 

Come pure mi garba che l’industria turistica, con i suoi frenetici eccessi, sia ridotta al minimo.

Aveva ragione Piovene quando scrisse che: "La Calabria sembra essere stata creata da un Dio capriccioso che, dopo aver creato diversi mondi, si è divertito a mescolarli insieme".

La strada che conduce dalla statale tropeana a San Cono è alquanto dissestata; in compenso si percorre in una decina di minuti e lungo il tragitto puoi fare degli incontri piuttosto interessanti: ovini e bovini al pascolo, cinghiali selvatici che traversano la strada, rapaci volteggianti nell’aria a caccia di scoiattoli e topi di campagna.

San Cono è un paesetto di poche anime, privo di esercizi commerciali e strutture attrezzate (se si eccettui un piccolo B&B) che tuttavia sa riservare agli ospiti un’accoglienza calorosa; i suoi abitanti sono premurosi e cordiali, lontani mille miglia da certi cliché che vorrebbero i calabresi ruvidi e diffidenti.

I sanconesi, come molti loro corregionali, hanno una storia antica, che risale al VI secolo a.C., quando i Greci colonizzarono il Vibonese e, più in generale, il Meridione d’Italia, fondando la cosiddetta Magna Grecia.

Anche San Cono è afflitta dal fenomeno dell’emigrazione, tant’è che molti giovani in cerca di lavoro sono costretti a trasferirsi al Nord, oppure all’estero, formando un esercito anonimo di gente seria e fattiva, che contribuisce a onorare e arricchire il nostro paese.

I sanconesi festeggiano il loro patrono il 3 Giugno e la terza domenica di Luglio. Questa seconda Festa venne istituita per permettere ai contadini di elargire dei doni al Santo: in mancanza di danaro, il popolo era solito offrirgli del grano mietuto a luglio.

Da segnalare un altro simpatico evento: la Sagra del Dolce, che si tiene solitamente ad Agosto e richiama un notevole numero di turisti. Nei giorni precedenti, tutte le donne del luogo si prodigano per preparare ghiottonerie d’ogni tipo, che pongono poi in bella mostra sulle bancarelle, la sera della festa: dolci fatti in casa: taralli, torte, biscotti alla mandorla, in un'irresistibile parata di odori e sapori. Ma la regina della serata è la Nacatola (o Nacatula) una specialità a forma di culla (Naca in greco significa appunto culla) preparata con uova e farina, fritta in olio d’oliva e ricoperta di zucchero a velo.

Nell'occasione, non possono mancare i vini locali e tanta musica popolare. Capita a volte di assistere anche a spettacoli di prosa, allestiti dal Gruppo che fa capo alla locale Associazione Culturale.

Suggestivi e struggenti i tramonti che si ammirano dal versante ovest del paese ed ancor più dalla vicinissima Zambrone, dove in certe giornate, si può scorgere il grande disco di fuoco nascondersi dietro  l’isola di Stromboli.

Quando cala la sera e distende il suo manto sulle pendici del Monte Poro, la brezza cambia e nell'aria si spande un soave profumo floreale proveniente dagli orti e dai giardini; allora si fa silenzio fuori e dentro di te e ti rendi conto di vivere un’esperienza rara, fatta di rifiuto del chiasso e del frastuono, ma non di solitudine o isolamento, chè basta un niente, magari un sospiro più forte, e arrivano gli amici a consolarti.

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