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Affari Europei
Ema, entro giugno la nuova sede. Barcellona prova a beffare Milano

BATTAGLIA SULLA NUOVA SEDE DELL'EMA

Entra nel vivo la 'battaglia' per la nuova sede dell'Ema (l'Agenzia regolatoria europea dei farmaci) è giunta alle battute finali. La sede attuale dell'Agenzia, un edificio con circa 1.000 addetti presso il quartiere super-moderno di Canary Wharf a Londra, dovrebbe traslocare a causa della Brexit verso una location che potrebbe essere Amsterdam, Copenhagen, Barcellona, Dublino o Milano. Si parla di 'battaglia' dell'Ema perche' su questo argomento si stanno scatenando interessi e fazioni contrapposte.

IN LIZZA MILANO, BARCELLONA AMSTERDAM, COPENAGHEN E DUBLINO

Da un lato ci sono gli inglesi, che stanno facendo quadrato attorno alla sede londinese, visto che anche due giorni fa David Davis, segretario inglese alla Brexit, ha confermato che i britannici stanno cercando di non perdere sia l'Ema che l'Eba, la European banking authority, altro colosso istituzionale che occupa un grattacielo in Canary Wharf. Gli altri Paesi Ue cercano ovviamente di non cedere sull'ipotesi-spostamento, che farebbe girare interessi e affari verso altre capitali. Ma nel fronte europeista ci sono altrettante fazioni, visto che si stanno componendo alleanze nazionali per far planare la nuova sede verso questa o quell'area geografica. L'Italia, con la proposta di sede a Milano, ha parecchi concorrenti ma anche alcuni sostenitori tra cui ultimamente forse anche i potentissimi tedeschi e molti Paesi dell'Est europeo.

BARCELLONA PROVA A INSIDIARE MILANO

Particolarmente temibile per le speranze di Milano sembra essere la candidatura di Barcellona. Durante una riunione di venerdì scorso, il sindaco di Barcellona, Ada Colau, il ministro della Sanità, Dolors Montserrat, ed il consigliere alla Salute catalana, Antoni Comín, si sono dimostrati favorevoli affinchè la città faccia richiesta per diventare sede dell'Ema, individuando nella Agbar Tower la struttura ideale per ospitare l'agenzia. I tre rappresentanti governativi hanno trovato un accordo con il proprietario del grattacielo di 38 piani, che è stato scelto per conferire "un valore aggiunto all'offerta di Barcellona". Il piano afferma che la torre è in grado di soddisfare tutti i requisiti tecnici necessari per ospitare l'Ema, e che i 900 impiegati che si dovranno traferire dall'attuale sede di Londra potrebbero essere facilmente ospitati dall'edificio. La Merlin Properties, attuale proprietaria della Agbar Tower, ha acquisito il grattacielo per 142 milioni di euro all'inizio di quest'anno. Il primo ministro spagnolo, Mariano Rajoy, ha già dato il proprio assenso al piano della città, e tutte le parti in causa si stanno impegnando a collaborare per aumentare le possibilità che Barcellona venga scelta. La riunione di venerdì ha portato anche alla creazione di un Consiglio di sostegno dei cittadini, che sarà incaricato di garantire ed aumentare il supporto per la candidatura della città.

LE INDUSTRIE FARMACEUTICHE: "DECISIONE ENTRO GIUGNO"

Intanto è arrivata oggi la lettera rivolta ai leader europei dall'Efpia (la Federazione europea della industrie farmaceutiche) che chiede che le decisioni siano prese in tempi rapidi (al massimo entro giugno) assicurando la continuita' del lavoro dell'Ema, che "ha ormai raggiunto una reputazione mondiale" di "meccanismo perfettamente oliato". Se la prima delle richieste dell'Efpia è la continuità del servizio, e la seconda e' la celerita' delle decisione, la terza - la più circostanziata - è la richiesta che la scelta ricada su una citta' capace di essere connessa con il mondo, e in grado di assicurare la capacità di accoglienza degli oltre 36mila "operatori ed esperti che annualmente raggiungono la sede Ema". La location dovra' essere in grado di rispondere a questi requisiti: Milano, quindi, sembra essere perfettamente in corsa. La lettera Efpia, firmata dai rappresentanti delle piu' grandi aziende del farmaco operanti in Europa (da Novartis a Roche, da Bayer a Pfizer, da Teva a Mark, da Novo a Gsk, etc.) fa seguito ad una lunga serie di prese di posizione delle industrie farmaceutiche che già lo scorso anno erano intervenute in due occasioni sulle possibili ripercussioni negative della Brexit sia in termini di sviluppo industriale, che in termini di possibili ricadute negative per l'accesso dei farmaci innovativi sul territorio europeo.

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