Trump, la chiave è Wall Street
Vittoria di Trump, ma soprattutto sconfitta di Hillary Clinton e di Obama, e di tutto ciò che hanno rappresentato e sostenuto. Per capire la rivoluzione e il colpo di scena – non solo i media e i sondaggi, ma persino gli allibratori davano Hillary favorita – bisogna risalire a 8 anni fa, il crack di Lehman Brothers con la crisi che ha colpito prima l’America e poi tutto il mondo.
Anche se alla fine del tempo di Obama l’economia USA era in netta ripresa, e la disoccupazione scesa ai minimi storici, i delusi e gli impoveriti hanno fatto la differenza. E’ la storia del pollo di Trilussa: l’America è sempre ricca alla stessa maniera, ma i poveri sono 50milioni su una popolazione di poco più di 300.
Dopo lo chock del 2008 la finanza, sinergica alla globalizzazione, ha ripreso i suoi giochi: la gente semplice a fare da parco buoi, e i grandi ad arricchirsi.
Credo che da adesso qualsiasi politico che spari su Wall Street sarà popolarissimo, e non soltanto negli USA.
Già la Brexit era un segnale. Ma media e sondaggi non hanno fatto tesoro della lezione. Giusto o sbagliato che sia, ceti popolari e ceti medi si sentono depredati e imbrogliati da finanzieri e banchieri. Persino Papa Francesco denuncia che si trovano sempre le risorse per salvare le banche, ma non quelle per salvare le vite.
Obama potrà essere ricordato come quello che, almeno in un primo tempo, si è mosso per difendere i cittadini più deboli. Ma si è fermato, o è stato fermato, a metà strada.
Rabbia e risentimento sono destinati a dominare a lungo nelle opinioni pubbliche e nel voto popolare; lo vedremo probabilmente in Italia col referendum, in Francia, Germania e Olanda con il rinnovo dei parlamenti.