“Dobbiamo guardare a Mosca, non all'Ue”. In Serbia monta l'ultranazionalismo
Si fa sempre più marcata la frattura tra Oriente ed Occidente, tra Russia ed Europa. E anche la Serbia non è immune a questa tendenza. Mentre una metà del Paese vede nell'Europa una risorsa e un amico, l'altra non perdona all'Ue i bombardamenti, di aver riconosciuto l'indipendenza del Kosovo e chiede che Belgrado guardi a Mosca come 'amico e protettore'.
Lo fa soprattutto Vojislav Seselj, rilasciato temporaneamente dal Tribunale penale dell'Aja dove è sotto processo per crimini di guerra. Tornato in patria, Seselj ha tenuto un comizio in piazza della Repubblica nel quale ha chiesto che alle prossime elezioni il popolo mandi a casa “i traditori, opportunisti e servitori dell'Occidente” al governo.
Secondo Seselj “dobbiamo decidere bene in quale direzione andare, se verso l'Occidente o verso l'Oriente”. Per l'ex combattente serbo il governo ha rapporti “servili” con l'Occidente che “non ha mai aiutato il nostro popolo, ma che anzi lo ha bombardato e infine umiliato con la separazione del Kosovo”. Nella piazza molte le bandiere russe.
Seselj, 60 anni e un tumore al colon, si consegnò spontaneamente al Tribunale dell'Aja nel 2003. Cinque anni dopo l'attuale presidente, Tomislav Nikolic, e il premier Aleksandar Vucic, a lui molto vicini, uscirono dal Partito radicale serbo e fondarono il partito del progresso, ora al governo. Seslej vuole spazzare via i vecchi amici, che hanno il 50% dei consensi, e prendere il potere alle prossime elezioni.