Macché rete, è la tv che fabbrica i leader
Di Marco Volpati
Matteo 1 l’ha sfangata, evitando di perdere in Emilia e in Calabria, ma il vero trionfatore di domenica 23 novembre è Matteo 2, il milanese che aveva ereditato una Lega ridotta male dopo l’allontanamento di Bossi, il caso Belsito, la fronda di Tosi. Lega che appena un anno fa sembrava destinata al declino.
Sta prevalendo nella gara a destra su chi può assumere l’eredità di Berlusconi e proporsi come guida degli italiani che non amano le politiche di centrosinistra. Oggi, dopo il voto emiliano, Salvini è in pole position.
Il miracolo è dovuto alla TV, all’appeal mediatico di Matteo 2. Quella sua presenza da burbero bonario, una parlantina dura nei contenuti ma pacata nei toni, ha bucato il video e acchiappato le simpatie di milioni di elettori (reali e potenziali).
C’entrano anche gli slogan rinnovati, l’abbandono di temi come i terùn e Roma Ladrona, per puntare invece sul no all’Euro e il contrasto all’immigrazione di massa. Ma la televisione è stata l’arma vincente. Salvini negli ultimi due mesi era dappertutto, ovunque ci fosse un talk show. Non era raccomandato: chi fa televisione misura gli ospiti in base all’audience, e chi funziona è richiamato continuamente (era già accaduto a suo tempo con la Polverini, più di recente con la Boschi; e, naturalmente, con Renzi anche prima che salisse alla guida del PD). Si crea una spirale di consenso: più lo vedi più lo apprezzi, più lo apprezzi e più te lo fanno vedere. Quando nei dintorni di Mediaset si sono accorti del prorompente “effetto Salvini”, sono corsi ai ripari escludendolo, ma ormai era tardi.
Morale: non è vero che la tv è vecchia e destinata a soccombere alla rete come veicolo di messaggi politici e di popolarità. E’ l’unico mezzo che ci dà la sensazione, l’illusione di presenza; di conoscere e soppesare i politici; che ci dà emozioni positive o negative. La rete va bene per diffondere e collegare quello che già c’è, ma il fascino personale è un’altra cosa. Del resto, anche Grillo non avrebbe probabilmente sfondato se non fosse un personaggio con un’immagine consolidata da showman cresciuto dentro la TV. Basta pensare all’appeal di un Casaleggio: guru quanto si vuole, ma impossibile da immaginare come individuo acchiappavoti.