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L'avvocato del cuore
Giustizia penale, dalla Lega una proposta utile, ma la sinistra non la leggerà

I mafiosi fuori dal carcere, mentre noi, tutti agli arresti domiciliari, potevamo leggere intercettazioni tra politici e magistrati che mostrano lo schifoso intreccio tra i poteri dello Stato, costituiscono lo scalino più basso sul quale, rotolando tra governi, uno peggiore dell’altro, siamo precipitati dall’alto del nostro ex Stato di diritto. Senza che il Presidente della Repubblica, garante del popolo italiano, facesse mai neppure un plissé. Non ha certo la faccia, il nostro Presidente, di quello che ci salverà: non s’indigna, non reagisce, non parla. Pensa, assorto. Presiede, anche il CSM, e medita. E niente sembra turbarlo.

Intanto però la destra, tramite Salvini e la Bongiorno, ha proposto una riforma della giustizia penale. Che tuttavia, solo perché di destra, non solo non sarà neppure letta dai tracotanti presuntuosi di sinistra, ma sarà secondo me l’occasione, per gli imbarazzanti filogovernativi, di elaborare una proposta opposta. La proposta è divisa per punti, al fine di prendere in esame tutto quanto è in discussione da anni e quello che soprattutto è diventato urgente dopo gli ultimi orrendi scandali. Perciò si parte dal problema delle correnti nella magistratura, passando dalla separazione delle carriere, dalla riforma del CSM, fino al sistema disciplinare dei magistrati, e il miglioramento della selezione dei magistrati. Ma si ricorda anche l’obbligatorietà dell’azione penale, alcuni interventi importanti sul processo, l’organizzazione degli uffici giudiziari, e alcune questioni molto attuali, come la certezza della pena e l’abolizione del rito abbreviato o i limiti dell’appello.

È ovvio che nessuno può essere d’accordo su tutto. È naturale che molti ritengono i magistrati talmente inquadrati nella loro intoccabile casta, da pensare che la separazione delle carriere non risolverà un beato niente. La maggior parte degli avvocati sarà poi contrarissima all’abolizione del rito abbreviato, e quindi dello sconto di pena, per omicidio e stupro (come propone la riforma Bongiorno). Ma anche questo è comprensibile: quale avvocato con l’arringa, per quanto eccelsa, riesce a togliere all’assassino o al violentatore proprio cliente tanti anni quanto l’automatismo del rito abbreviato? Anch’io trovo inverecondo l’ergastolo, se gli anni di carcere non sono gestiti con rispetto e umanità anche del più bieco condannato, ma trovo altrettanto inverecondo qualsiasi sconto di pena – che viene letto come premio – a chi ha distrutto una vita e un mondo di affetti. Invece nella proposta di legge ci sono tanti, forse troppi e quindi irrealizzabili, argomenti determinanti per ritornare alla civiltà della giustizia italiana. Che non è cosa da poco. Addirittura per la dottrina cristiana la giustizia è una delle quattro virtù cardinali, assieme alla saggezza, al coraggio e alla temperanza, come ci ha insegnato Platone. Giustizia deriva da giusto e consiste nel rispettare i diritti altrui e nel riconoscere a ciascuno ciò che gli spetta. È il potere istituzionale cui è demandata l’applicazione della legge. La giustizia, quindi, deve essere caratterizzata da equilibrio e terzietà. Qualcuno è in grado di vedere in questi concetti, sostantivi e aggettivi qualcosa che segni il perimetro nel quale si svolge la storia quotidiana dei nostri tribunali, dei nostri magistrati, delle sentenze, che ci riguardino o no?

Sicuramente tra novemila magistrati ce ne sono moltissimi rispettosi del loro ruolo, ma anche molti altri politicizzati, avidi, immeritevoli; pubblici ministeri collusi con giudici; giudici amanti di pubblici ministeri; giudici ignoranti, negligenti, inosservanti delle regole; cafoni e autoritari: perché tutti devono avere lo stesso stipendio, indipendentemente dalla capacità e dalla produttività? Ci rendiamo conto che nel periodo di chiusura dell’Italia, la giustizia si è fermata? E che contemporaneamente gli oltre novemila giudici hanno ricevuto lo stipendio per intero? E vogliamo parlare dei magistrati assorbiti dalla politica, grazie alla forza persuasiva e al potere delle correnti nelle quali si incastonano? Ecco questa riforma, che dice tante cose giuste e soprattutto quelle che banalmente ci aspettiamo, e che può apparire addirittura una selva di slogan elettorali, è proprio quella che una società civile deve volere e imporre. E che gli stessi magistrati sani dovrebbero chiedere a loro difesa.

Un magistrato, per legge, deve essere indipendente da tutto, competente, meritevole, responsabile; se si candida in politica non deve tornare indietro; deve essere ogni tanto sottoposto a test psicoattitudinali; non deve eludere, per proprie considerazioni, l’obbligatorietà dell’azione penale; deve essere tempestivo nel suo agire e non sentirsi superiore alle altre parti del processo; deve essere assoggettato a procedimenti disciplinari davvero, se non rispetta tempi e ruolo. E l’onore della sua professione. Questo elenco di caratteristiche di un magistrato, il quale ha il privilegio di amministrare la giustizia in un paese civile, ha il solo pregio di essere ovvio. Ebbene, sappiamo tutti che non è così e che ogni giorno ci indigniamo e sbraitiamo inutilmente proprio perché non è così. Cosa facciamo ora? I buonisti, gli pseudo moralisti o gli odiatori della destra o i menefreghisti, o i sinistri superiori a tutti? Non sarebbe bene che, per una volta, gli italiani sostenessero a gran voce una riforma sana e indispensabile per tutti, anche se viene da destra? E meno male che da qualche parte viene! Se no, quando mai potremmo disinfettare, disinfestare e sanificare questa giustizia così politicamente e intimamente scorretta

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