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L'avvocato del cuore
Non divorzio ma voglio risposarmi: rischio di subire delle conseguenze?

“Buongiorno Avvocato, mi chiamo Anahita. Sono originaria dell’Iran ma da tanti anni vivo in Italia per lavoro. Nel 2015 a Firenze ho sposato con rito civile un uomo italiano, Marco. Purtroppo, a causa delle nostre incomprensioni ci siamo separati dopo un paio di anni. Molto provata dalla fine della relazione ho sentito la necessità di prendermi del tempo e di tornare in Iran dalla mia famiglia. A Teheran, la mia città natale, ho riscoperto di nuovo l’amore quando ho conosciuto Amir e poco dopo ci siamo sposati in Iran con rito religioso secondo la fede islamica senza trascrivere il matrimonio in Italia. Oggi, per esigenze lavorative, mi trovo di nuovo in Italia, ma spero che presto Amir riesca a raggiungermi e a trasferirsi qui. Quando sono rientrata in Italia Marco mi ha chiesto il divorzio. È stato in quel momento che ho appreso che in Italia è necessario divorziare prima di potersi risposare. Adesso sono molto preoccupata: posso subire delle conseguenze per aver sposato Amir senza prima aver divorziato da Marco?” 

Gentile Signora Anahita, le Sue preoccupazioni sono comprensibili. Il Suo caso potrebbe, infatti, rientrare nella figura di bigamia, una forma di poligamia, e precisamente la condizione di chi è sposato contemporaneamente con due persone diverse. In Italia, così come nella maggior parte degli ordinamenti giuridici moderni, la bigamia non solo non è consentita perché illecita nell’ambito civilistico, ma è anche considerata un reato che fa scattare responsabilità penale.

Nel codice penale, la bigamia è disciplinata tra i delitti contro la famiglia e, in particolare, in quelli contro il matrimonio. Questo perché l’ordinamento italiano ritiene che la bigamia offenda la famiglia e la sua morale. In particolare, l’articolo 556 c.p. disciplina due figure di bigamia: la bigamia propria e la bigamia impropria. La prima è la condizione di chi “essendo legato da matrimonio avente effetti civili, ne contrae un altro, pur avente effetti civili”. La seconda, invece, è la condizione di chi, “pur non essendo coniugato, contrae matrimonio con persona legata da matrimonio avente effetti civili”. La norma punisce questo reato con la reclusione da uno a cinque anni, salvo la presenza di circostanze aggravanti alle quali consegue un aumento della pena (ossia l’ipotesi ove il colpevole abbia indotto in errore la persona con la quale si sposa, facendole credere di essere di stato civile libero).  Dal 2017 il reato è previsto anche per le unioni civili contratte da persone dello stesso sesso, in quanto ai fini della legge l’unione civile è equiparata al matrimonio. Dunque, commette reato di bigamia anche la persona sposata che costituisce un’unione civile e viceversa la persona unita civilmente che contrae un matrimonio (eterosessuale), nonché chi legato contemporaneamente da due unioni civili.

Il Suo, Signora, è però un caso del tutto diverso da quello descritto dal codice penale. Si tratta, infatti, della cosiddetta bigamia di fatto, una fattispecie differente dalla vera e propria bigamia punibile per legge e nella quale incorrono nel nostro paese molte persone di fede islamica come Lei. Se apparentemente, la Sua ipotesi sembrerebbe configurare un reato di bigamia perché Lei è solo separata dal suo primo marito Marco e non ancora divorziata e, dunque, ai sensi della legge italiana non potrebbe ancora risposarsi con un altro uomo, concretamente la bigamia nella quale è incorsa è solo “di fatto”. 

Il secondo matrimonio da Lei contratto con Amir in Iran, secondo il solo rito religioso islamico, infatti, non essendo stato trascritto, come Lei ci ha precisato, non produce effetti ai sensi della legge italiana; dunque, non ha alcun rilievo ai fini della configurazione della responsabilità penale per il reato di bigamia. Per l’ordinamento italiano Lei continua a essere sposata solo con il Suo primo marito Marco e allo stesso tempo la Sua seconda unione è valida per la sola religione islamica. Questo significa che se Lei desidera che l’unione con Amir sia riconosciuta dalla legge italiana dovrà prima formalizzare il divorzio dal Suo primo marito e poi trascrivere il matrimonio religioso con Amir. 

Per rispondere alla Sua domanda, quindi, sicuramente le conseguenze per il Suo caso non saranno penali e probabilmente non sussisteranno neanche conseguenze civili. Solo in un caso, infatti, ben diverso dal Suo e molto più grave, nel quale una moglie aveva contratto matrimonio religioso con un cittadino egiziano in costanza di un altro matrimonio produttivo di effetti civili per la legge italiana, e quindi non ancora separata dal suo primo marito, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 23010 del 2019, chiamata a decidere sulla separazione, non ha previsto per la donna l’assegnazione della casa coniugale e l’assegno di mantenimento. In ogni caso, comunque, il mio suggerimento è quello di rivolgersi a un legale. 

*Studio Legale Bernardini de Pace

 

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