Tim vola in Borsa: si rincorrono le voci di opa, con il nodo Sarmi-Rossi

Mercoledì 9 novembre consiglio di amministrazione per scegliere il successore di Luca De Meo in cda: chi la spunterà?

di Marco Scotti
Economia

Tim vola in Borsa con i rumor sull’opa di Cdp

La data da segnare in rosso sul calendario è quella del 9 novembre. Per quel giorno, infatti, è convocato il consiglio di amministrazione che dovrà decidere – tra le altre cose – della governance. C’è da sostituire il ceo di Renault, Luca De Meo, che ha scelto di abbandonare il board e di concentrarsi sull’azienda francese. E va cooptato qualcuno che possa sostituirlo. Chi? È questo il problema che affligge gli analisti. In molti vorrebbero che a occupare il posto del manager italiano sia Massimo Sarmi, già ad di Poste e oggi presidente di Confindustria digitale.

Ma attenzione: un peso massimo come Sarmi non si “scomoda” per un posto semplice in consiglio. Probabile che abbia chiesto garanzie di avere un ruolo di rilievo, come presidente del medesimo cda. Attualmente il posto è occupato da Salvatore Rossi, uomo di lungo corso che – secondo un’indiscrezione della Reuters – avrebbe ricevuto una lettera da Vivendi in cui gli si chiede di fare un passo in là.

Secondo quanto ha potuto verificare Affaritaliani.it, al momento Rossi avrebbe commentato con persone vicine al dossier che rassegnerebbe le dimissioni solo se a chiederglielo fosse qualcuno del governo. Cosa che per ora non è successa. E gli altri consiglieri voterebbero davvero Sarmi? Al momento pare una via difficile, ma nelle prossime ore si intensificheranno le pressioni. 

Ma i francesi di Vivendi hanno altri problemi da risolvere. Il primo è quello del loro investimento in Tim. Nella giornata di oggi il titolo ha iniziato a galoppare e ha chiuso a 0,24 euro per azione, in aumento di oltre il 10,6%.

Eppure, se oggi la holding guidata da Arnaud De Puyfontaine decidesse di vendere l’intera quota detenuta in Tim, cioè 3.64 miliardi di azioni, guadagnerebbe solo 884 milioni di euro. Vivendi ha a bilancio le azioni dell’ex-Telecom a 0,6 euro per azione, per un controvalore di 2,18 miliardi. Ecco perché cerca in ogni modo di sparare alto sulla valutazione della rete.

C’è però un’ulteriore complicazione. Prende sempre più piede il Progetto Minerva, la strategia ideata dall’attuale sottosegretario all’Innovazione Alessio Butti che Affaritaliani.it aveva potuto raccontare in esclusiva. Ebbene, l’idea è quello di procedere a uno “spezzatino” dell’azienda e a un delisting che, secondo le stime più ottimistiche, potrebbe aiutare il pil italiano nella misura dell’1% in cinque anni.

A menare le danze dovrebbe essere la Cassa Depositi e Prestiti, che già detiene 1,5 miliardi di azioni di Tim (circa il 9,9%) e che dovrebbe rilevare l’azienda.

Qui però le versioni divergono: come dovrebbe fare? C’è chi dice che si potrebbe procedere con l’opa su tutta l’azienda, che oggi vale poco più di 5,14 miliardi di euro. Ma in quel caso si potrebbe profilare un’azione di responsabilità verso la stessa Cdp (che siede in consiglio di amministrazione di Tim con Giovanni Gorno Tempini, presidente di Via Goito) che avrebbe rifiutato l’offerta di Kkr non più tardi di 12 mesi fa perché ritenuta troppo bassa (era di circa 11 miliardi) per poi farne un’altra “a sconto”.

La seconda possibilità è quella di liquidare Vivendi al prezzo di carico delle azioni – come detto, 2,18 miliardi – e poi procedere con il lancio dell’opa, magari in tandem con Kkr e Macquarie. Infine c’è la possibilità di spacchettare l’azienda, rilevare le sue diverse anime e poi procedere al delisting per metterla al riparo dalle temperie della Borsa, dando un dividendo a tutti gli attuali azionisti e poi procedendo a una nuova governance. In questo modo l’idea di Butti – una rete “italiana, unica e non verticalmente integrata” – verrebbe rispettata.

Certo, il consiglio di amministrazione del 9 novembre sarà anche l’occasione per presentare i conti, che non sono previsti granché positivi. E questo potrebbe portare a ulteriori tensioni sul titolo. Si vedrà, insomma. Certo il futuro dell’ex-Telecom dovrà essere definito in tempi rapidi. Ne va della credibilità dell’azienda e del sistema economico italiano. 
 

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