Bacchettate/ Per Gran Bretagna e Grecia il Natale 2009 porta carbone più che doni, ma i mercati festeggiano
Sotto l’albero quest’anno Gran Bretagna e Grecia trovano il carbone più che pacchetti regalo: se il Regno Unito deve rassegnarsi al fatto di restare l’ultima grande economia occidentale in recessione (il Pil britannico, secondo quanto ha reso noto National Statistics, ha accusato un calo del Pil dello 0,2% nel terzo trimestre, rispetto al -0,3% della prima stima), la Grecia vede i propri titoli downgradati di un “notch” dagli analisti di Moody’s Investor Services da “A1” ad “A2”.
In entrambi i casi, tuttavia, i mercati non sembrano impressionati e la spiegazione è del resto meno singolare di quanto potrebbe sembrare a prima vista. La City di Londra, anzitutto, ha capito da tempo che i labouristi di Gordon Brown non sono riusciti a trovare la “ricetta magica” per uscire rapidamente dalla crisi, ultima speranza rimasta all’attuale premier inglese per cercare di smentire i sondaggi che lo danno sonoramente battuto il prossimo anno dai conservatori di David Cameron, un politico che in Italia potrebbe star bene “a sinistra” visto che va in Parlamento in bicicletta, non si perde una manifestazione ecologista e gira per le fabbriche a “tastare il polso” di operai e imprenditori, ma che promette un’agenda fatta di tagli al welfare e riforme del sistema formativo, di quello sanitario e delle pensioni e assicurazioni.
Quanto alla Grecia, sin dal suo ingresso nell’Euro avvenuto grazie ad uno “sponsor” del peso della Germania, da tempo si è capito che il tempo della ricreazione è definitivamente finito. Non tanto per la debole campanella fatta suonare, col consueto ritardo e pudore, dalle agenzie di rating, quanto perchè proprio la Germania ha mandato chiari segnali che non intende più chiudere uno o entrambi gli occhi nel futuro. George Papandreu si dovrà insomma rimboccare le maniche, anche a costo di provocare qualche ulteriore scontento, e spiegare ai suoi concittadini che è tempo di raddrizzare i conti pubblici, a colpi di privatizzazioni, maggiore efficienza, ritocchi alle pensioni e al welfare e tutte quelle misure che a differenza degli altri partner europei i governi greci hanno sempre rinviato in questi anni ma che proprio per questo consentiranno un ampio spazio di manovra.
Per questo alla fine il taglio così modesto di Moody’s fa bene ai titoli di stato greci, oggi in recupero, che restano di cinque livelli sopra la soglia dell’investment grade necessaria per poter apportare i titoli a garanzia dei prestiti concessi dalla Bce. Una soglia che di fatto hanno da tempo perso le grandi banche britanniche come Lloyds Banking Group, costretto a varare un aumento di capitale pochi giorni or sono tramite strumenti ibridi che prevedono una cedola del 12% annuo fino al 2024. Il che oltre ad essere ben superiore a quanto pagato da gruppi come General Electric in piena crisi finanziaria un anno fa, è oltre persino quanto offerto dalle obbligazioni senior di un produttore di biciclette come TriMas Corp, il cui rating per Moody’s non va oltre il livello di “Caa1”, ossia sette notch sotto la soglia dell’investment grade. Tra George Papandreu e Gordon Brown davvero la sfida a questo punto può solo essere tra chi sta messo peggio, nonostante il pudore di analisti e case d’investimento nel denunciare lo stato dei fatti. Auguri.




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