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Esteri
Israele, ultimatum ad Hamas: "Tregua entro una settimana o entriamo a Rafah"
Benjamin Netanyahu, primo ministro di Israele dal 29 dicembre 2022

Israele, ultimatum ad Hamas: "Tregua entro una settimana o entriamo a Rafah"

Israele avrebbe concesso ad Hamas una settimana di tempo per raggiungere un accordo sul cessate il fuoco nella Striscia di Gaza o inizierà l'operazione militare di terra a Rafah, nel sud dell'enclave palestinese. Lo scrive il Wall Street Journal citando funzionari egiziani.

Israele: "Erdogan lavora per Hamas e danneggerà i palestinesi" 

"Erdogan, il dittatore che sogna di essere sultano, lavora al servizio di Hamas, viola gli accordi e vuole danneggiare Israele ma in realtà danneggia i suoi palestinesi che finge di aiutare". Lo ha detto il ministro degli esteri Israel Katz dopo le decisioni di Ankara di tagliare l'import-export con Israele. "Lavoreremo - ha aggiunto - per ridurre ogni legame finanziario tra lui e l'Autorità nazionale palestinese e Gaza. Coloro che intraprenderanno azioni unilaterali contro l'economia israeliana riceveranno una risposta dolorosa e adeguata. Erdogan vuole danneggiare Israele, ma danneggerà soprattutto l'economia palestinese".  

LEGGI ANCHE: Israele verso l'assalto a Rafah. E Hamas pubblica il video di un ostaggio

Medio Oriente, ritrovato in Israele il corpo di un presunto ostaggio

Le autorità dello Stato ebraico hanno annunciato il ritrovamento del corpo di Elyakim Libman, che si riteneva fosse stato rapito da Hamas il 7 ottobre. Lo riportano i media israeliani affermando che l'Idf ha informato oggi la famiglia. La sua morte è stata accertata "a seguito di un'indagine complessa" condotta dall'Idf, dalla polizia, dall'Istituto di medicina legale e dal ministero della Sanità. Libman stava lavorando come guardia di sicurezza al rave nel deserto di Supernova il 7 ottobre, quando Hamas ha lanciato un assalto al festival, uccidendo e rapendo centinaia di persone. econdo la famiglia, Libman rimase sul posto per ore a soccorrere altri feriti finché non fu ucciso. Inizialmente si pensava che fosse stato preso in ostaggio, poiché il suo corpo non era stato ritrovato. Secondo quanto riportato dai media israeliani, i suoi resti sarebbero stati sepolti insieme a un'altra vittima del festival per errore. Con la morte di Libman, il numero degli ostaggi rapiti il 7 ottobre scende da 253 a 252. 

La Turchia chiude gli scambi commerciali con Israele 

Il governo turco ha annunciato l'interruzione totale dei rapporti commerciali con Israele. Un pacchetto di sanzioni destinato a essere applicate fino a quando lo Stato ebraico non accettera' il cessate il fuoco e alla popolazione civile non sara' garantito accesso agli aiuti umanitari. In attesa di capire se e come le sanzioni potranno essere aggirate attraverso Paesi terzi, la decisione del governo turco produrra' conseguenze sulle economie dei due Paesi, non centrali, ma comunque importanti l'una per l'altra. Il volume di interscambio commerciale cui il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha deciso di chiudere la porta ammonta infatti a 9,5 miliardi di dollari. I due Paesi sono reduci da una lunga storia di tensioni che ne hanno fortemente intaccato i rapporti diplomatici, ma non il commercio.

Stavolta pero' le cose sono andate diversamente e, gia' a partire dallo scorso ottobre, il commercio tra i due Paesi era gia' calato del 33%. L'export turco verso lo Stato ebraico ha toccato il picco di 6,7 miliardi di dollari nel 2022, mentre nel 2023 si e' attestato a 5,4 miliardi di dollari, equivalente del 2.1% del totale delle esportazioni di Ankara (dati ministero Economia). L'import di Israele dalla Turchia ammonta invece al 6% del totale delle importazioni israeliane. Un risultato frutto anche di un trattato di libero commercio siglato nel 1996 e l'esenzione da tassazione su alcuni prodotti entrata in vigore nel 2000.

Intese che hanno permesso di triplicare il volume di scambio commerciale tra i due Paesi tra il 2009 e il 2023, rendendo la Turchia il quinto esportatore verso Israele e lo Stato ebraico il decimo importatore per Ankara. Il 66% del volume commerciale tra i due Paesi e' costituito da esportazioni turche, il restante 33% da esportazioni israeliane. L'export turco verso Israele e' stato negli ultimi anni fondato su tre categorie di prodotti: macchinari, prodotti chimici e prodotti agricoli. Il primo settore ha consentito un massiccio export di macchine industriali, parti meccaniche, componenti di automobili, pezzi di impianti elettrici ed elettronici. Importante anche la vendita di prodotti chimici e lavorati: olio per motori, carburante per aerei, plastica lavorata, pesticidi, vernici, vetro, cemento, ceramiche, materiale per la silvicoltura e prodotti tessili. Ultimo settore quello dell'agricoltura; la Turchia ha infatti esportato frutta, verdura, granaglie e prodotti derivati dal latte.

E' pero' il settore dell'export dell'acciaio e dell'edilizia quello destinato a sortire le conseguenze piu' pesanti. Ogni anno la Turchia esporta verso Israele 726 mila tonnellate di acciaio, il 20% del totale esportato dalle aziende turche che producono questo materiale. Pesante per Israele anche il divieto di vendita di cemento deciso dal governo turco. Il 30% del cemento importato dallo Stato ebraico ogni anno viene infatti dalla Turchia e il prezzo di case e appartamenti e' destinato a salire. Proprio il blocco alla vendita di cemento, mattoni e materiale edile, in un momento in cui case e infrastrutture, soprattutto al confine libanese, necessitano di riparazioni, potra' avere conseguenze politiche. Al contrario la Turchia importa da Israele una serie di prodotti chimici, prodotti di plastica e caucciu', oltre a spezie, datteri, frutta secca e alcuni altri prodotti alimentari.

L'11% della plastica importata dalla Turchia proviene da Israele e Ankara dovra' ora cercare alternative. La conseguenza piu' pesante riguarda pero' la fine della prospettiva di una collaborazione per un gasdotto capace di portare verso l'Europa il gas idei giacimenti israeliani attraverso la Turchia. Un progetto su cui i due Paesi erano attivissimi prima del 7 ottobre, ma su cui ora pesano come un macigno oltre alle sanzioni anche i pessimi rapporti tra i due governi. Le sanzioni decise da Ankara rischiano di avere anche un serio impatto sulla popolazione palestinese.

Per questo il ministro turco del Commercio, Omer Bolat, si e' affrettato a garantire che 'colloqui tecnici' con l'autorita' palestinese sono in corso, per evitare ripercussioni con i palestinesi della Cisgiordania. Ankara deve trovare alternative ai porti di Haifa e Ashdod, tradizionali punti di smistamento dei prodotti diretti in Cisgiordania. Basato sulla vendita di ferro, acciaio, legno, olio vegetale, tabacco e generi alimentari, il volume di interscambio commerciale tra Turchia e Cisgiordania e' cresciuto negli ultimi anni fino a sfiorare il miliardo di dollari su base annuale. 






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